• 3 Maggio 2024 18:05

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Morning Bell: i mercati arretrano impauriti dalla recessione

Set 30, 2022

AGI – I mercati arretrano impauriti dalla recessione, dall’inflazione che non accenna a diminuire, spingendo le banche centrali a mosse sempre più aggressive sui tassi, e dalle tensioni geopolitiche, nel giorno in cui Mosca si appresta a riconoscere l’annessione di 4 regioni ucraine occupate, facendo lievitare i rischi di un conflitto nucleare.

“La ‘preoccupante triade’ di tassi in aumento, rallentamento della crescita e dollaro forte si è intensificata – commenta Timothy Moe, chief strategist Asia-Pacifico di Goldman Sachs – per cui riduciamo ulteriormente le nostre previsioni e ci aspettiamo prestazioni regionali sostanzialmente piatte nei prossimi due trimestri”.

Oggi in Asia i listini sono in calo e si apprestano a registrare il peggior mese dall’inizio della pandemia, mentre i mercati valutari e quelli obbligazionari vanno restano ‘sul chi vive’ dopo i discorsi da ‘falco’ di numerosi banchieri centrali.

A Tokyo l’indice Nikkei arretra di oltre due punti percentuali, Hong Kong è in calo e così anche Shanghai, nonostante a settembre l’attività manifatturiera della Cina sia salita a sorpresa, dopo due mesi di cali consecutivi.

In discesa anche i future a Wall Street e quelli in Europa, dopo che ieri i mercati azionari sulle due sponde dell’Oceano hanno chiuso in forte calo, sulla scia del dato sull’inflazione tedesca, che ha accelerato al 10% a settembre e di quello sul Pil Usa, che è sceso dello 0,6% nel secondo trimestre, dopo il -1,6% dei primi tre mesi, confermando l’ingresso in recessione dell’economia americana.

I due dati macro non hanno tranquillizzato gli investitori e non hanno fatto abbassare i toni dei falchi della Fed e della Bce. James Bullard e Loretta Mester per la Fed e Martens Kazaks e Olli Rehn per la Bce hanno affilato le armi e invocato nuovi “significativi” rialzi dei tassi da parte dei rispettivi istituti nei prossimi mesi. In particolare il presidente della Fed di St.Louis, Bullard ha sottolineato che per contrastare il persistere dell’inflazione i banchieri centrali statunitensi sono orientati a portare avanti “un discreto numero” di nuovi rialzi dei tassi quest’anno, mentre la presidente della Fed di Cleveland, Loretta Mester, ha ribadito di non vedere nei mercati finanziari statunitensi stress tali da costringere l’istituto centrale,  I cui tassi sono già tra il 3 e il 3,25%, a raffreddare la stretta.

Secondo gli analisti di Wells Fargo ora la Federal Reserve dovrebbe portare il suo intervallo di riferimento sui Fed funds tra il 4,75% e il 5% entro il primo trimestre del 2023, mentre la Bce continuerà anch’essa ad agire sui tassi in modo aggressivo, sebbene con maggiore gradualità, per paura della recessione. Il risultato è che ieri Wall Street si è inabissata, preceduta dalle piazze finanziarie europee. Al termine delle contrattazioni I listini di New York hanno chiuso in profondo rosso, mentre i rendimenti dei T-Bond sono saliti verso l’alto, sebbene sotto i recenti picchi del 4%. A Wall Street Apple ha lasciato sul terreno quasi il 5% e il Nasdaq ha ceduto il 2,84%, non lontano dai minimi dell’anno di metà giugno, mentre il Dow Jones ha ceduto l’1,54% e l’S&P 500 ha perso il 2,09%, precipitando ai minimi dal novembre 2020.

In Europa la Borsa di Milano ha segnato il risultato peggiore: il Mib ha chiuso a -2,40% e anche lo spread è salito di 6 punti base, a quota 246, con il rendimento del decennale italiano in rialzo di 13 punti al 4,63%. Tutti i bond sono restati sotto pressione per le spinte inflazionistiche, confermate dalla corsa a settembre dei prezzi in Germania e dalla temuta risposta della Bce, dove i ‘falchi’ spingono per un nuovo rialzo di 75 punti base ad ottobre. Male anche Londra a -1,83%, con il Regno Unito in fibrillazione dopo che il premier Liz Truss si è rifiuatata di sconfessare il suo ministro delle Finanze, Kwasi Kwarteng, autore del disastroso piano di tagli fiscali ai ricchi che ha portato al crollo della sterlina sul dollaro e a un costoso salvataggio dei titoli di Stato da parte Bank of England.

Le misure d’emergenza prese dalla Boe hanno comunque stabilizzato i mercati valutari e frenato leggermente la corsa al rialzo del biglietto verde, con la sterlina a quota 1,1 dopo essere scesa ai minimi da 37 anni. Anche l’euro, pur restano sotto la parità col dollaro, ha risalito un po’ la china e lo stesso ha fatto lo yuan, dopo che la Pboc, la Banca centrale cinese, ha reso noto che intensificherà gli sforzi per consolidare la ripresa.

Il prezzo del petrolio è stabile, nettamente sotto I 90 dollari, in attesa di un posssibile tahlio della produzione da parte dei Paesi Opec+ ai primi di ottobre. Oggi c’è attesa per i dati sull’inflazione preliminare di settembre dell’area euro, prevista in rialzo, vicina al 10% e per quella francese, prevista stabile al 6%. Occhi puntati anche sull’intervento della tedesca, Isabel Schnabel, membro dell’esecutivo Bce e sugli speech di altri banchieri centrali Fed, tra cui la vice di Powell, Leal Brainard, il presidente della Fed di New York John Williams e Loretta Mester della Fed di Cleveland.

Oggi si riunisce a Bruxelles il Consiglio straordinario Energia. I Paesi membri dell’Ue sono lontani dal trovare un accordo sul tetto al prezzo del gas naturale, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha presentato uno “scudo” da 200 miliardi di euro per proteggere imprese e consumatori dall’impennata dei prezzi dell’energia, che finanziarà con nuovo debito ed eliminando la tassa sul gas, che sarebbe dovuta entrare in vigore da domani e rimanere in vigore fino all’aprile 2024. La decisione tedesca non è piaciuta al presidente del Consiglio, Mario Draghi e alla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, tra i quali sul tema energia sono in corso intensi contatti.

Sempre oggi alle 15 (le 14 in Italia) nella Sala di San Giorgio del Cremlino, si terrà una cerimonia per firmare gli accordi sull’ingresso di tutti e 4 i nuovi territori ucraini in cui si è tenuto il referendum nella Federazione Russa: Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Lugansk. Nel corso di questo evento il presidente Putin accoglierà, con l’avvallo della Duma, le richieste di adesione alla Federazione Russa delle autorità di Donetsk e Lugansk e dall’amministrazione militare e civile dei territori occupati di Zaparozha e Kherson. Putin a quel punto potrà lanciare un ultimatum entro cui pretendere il totale ritiro ucraino dai territori annessi e la naturale conseguenza dell’ultimatum sarà l’espansione dell’intervento russo in Ucratina da “Operazione Speciale” a operazione di difesa del territorio russo, volta a garantire con tutte le forze e con tutti gli armamenti disponibili, compresi quelli nucleari l’integrità e la sopravvivenza della Federazione.  

L’Ue e gli Usa hanno già detto che non riconosceranno l’annessione di questi territori alla Federazione russa. Perfino Erdogan ha criticato I referendum. E sempre oggi il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite voterà  una risoluzione che condanna l’annessione. A gettare benzina sul fuoco della guerra arriva anche la notizia del New York Times che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sta lavorando per creare un comando con sede in Germania che sarà incaricato di coordinare gli aiuti militari e l’addestramento dei soldati ucraini.

Cina: attività manifatturiera sale a sorpresa a settembre

A settembre l’attività manifatturiera della Cina è salita a sorpresa, dopo due mesi di cali consecutivi. E’ quanto emerge dall’indice Pmi del governo che avanza a 50,1 punti, contro i 49,6 punti di agosto e gli attesi 49,6 punti. La soglia dei 50 punti che separa le fasi di contrazione da quelle di espansione è salita a settembre  grazie alle misure di stimolo del governo e all’allentamento dei lockdown pere contenere il Covid. In un’altra indagine, l’indice Caixin sull’attività manifatturiea della Cina si è invece contratto ancora più fortemente a settembre, scendendo dai 49,5 punti di agosto a 48,1% punti. Gli analisti si aspettavano che sarebbe rimasto invariato. “Sebbene la situazione del Covid sia migliorata nella provincia di Hainan, la gravità dei focolai è peggiorata in molte altre aree e le misure di contenimento hanno limitato l’offerta e la domanda nel settore manifatturiero” ha commentato Wang Zhe, economista senior di Caixin. L’indice Pmi servizi ha frenato a settempre scendendo da 52,5 a 50,6 punti e l’indice Pmi composito è arretrato da 51,7 a 50,9 punti.  

Germania: energia spinge inflazione al 10%, top dal 1951

L’inflazione in Germania si è impennata a settembre al 10,0% annuo, il valore più alto registrato dal dicembre 1951, a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia sulla scia della guerra in Ucraina. Secondo i dati provvisori dell’istituto di statistica Destatis, l’indice dei prezzi è balzato di 2,1 punti su base annua da agosto. Il dato armonizzato per i criteri europei è addirittura del 10,9%. I prezzi energetici registrano un + 43% su base annua. Lo ha riferito l’istituto di statistica federale. Questa mattina i responsabili dei maggiori istituti economici del paese, Ifo-Ifw-Iwh-Rwi hanno annunciato che la Germania si avvia verso la recessione con l’economia che dovrebbe iniziare a riprendersi solo nella prossima primavera.

A frenare l’economica sono gli alti prezzi di gas ed energia. Il prodotto interno lordo tedesco è quindi atteso in calo nel finale del terzo trimestre, nell’ultimo quarto e all’inizio del 2023. Le stime sono contenute nel rapporto “Crisi energetica: inflazione, recessione, perdita di ricchezza”. L’andamento del prezzo del gas sarà decisivo, ma non dovrebbero verificarsi carenze per aziende e famiglie. Per quest’anno gli esperti prevedono una crescita economica di solo 1,4% circa e per il 2023 un calo del Pil tedesco di circa lo 0,4%. I dati sono leggermente migliori delle recenti previsioni dell’Ocse che per il Pil tedesco ipotizzano un + 1,2% nel 2022 e un – 0,7% nel 2023. L’inflazione , si legge nel rapporto, salirà dalla media dell’8,4% nel 2022 a una media dell’8,8% nel 2023. Solo nel 2024 la soglia del 2% sarà “di nuovo gradualmente raggiunta”.

Usa: pil -0,6% nel secondo trimestre conferma inflazione

La terza e ultima lettura del Pil nel secondo trimestre conferma che l’economia statunitense è tecnicamente entrata in recessione. L’economia Usa si è contratta dello 0,6% su base annua nel secondo trimestre, dopo il calo dell’1,6% nei primi tre mesi dell’anno. La terza stima del Pil ha mostrato una revisione al rialzo della spesa per i consumi, che è stata compensata da una revisione al ribasso delle esportazioni. Anche le importazioni sono state riviste al ribasso. L’amministrazione Biden, così come molti economisti, ritengono che la situazione attuale non rifletta realmente una situazione recessiva, anche per la forza del mercato del lavoro. Sarà infine il National Bureau of Economic Research (Nber), l’autorità in materia, che potrà dichiarare se c’è stata effettivamente una recessione, e per quanto tempo.

I timori di recessione incombono, inoltre per l’inizio del 2023 a causa della stretta monetaria che la Fed sta mettendo in atto per rallentare l’inflazione. Il Dipartimento del Commercio ha anche diffuso una revisione dei dati per il 2020 e il 2021, e ha annunciato che il calo del Pil nel 2020, per effetto del Covid, è stato meno marcato di quanto annunciato, poiche’ “si è contratto del 2,8%, non 3,4%. E nel 2021, il rimbalzo è stato un po’ più forte, con il Pil in aumento del 5,9%, non del 5,7% come originariamente annunciato. La più grande economia del mondo ha registrato la sua contrazione più forte dal 1946 nel 2020, prima di registrare la sua crescita più forte nel 2021 dal 1984. L’economia Usa aveva vissuto due mesi di recessione a marzo e aprile 2020, secondo il comitato di datazione del ciclo economico del Nber, che per l’occasione aveva persino rivisto la sua consueta definizione di recessione, a causa “dell’entita’ senza precedenti del calo dell’occupazione e della produzione, e la sua estensione a tutta l’economia”.

Gas: battaglia in Europa su tetto al prezzo

Il consiglio Energia straordinario di oggi, il terzo da luglio, si preannuncia teso. Molti Stati membri non hanno gradito il modo in cui la Commissione Ue ha gestito la richiesta di presentare una proposta per l’introduzione di un tetto al prezzo di tutto il gas importato nell’Ue per contenere la bolletta elettrica di famiglie e imprese nell’Ue. In 15 Stati membri, tra cui Italia, Francia, Polonia, Spagna, Portogallo e Belgio avevano scritto alla Commissione sollecitando un price cap sul gas generalizzato, indicandolo come una “priorità”. La Commissione non ha presentato una proposta formale, che arriverà la prossima settimana, ma un documento informale (non-paper) mercoledì nel tardo pomeriggio, al termine della riunione degli ambasciatori presso la Ue, nel quale ha proposto un tetto al prezzo del gas russo e un tetto al prezzo del gas usato per produrre l’elettricità. Quest’ultimo price cap “deve essere impostato a un livello tale da non aumentare il consumo complessivo di gas” ha spiegato la commissaria all’Energia Kadri Simson. “Il segnale del prezzo deve rimanere perché se viene utilizzato più gas e acquistato in un mercato globale ristretto, ciò farà aumentare ulteriormente i prezzi”.

Con i fornitori ritenuti affidabili, invece, la Commissione propone che l’Ue si impegni per raggiungere, in tempi ragionevoli, un’intesa comune per ridurre i prezzi, salvaguardando al contempo la sicurezza dell’approvvigionamento e sviluppando partenariati energetici stabili a lungo termine attraverso la transizione energetica. Inoltre propone di elaborare un nuovo benchmark o valore di riferimento per il gas naturale liquefatto (Gnl) basato sulle transazioni anziché sul Ttf, il valore attualmente preso come riferimento per stabilire il prezzo del gas in Europa (che ha di base la Borsa di Amsterdam). Tra i firmatari della lettera non c’era la Germania (nemmeno l’Olanda). temendo un impatto sulle forniture (russe o di Gnl). E l’Olanda è contraria a ogni intervento che limiti il mercato. La scelta della Commissione è stata vista da diverse cancellerie come un appiattimento sulle posizioni di Berlino, che ha lo spazio di bilancio per andare incontro autonomamente alle esigenze di famiglie e industrie.

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