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«Totti fratellino, ma come sei cresciuto»

Set 27, 2016

di Rosella Sensi

martedì 27 settembre 2016 10:18

ROMA – Non amo le frasi di circostanza. Ancora meno le amo quando si tratta di un affetto vero, come in questo caso. Non ho problemi a chiamarlo, a chiamarti così, caro Francesco: fratellone. Ecco, tu sei il mio fratellone. Perciò per il tuo compleanno numero 40, mamma mia come sei cresciuto, ti auguro di fare sempre e comunque quello che ti piace fare.

Non ti ho mai detto che ti voglio bene, e forse nemmeno tu, perché non è mai stato necessario. Sono i fatti a misurare il nostro rapporto.

Non ci sentiamo tutti i giorni, eppure ci siamo sempre stati l’uno per l’altra. Tu sicuramente mi hai dimostrato costantemente il tuo legame con la mia famiglia. Che poi è stata anche un po’ tua, visto che mio padre ti considerava il figlio maschio che non ha mai avuto.

Mi sei stato vicino nei giorni difficili del passaggio di proprietà, sei venuto al mio matrimonio, sei venuto a trovarmi quando è nata mia figlia Livia, mi hai sostenuto in occasione del funerale di papà. Forse non tutti sanno che avevo appena scoperto di essere incinta e che fisicamente, oltre che moralmente, quel giorno mi sentivo male: nella calca ho perso di vista mio marito Marco ma tu eri lì, mi hai offerto il tuo aiuto senza che ti venisse chiesto.

Il bello è questo: tu sei un generoso che non usa le parole per descriverti quello che prova. Non c’è bisogno di farti domande per sapere come stai. Ricordo quando sono venuta in clinica, per la nascita di Isabel. Era il periodo in cui sembrava che non avresti avuto il rinnovo del contratto. Io per discrezione non ho domandato nulla ma tu mi hai risposto con gli occhi. Si capiva che il momento era delicato e a me è dispiaciuto molto. Per fortuna poi tutto si è sistemato.

Ti ricordi come ci siamo conosciuti? Eravamo in alta montagna, nel ritiro estivo. Caspita, 22 anni fa. Allenatore Mazzone. Tu eri ancora minorenne. Eppure mio padre già parlava di te in termini entusiastici. Sarà perché avevate un fil rouge che vi accomunava. A parte il nome di battesimo. Eravate due romani sornioni, ascoltarvi era divertente, nonostante caratteri molto diversi.

Papà era più esuberante e fumantino, simile a me. Infatti al tuo posto io non so se sarei riuscita a comportarmi bene come te quando Spalletti l’anno scorso non ti faceva giocare… Ma tu e papà vi siete subito trovati in sintonia su ogni cosa.

In tutti questi anni ne abbiamo passate tante. Ma non posso non citare i due ricordi più belli: la festa per lo scudetto al Circo Massimo, un’esplosione che non avevo mai visto prima e che forse non riuscirò mai più a vedere, e il ritorno da Milano con la Coppa Italia, con papà che aspettava a Fiumicino. Quanto era felice mio padre quel giorno. E quanto eri felice tu. Era una felicità condivisa, nostra, romanista.

Ci sono stati anche dei momenti difficili nel nostro percorso professionale. Di ritorno da Cagliari, per esempio, nell’anno terribile dei cinque allenatori. Del Neri si dimise, io chiamai te e Vincenzo Montella per coinvolgervi nella decisione che avevo preso, cioè puntare su Bruno Conti per lo spezzone finale di stagione. Non potevo evitare di sapere cosa ne pensassi.

Ed è successo altre volte, nelle questioni di mercato: delle telefonate che hai fatto a Luca Toni si è detto tanto ma non è stata l’unica volta che hai sperato di giocare con un grande centravanti al tuo fianco. La più grande fesseria che sia mai stata raccontata sul tuo conto è quella di descriverti come un mangia-attaccanti. Tu hai sempre voluto giocatori forti al tuo fianco, perché ti interessava vincere e basta. Vincere con la Roma. Figurarsi se temevi la concorrenza.

Mi viene da ridere adesso anche se ripenso al rinnovo del tuo contratto. Firmammo per cinque anni e molti, anche all’interno di Trigoria, mi dissero che ero matta. Io risposi che ok, forse ero testarda, ma ero convinta di quello che facevo. France’, pensaci, scherziamo ancora sull’argomento: all’epoca non regalammo niente a te, regalammo invece tanto alla Roma.

E adesso? Adesso divertiti finché puoi. Ancora stai dimostrando di saper decidere le partite e di emozionare la gente. Poi, quando vorrai, fermati. Da tifosa, perché io sono ancora molto tifosa, spero che tu smetta il più tardi possibile perché sei un esempio per i bambini in un calcio che centrifuga tutto. Poi vai dove ti porta il cuore. Scusate se lo scrivo qui, in questa occasione, ma mi fa piacere sottolineare che anche il contratto da dirigente lo hai firmato durante la mia gestione. Ti ci vedo, quindi, nello staff tecnico. Credevo e credo che tu sia in grado di svolgere con profitto compiti importanti anche fuori del campo di gioco.

Spero che tu abbia un ruolo operativo, che tu non venga semplicemente piazzato dietro una scrivania, perché so che fermo non ci sai stare. Ma non è ancora il momento. Ora facci vincere altre partite.

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