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Quanto dobbiamo aspettare per avere un vaccino che non insegua più le singole varianti di coronavirus?

Giu 30, 2022

Finalmente, Pfizer e Biontech hanno annunciato quel che tutti attendevamo con urgenza: lo sviluppo di un vaccino pan-coronavirus è iniziato, e si pensa di entrare in sperimentazione clinica nella seconda metà del 2022. La notizia è di quelle speciali, perché consente finalmente di muoversi oltre l’inseguimento delle singole varianti, un gioco pericoloso e a tratti perdente, visti i tempi di sviluppo e lancio di vaccini aggiornati rispetto a quelli della selezione darwiniana di virus altamente immunoevasivi come Omicron BA.4 e BA.5. 

In una presentazione agli investitori e presente sul sito dell’azienda BioNTech, troviamo infatti nella slide 66 l’illustrazione della volontà di sviluppare un vaccino nuovo che usi sia epitopi di tipo T (in modo da rafforzare la risposta clinica), sia una tecnologia, non definita (ma ve ne sono diverse) per raggiungere una ampia risposta contro i coronavirus, evitando di dover ogni volta riadattare il vaccino.

La ragione per questa scelta è onestamente presentata nelle slide successive, ove si fa riferimento al rapido mutare di Omicron, ed è illustrata con chiarezza nella diapositiva 77: il nuovo vaccino, sviluppato contro Omicron BA.1, è molto meno efficace contro Omicron BA.4 e BA.5 (pur se migliore del prodotto che abbiamo usato fino ad oggi). Non solo: nelle diapositive 78 e 79, troviamo dati che illustrano come, nell’animale, un vaccino sviluppato contro BA.4 eBA.5 produca molti più anticorpi contro questi ceppi, ma presenti un accrescimento della media geometrica della loro concentrazione molto minore nei confronti delle varianti precedenti, a conferma del fatto che davvero gli attuali vaccini, per come sono disegnati, sono molto selettivi in quanto a efficacia contro varianti virali diverse.

Nella diapositiva 80, vediamo anche come, nonostante i vaccini contro BA.4 e BA.5 siano migliori di quelli contro BA.1, tutti sono meno efficaci contro le varianti Omicron, di quanto non fossero i vaccini contro la variante Wuhan originaria; questo punto conferma le proprietà immunoevasive di Omicron. L’insieme dei dati presentati, insomma, illustra con chiarezza perché l’approccio di inseguimento delle varianti, al netto dei tempi di sviluppo che potrebbero non essere sufficientemente rapidi per certe varianti, produce comunque vaccini meno soddisfacenti di quelli cui siamo stati abituati nel 2021; e fornisce un solido razionale alla volontà dell’azienda di procedere allo sviluppo di un prodotto ad ampio spettro, in buon accordo con quanto la comunità internazionale va da tempo sostenendo e con quanto spesso abbiamo avuto modo di sottolineare su queste pagine.

Ma quale sarà la tecnologia cui si affideranno BioNTech e Pfizer per il nuovo prodotto, la cui sperimentazione umana è, come abbiamo visto, prevista iniziare entro quest’anno?  Su questo, la presentazione citata non fornisce nessun dettaglio. Consideriamo, quindi, alcuni esempi delle tecnologie già in avanzato sviluppo: il candidato vaccino DIOSynVax è un vaccino a mRNA, che usa però nuovi antigeni ottimizzati e molto più conservati fra coronavirus diversi. SpFN è una nanoparticella di ferritina decorata con più copie della proteina Spike differenti e GBP511 è un’altra varietà di nanoparticelle che trasporta contemporaneamente addirittura 60 copie del dominio RBD di Spike ottenuta da diversi coronavirus. Le possibili tecnologie sono anche di più di queste, come avevamo a suo tempo riportato; per questo, anche se non sappiamo in questo momento quale sia il progetto di Pfizer, la dichiarazione rilasciata agli investitori da BioNTech è molto credibile, e possiamo davvero sperare che questo autunno inizi la sperimentazione sull’uomo, oltretutto proprio in corrispondenza di una possibile nuova ondata con chissà quali varianti, a meno di sorprese che possono sempre capitare.

La strada è quella giusta; adesso, bisogna che non si lasci cadere questa promessa, accennata in una singola diapositiva di una presentazione aziendale che ne contiene oltre 150, cosa che sperabilmente la comunità scientifica internazionale saprà fare, come già ha fatto spingendo decisamente per una soluzione migliore rispetto alla gara di adattamento fra vaccini e varianti.

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