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La calma dei mercati prima del voto. Ecco gli scenari per il dopo-urne

Mar 3, 2018

MILANO – Un Parlamento bloccato è il risultato che rimanderebbe il giudizio dei mercati alla definizione di un governo e al perimetro di alleanze in grado di supportarlo. Una vittoria euroscettica l’evento in grado di generare scossoni. Se dovesse affermarsi per distacco una forza anti-sistema, dicono da Bloomberg, quella tra domenica e lunedì potrebbe essere una “notte insonne” per i trader che hanno scommesso sul debito italiano, gli speculatori che sono – si dice in gergo – “lunghi” sui Btp.

La calma sullo spread. Grafico di UniCredit Economics & FI-FX Research

La calma sullo spread. Grafico di UniCredit Economics & FI-FX Research

A differenza di quanto accaduto ad esempio con il referendum costituzionale del dicembre 2016, che costò Palazzo Chigi a Matteo Renzi, nelle ultime settimane non ci sono stati segnali particolari di tensione sull’Italia, ad eccezione di alcuni movimenti che però sono stati legati più a dinamiche globali che a fattori specifici (vedi la pesante corrrezione di inizio febbraio). Secondo gli analisti di Jp Morgan, con l’attuale livello intorno ai 130 punti base, lo spread tra i decennali italiani e i pari-scadenza tedeschi incorpora già un giusto premio legato al rischio elettorale del Belpaese. Ecco cosa potrebbe accadere da lunedì mattina in avanti.

La reazione all’esito delle urne
SPREAD target
Maggioranza di centro-destra in enbrambe le Camera 140
Maggioranza di una grande coalizione ristretta (Pd+Fi+centristi) 120
Maggioranza anti-sistema (Lega, M5s) 180
Parlamento bloccato 140
Media 137
La reazione alla formazione del governo
SPREAD target
Governo di centro-destra 140
Governo di una grande coalizione ristretta (Pd+Fi+centristi) 100
Governo di una grande coalizione allargata (con Lega) 120
Governo anti-sistema (Lega, M5s) 300
Nuove elezioni 200

Fonte: J.P. Morgan

Analisi simile se si guarda alle media delle previsioni degli analisti contattati da Bloomberg:credono che nello scenario di una vittoria grillina, lo spread tra Btp e Bund potrebbe raddoppiare in area 260 punti base. Con un potenziale effetto di indebolimento anche della moneta unica, che potrebbe scivolare sotto 1,21 dollari.

Il paradosso dei mercati è che Silvio Berlusconi, lo stesso presidente del Consiglio che lasciò l’incarico sotto la pressione internazionale e con i grandi fondi che avevano puntato l’arma del debito pubblico alla tempia dell’Italia, è ora visto come “market friendly”, garante di un governo favorevole agli investitori. Sono passati solo sette anni, molto è cambiato. In un eventuale governo di centro-destra in grado di reggersi da solo, la finanza vede nella sua Forza italia il baluardo contro i possibili estremismi della Lega e di Fratelli d’Italia. Se poi dovesse riuscire a chiudere un accordo con Renzi per un govero di coalizione, senza bisogno di coinvolgere la Lega, lo spread potrebbe addirittura scendere fin sotto i 120 punti e l’euro rafforzarsi sopra 1,24 dollari.

Il giudizio di Abn Amro
Reazione mercati* Reazione spread inizial Spread dopo le elezioni Spread a fine anno
Fi+Pd ++ -30 130 110
Centro-destra +- -20 140 120
Grande coalizione sinistra-destra + -10 150 120
M5s+Pd +- 30 190 130
M5s+Lega+FdI 100 260 200

* Giudizio su: effetti politiche fiscali e sostenibilità bilancio; posizione verso l’Europa. Fonte: Abn Amro Financial Markets Research

Ma quali saranno gli effetti delle scelte di un prossimo governo? Oxford Economics riassume le conseguenze su conti e crescita che Repubblica ha dettagliatamente raccontato mettendo i programmi sotto la lente. Il disavanzo pubblico salirebbe alle stelle con programmi di centro-destra e M5S, con effetti però di spinta alla crescita. “Senza ulteriori riduzioni di spese, i programmi del centro-destra (adottando l’ipotesi di flat-tax proposta da Forza Italia) e dei cinque stelle comporterebbero rispettivamente nel 2019 (primo anno della simulazione) un disavanzo di bilancio del 4.3% e 5.3% e un aumento della crescita del PIL di 3% e 3.2%. Se, da un lato ciò darebbe un impulso significativo all’economia nel breve periodo, questi guadagni sarebbero successivamente erosi nel medio periodo sia dall’impatto sui consumi derivante da una inflazione molto più elevata che dall’impatto negativo sugli investimenti derivante dai maggiori costi del credito”. Maggiore disciplina dal Pd, che porta “maggiore crescita del PIL dell’1.6% e a un rapporto deficit/PIL del 2.2% nel 2019, ossia entro i parametri di Maastricht ma maggiore rispetto agli attuali documenti di finanza pubblica”. In ogni caso, gli esperti ritengono “molto probabile che queste promesse vengano ridimensionate o addirittura abbandonate nel processo di formazione del nuovo governo”, anche perché servoo già 12,4 miliardi nel 2019 (e quasi 20 nel 2020) per non far scattare gli aumenti dell’Iva. Come a dire che fino ad ora in campagna elettorale, rischiamo di aver scherzato.

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