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La strage della funivia; Eitan sta meglio, domani lascia la Rianimazione

Mag 31, 2021

AGI – Le condizioni di Eitan, il bambino di 5 anni unico sopravvissuto alla tragedia sul Mottarone, sono in “significativo miglioramento” e questa sera, per la prima volta dal ricovero, avvenuto otto giorni fa, la prognosi è stata sciolta. “E’ in costante miglioramento – spiegano dall’ospedale infantile Regina Margherita di Torino – sia dal punto di vista del trauma toracico sia dal punto di vista del trauma addominale. Domani il bambino, che ha sempre accanto la zia, uscirà dalla Rianimazione e sarà trasferito in un reparto di degenza.

Nel pomeriggio una pattuglia di carabinieri della compagnia di Verbania è tornata sul luogo del disastro che è costato la vita a 14 persone. I militari si sono nuovamente messi in perlustrazione intorno al relitto della cabina numero 3 che si trova ancora nel punto dove è rotolato dopo il tragico schianto. I carabinieri si sono mossi anche lungo la fune che da domenica è posata sul prato dopo essersi strappata. L’approfondimento su questi aspetti tecnici, per rispondere alla domanda cruciale sulle cause della rottura del cavo traente, è uno dei punti da cui è ripartita l’indagine della Procura di Verbania dopo la scarcerazione di due dei tre indagati (Perocchio e Nerini) e la collocazione del terzo (Tadini) agli arresti domiciliari.

Il magistrato aveva preannunciato oggi che alcuni accertamenti sarebbero stati fatti con la cabina ancora sul luogo della tragedia e altri, al contrario dopo la rimozione. Oltre ai sopralluoghi come quello effettuato il procuratore ha ribadito l’intenzione di dare corso ai cosiddetti accertamenti tecnici non ripetibili. Il pm prima di effettuare l’accertamento che riguarda quelli che il codice definisce “persone, cose o luoghi soggetti a modificazione”, deve avvisare gli indagati e i difensori del giorno dell’ora e del luogo dove l’accertamento avviene, e informarli della loro possibilità di nominare propri consulenti tecnici.

La versione di Tadini

 “Quel giorno, nel corso della prova di funzionamento giornaliera, sulla vettura 3 ho riscontrato la solita problematica relativa alla pressione dei freni che era scesa a zero”: sono le prime righe del verbale di interrogatorio di garanzia di Gabriele Tadini, il caposervizio della Funivia del Mottarone, unico indagato tra quelli coinvolti nel disastro a cui è rimasta applicata una misura coercitiva, quella degli arresti domiciliari. Le dichiarazioni sono riportate nell’ordinanza del Gip Donatella Banci Buonamici.

Un racconto drammatico e insieme lucido, che descrive tutto quello che è successo nei minuti antecedenti l’apertura al pubblico della funivia la cui prima corsa parte alle 9,30 dal lido dalla stazione base del lido di Carciano. “O. (un collega – ndr) mi ha comunicato che la pressione era bassa, ed io da sopra ho caricato la pressione. Successivamente ho fatto il giro di prova. Al rientro delle cabine mi sono accorto che la pressione continuava a scendere. Sentivo che ogni due minuti continuava a caricare la pressione emettendo il rumore che già da diversi giorni sentivo. Quindi – conclude la testimonianza verbalizzata da Tadini – ho deciso di lasciare i ceppi montati sulla vettura. Ho prima provato a toglierli e poi li ho lasciati su altrimenti se si fosse attivato il sistema frenante, avrei dovuto interrompere il servizio”. Sono le 9,30, la prima corsa parte. Meno di tre ore dopo, il tragico schianto.

Un testimone: “Tadini voleva fermare l’impianto”

“Ho personalmente capito in più occasioni che il signor Tadini riferiva al direttore d’esercizio e al gestore dell’impianto, ad ogni avaria o anomalia riscontrata, che era necessario fermare l’impianto”. Le parole, riportate nell’ordinanza del Gip alle pagine 19, 20 e 21, sono di Fabrizio Coppi, uno dei dipendenti della Funivia del Mottarone, sentito come testimone nella notte tra martedì e mercoledì della scorsa settimana nella caserma dei carabinieri di Stresa dal Pubblico Ministero Olimpia Bossi.

“Ma nonostante questo, le volontà sia del gestore che del direttore erano quelle di proseguire, rimandando l’eventuale riparazione dell’anomalia più avanti nel tempo, quando per esempio la funivia si sarebbe fermata per la chiusura stagionale. Ho udito più volte lo stesso Tadini discutere animatamente al telefono con l’ingegner Perocchio e con il Nerini poichè questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto nonostante la volontà del Tadini fosse di chiudere“.

La testimonianza offre una lettura dei fatti che collima fortemente con la versione sostenuta dal Tadini, ed è una di quelle che il pm ha spiegato di voler riesaminare insieme a tutte quelle rese dagli altri dipendenti. La testimonianza di Coppi entra nei dettagli di quanto accaduto. “Lavoro – ha detto – presso la funivia da circa due anni e nell’arco di questo tempo posso affermare che sono successe diverse anomalie che avrebbero dovuto portare alla chiusura dell’impianto. Tra queste è capitato soprattutto nell’ultimo periodo un problema al sistema frenante e alla centralina idraulica della cabina numero 3. Questa avaria, nonostante ci sia stato l’intervento di una ditta specializzata, continuava a manifestarsi, ragion per cui la decisione del Tadini era quella di chiudere l’impianto per procedere a funivia ferma alla riparazione. Anche in questa occasione – prosegue il testimone – la volontà dell’ing, Perocchio e del Nerini era quella di proseguire, rinviando la problematica di giorno in giorno”. Un contrasto di volontà che secondo il testimone sarebbe provato dal fatto che “dopo alcune telefonate lo vedevo (Tadini, ndr) molto turbato e demoralizzato”. 

Questa testimonianza è l’unica tra quelle emerse che dà credito in modo così netto alla posizione del capo servizio, mentre praticamente tutti gli altri collaboratori della funivia sono molto più vaghi e le loro parole molto più sfumate. Le accuse precise di Coppi derivano, pero’, a parere del Gip, da una circostanza precisa: un altro collega ha riferito che la domenica del disastro proprio questo dipendente “avrebbe dovuto rimuovere i ceppi per effettuare la corsa di prova”, cosa che invece non sarebbe avvenuta.

Il parere del Gip

“Quindi – conclude il Gip – ben sapeva di essere lui stesso incriminato per avere concorso a causare con la propria condotta, che avrebbe benissimo potuto rifiutare, la morte dei 14 turisti”. E per questo motivo si sarebbe espresso a sostegno delle tesi del Tadini sulla corresponsabilità con i vertici aziendali. Il riesame delle posizioni delle persone già sentite e quelle di altri eventuali testimoni sarà, insieme all’approfondimento degli aspetti tecnici, in particolare sulle cause delle rottura della fune traente, il punto di ripartenza dell’indagine del pm. Che, ha ribadito ancora ieri sera in una intervista a SkyTg24, la sua volontà di andare avanti sulla strada tracciata. “Non direi – ha detto il magistrato – che il Gip ha smontato il nostro impianto accusatorio”. 

 

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