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YouTube TV a 35 dollari al mese, rivoluzione live

Mar 1, 2017

Con YouTube TV niente sarà più come prima: questione di mesi e gli utenti statunitensi avranno un servizio streaming di live TV a basso costo.Poche ore fa sul blog ufficiale dell’azienda è stato pubblicato un post che spiega nei dettagli che cosà verrà offerto con una spesa di 35 dollari al mese. Prima di tutto saranno visibili i canali dei principali broadcaster, come ABC, CBS, NBC e Fox, e quelli via cavo di ESPN, FX, USA, MSNBC e Fox News.

YouTube TV
YouTube TV

In sintesi vuol dire show, sport, serie TV, film, notizie, cartoni animati… ogni tipo di contenuto. L’offerta è rivolta a coloro che vogliono chiudere con la TV tradizionale o che non l’hanno mai troppo amata. Si pensi ad esempio ai cosiddetti Millenials – i nati tra gli anni 80′ e 2000.

Il prezzo è aggressivo, poiché i concorrenti Sling TV, DirecTV Now, PlayStation Vue e Hulu non sono ancora riusciti a scendere sotto la barriera dei 40 dollari. Per altro il cosiddetto “skinny bundle” è sempre stato il sogno di tutti, poiché se da una parte esclude canali di peso come HBO e MTV, dall’altra consente abbonamenti più leggeri.

YouTube TV

Fra i servizi accessori la possibilità illimitata di registrare ogni contenuto su cloud, anche in contemporanea, e di mantenerlo in archivio per 9 mesi. La fruizione potrà avvenire su smartphone (Android e iOS), tablet e PC. Volendo anche su TV tramite Chromecast. Confermata la possibilità di accesso anche ai contenuti YouTube Red Original.

Infine, si parla di 6 account per abbonamento, ognuno con le sue raccomandazioni personalizzate di titoli e spazio cloud. Volendo sarà possibile la fruizione di tre contenuti diversi in contemporanea.

Google YouTube di fatto è riuscita a raggiungere l’obiettivo là dove Apple non ce l’ha ancora fatta. Il motivo è legato senza dubbio all’audience raggiunto, che ormai si conta in più di 1 miliardo di ore di fruizione giornaliere – 10 volte in più rispetto al 2012.

È chiaro che in questa fase YouTube TV punti soprattutto a spaccare il mercato della pubblicità televisiva più che generare immediata reddittività, secondo l’analista Michael Nathanson.

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