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Recensione Wolfenstein 2: The New Colossus, BJ perde il pelo

Nov 13, 2017

Verso il nuovo colosso

Wolfenstein II: The New Colossus

Wolfenstein II: The New Colossus prosegue la campagna di sterminio di B.J. Blazkowicz iniziata in The New Order. Volti nuovi si affiancano e prendono il posto di vecchie conoscenze, ma gli ingranaggi non sono ben oleati come ricordavamo.

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B.J. Blazkowicz è tornato. Dopo aver demolito la macchina nazista europea e preso a calci Deathshead, il nostro eroe volge lo sguardo verso la sua madre patria, preparando il tavolo (e le armi) per epurare anche l’America dalle schiere del Führer, che qui si è persino beccato una particina.

Quello che ci siamo trovati innanzi però è un B.J. diverso, come spento, tormentato dai fantasmi del suo passato e dalle ferite riportate durante l’epilogo di The New Order, un’ombra della frizzante furia omicida a cui siamo abituati.

Il piglio cupo e malinconico sarà stato anche funzionale al comparto narrativo proposto da MachineGames e Bethesda, ma non ci ha particolarmente convinto, complici un cast discutibile e una preoccupante carenza di idee originali. Senza togliere nulla al magnifico gunplay. Ecco le nostre impressioni su Wolfenstein II: The New Colossus.

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Come giustificare una carneficina al primo avvio senza costringere il giocatore a farsi qualche domanda? Ovviamente facendo sì che il protagonista di turno si risvegli nel bel mezzo del divertimento. Blazkowicz lo sa bene e dopo essersela cavata con un addome dilaniato e 5 mesi di coma lo vediamo risvegliarsi al suono degli spari e delle urla di dolore – dev’essere un vizio.

Dopo che la granata di Deathshead lo ha costretto al “breve” ritiro forzato, i ribelli hanno continuato la loro fuga dai nazisti a bordo del Martello di Eva (il sommergibile “acquisito” nello scorso capitolo) ma sono stati raggiunti e costretti a difendere la pellaccia. Il livello introduttivo con B.J. che si fa largo tra i cadaveri a bordo di una carrozzella è a dir poco fantastico – più che altro per il quadro un tantino bislacco – ma nemmeno il suo menomato assalto ha effetto e viene catturato, cosa che porta alla morte di uno dei suoi più cari compagni di viaggio.

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Dopo una grottesca rivisitazione del classico “porta tua figlia a lavoro”, B.J. trova finalmente un modo per reggersi sulle proprie gambe e il gioco può avere inizio, seppur con qualche singhiozzo. Per la prima metà dell’avventura il buon Blazkowicz non è che un fantasma, afflitto da traumi ora fisici, ora psicologici, un bambolotto senz’anima in balia di cutscenes e sequenze scriptate. Si è convinto che morirà a breve, spesso rivive gli eventi drammatici della sua infanzia e parla del suo presente e del suo futuro come se ormai non gli appartenessero più.

Un veterano profondamente segnato dai suoi trascorsi, schiacciato da una guerra che non può più vincere, rassegnato al suo fato eppure non ancora pronto a cedere il testimone. Una scelta coraggiosa quella di MachineGames, che cementa la sua visione di Wolfenstein come un’opera dalla forte impronta narrativa, ma con The New Colossus qualcosa è andato storto.

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Con un B.J. fuori fase, ridotto a braccio armato e poco altro, estendere la luce dei riflettori al cast esistente o ai nuovi arrivati dal fronte americano (e non solo) non dovrebbe essere troppo difficile. Eppure l’ottima caratterizzazione che ricordavamo tre anni fa emerge solo a tratti, favorendo una regia maldestra e scostante, colma di dialoghi parchi di sostanza e tirati per le lunghe, conditi tra l’altro fin troppo spesso da violenza e volgarità gratuite, come a volerci ricordare che il titolo è rivolto a un pubblico “maturo”.

I personaggi che avevamo apprezzato in The New Order brancolano nelle retrovie, trasformati in meri strumenti d’occasione all’interno della vicenda, mentre le new entry faticano a prendere il loro posto, colpa di scambi di battute forzatissimi, a tratti macchiettistici. La storia ha i suoi momenti, alcuni molto potenti, ma arrivano completamente dal nulla, lasciando il giocatore spiazzato oppure non particolarmente coinvolto poiché assuefatto dalla direzione “né carne, né pesce” di norma adottata.

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The New Colossus vuole essere infatti tanto profondo quanto scanzonato, introspettivo ma al tempo stesso chiassoso, proposito in cui riesce, ma senza mai trovare il giusto compromesso, l’armonia tra le due facce della stessa medaglia. Lo stesso Blazkowicz dopo essersi trovato – letteralmente – un nuovo corpo dimentica tutti i suoi dubbi e le sue turbe mentali e riprende a fracassare crani come se nulla fosse.

“Non ho più bisogno delle tue ali” e tanti saluti a una prima metà di gioco passata a costruire chissà cosa. Per la cronaca, noi abbiamo gradito il cambio improvviso di rotta, come abbiamo gradito gli attimi un pelo più impegnati, e allo stesso modo il festino di bordo, il confronto con il padre, il provino con il Fuhrer e tante altre circostanze memorabili. Nel complesso quindi un comparto narrativo discreto, ma l’avremmo preferito di umore meno “ballerino”, più diretto e conciso, e adornato da figure credibili e interessanti. E il finale, quello l’hanno proprio cannato.

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