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Uccisione Amri, il questore di Milano dopo le polemiche sui nomi: “Non sono eroi, ma ottimi poliziotti”

Dic 24, 2016

MILANO – Il giorno dopo i silenzi si allentano, gli imbarazzi svaniscono, le prudenze attorno ai nomi – ormai pubblici – degli agenti del commissariato Sesto San Giovanni, Cristian Movio e Luca Scatà che hanno incrociato e ucciso Anis Amri, il responsabile della strage di Berlino, si dissolvono. E le posizioni si allineano. Anche per il questore di Milano Antonio De Iesu: “Sono in piena sintonia col Dipartimento e con il capo della Polizia, Gabrielli“.

E allora perché quella decisione di non dire, nonostante l’uscita in conferenza stampa del ministro Minniti?

“La scelta in sede locale dipendeva dalla decisione che ci era stata comunicata dal Ministero, tenuto conto della delicatezza del fatto. Ma sono d’accordo con la posizione del capo Gabrielli, che ha motivato chiaramente perché dare risalto all’attività di due nostri operatori. Che non sono eroi ma ottimi poliziotti”.

Anche sul web le critiche alla diffusione dei nomi di Movio e Scatà si sono moltiplicate.

Sì, c’è stata un po’ di polemica. Ripeto, ieri la decisione spettava al ministero, teneva conto del contesto e della delicatezza del caso, e l’ho rispettata. Ma condivido le parole di Gabrielli: non è sovraesposizione, ma un giusto riconoscimento al loro operato”.

Resta, però, l’oscuramento dei loro profili social.

“Sono ragazzi giovani vivono un momento di grande trasformazione. Abbiamo detto loro che è il momento di essere meno presenti sul web, ma non per comprimere il loro diritto a farlo. Il fatto è che immagini e messaggi sui social hanno enorme diffusione ed evidenza e in questo momento è meglio essere cauti e tenere un basso profilo”.

Come stanno gli agenti Movio e Scatà?

“Li stiamo sostenendo, in un certo senso coccolando. Movio, l’agente ferito, è appena stato dimesso e lo accompagneremo a Udine, dove potrà vivere il Natale a casa con la famiglia e fare la riabilitazione. Quanto a Scatà, l’agente che ha sparato, gli siamo vicini. E a breve anche lui farà le meritate vacanze”.

In commissariato, a Sesto, tre foto ricordano tre poliziotti morti: Vittorio Padovani, ucciso nel conflitto a fuoco col brigatista Walter Alasia nel ’76, Claudio Traina, appena aggregato alla scorta di Borsellino nel ’92, e Antonio Crisafulli, falciato in autostrada a Fano nel 2012 mentre prestava soccorso. Nessun timore di rappresaglie dunque? Nessuna paura che quella galleria si allunghi?

“No guardi, anche qui il capo della polizia ha parlato chiaramente. Non siamo di fronte a terroristi nostrani, che individuavano obiettivi singoli. La nostra attenzione è sulle forze di polizia in generale, una minaccia per quanto solo potenziale e poco probabile su chiunque indossi una divisa. Non siamo preoccupati ma cauti e faremo tutti attenzione”.

Che sviluppi hanno le indagini sulle ultime ore di Amri?

È qui a Milano la polizia tedesca, stanno lavorando con la Digos, soprattutto per capire se la pistola calibro 22 che aveva Amri è la stessa utilizzata prima dell’attentato a Berlino. Tra oggi e domani ci saranno le comparazioni, appena avremo un riscontro sarà nostra premura darvelo”.



I movimenti di Amri tra Torino e Milano hanno evidenziato agganci?

“Anche sul percorso fatto stiamo

lavorando con la polizia tedesca. Sicuramente a Milano è arrivato da solo ed è l’unico dato, per noi positivo, che abbiamo rivcavato dalle immagini delle telecamere finora a disposizione. Amri non era con altri e non aspettava persone. Era a Sesto probabilmente come tappa di un’ulteriore passaggio in Italia. Che avesse collegamenti con altri soggetti in Italia lo riteniamo altamente improbabile. Ma dove fosse diretto e cosa volesse fare, ancora non lo sappiamo”.

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