• 28 Marzo 2024 13:58

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Le 5 partite che ci diranno tutto sull’Olimpia

Apr 3, 2021

Quando Giorgio Armani e Leo Dell’Orco hanno affidato l’Olimpia a Ettore Messina, l’obbiettivo era chiaro. Vincere in Italia, visti anche gli investimenti degli ultimi anni, non era più abbastanza. Supercoppa e Coppa Italia possono essere un aperitivo, lo scudetto un bel risottino al tartufo, ma se ingaggi un coach che l’Europa l’ha già conquistata quattro volte (due con la Virtus e due con il Cska), è limpido dove vuoi arrivare. A spazzolare tutta la tavola imbandita. Dopo 7 anni l’Olimpia torna tra le prime otto squadre del continente. Da tempo lo era come bilancio economico, ma non come bilancio sportivo.

 

Nel 2014 era arrivata a un passo dal sogno delle Final Four con Banchi in panchina. Il Forum era già in piedi a cantare quando andò in onda un suicidio di massa che poi proseguì a Tel Aviv. E il Maccabi quell’anno vinse la coppa nelle finali che si giocarono proprio a Milano. Da allora ci hanno riprovato senza successo Repesa e Pianigiani. L’anno scorso, il primo di Messina, è intervenuto il Covid a far saltare tutta la stagione e per l’Olimpia è andata meglio così, perché quella era una squadra sbagliata. Quella di quest’anno, al contrario, è la squadra giusta, perché è diventata una squadra di Messina. Cattiva in difesa e precisissima in attacco.

 

 

Una squadra costruita mattoncino su mattoncino come una città della Lego. Gli infortuni hanno colpito duro, ma alla fine l’Olimpia ha vinto 20 partite (cosa che nessuna squadra italiana aveva mai fatto in una stagione) e si è qualificata alla terzultima giornata della stagione regolare. “Per noi è un risultato bellissimo, siamo felici di averlo raggiunto attraverso una stagione in cui siamo stati quasi sempre tra le prime quattro e vinto su campi importanti. Nei playoff cercheremo di fare del nostro meglio con serenità”, ha detto il coach-presidente-costruttore.

 

Da 33 anni l’Olimpia non vinceva a Tel Aviv. Da 32 non passava a Belgrado. Certo i palazzetti vuoti hanno annullato il fattore campo. Ma vale anche per Milano perché una stagione così avrebbe riempito di passione il Forum ogni settimana. Spiace aver gettato la certezza del quarto posto finale dopo aver dominato ad Atene fino a 5’ dalla fine. Un mezzo suicidio. Ma meglio subirlo ora, alla penultima della stagione regolare che nei playoff. 

 

Arrivare tra le prime otto e accedere ai playoff, è comunque soltanto il primo passo. Quest’Olimpia è costruita per le Final Four che manca dal 1992. Solo il Barcellona per ora è stato imbattibile per Milano: chissà perché quando gioca contro gli spagnoli Sergio Rodríguez el Chacho fa spesso la figura di una paella scotta (non contro il suo Real però). A indicare la via, ancora una volta in questa stagione benedetta, è il nuovo faro dell’Olimpia. Il giocatore pensante e parlante per antonomasia, Gigi Datome: “Lo sport è andare oltre i limiti, siamo qui e vogliamo ballare, siamo consci che l’obiettivo di inizio anno erano i playoff, andare oltre sarebbe bellissimo”, ha detto l’altra sera. Lo sport è andare oltre i limiti è una frase bellissima. C’è tutta una filosofia di vita. Quella del ragazzo partito da Olbia, arrivato ai Boston Celtics e poi campione d’Europa con il Fener nel 2017. “Ce la siamo giocata con tutte, abbiamo battuto grandi squadre, questo era l’obiettivo stagionale, ma ora inizia un’altra parte di stagione e vogliamo arrivarci in salute e far vedere che meritiamo questo risultato, non vogliamo fermarci qui”.

 

Poi parla di spogliatoio sano, di gente che ha voglia di lavorare tutti i giorni che entra in palestra, di ragazzi che mettono la squadra prima dell’io. Anche chi durante la stagione ha preso qualche sbandata social di troppo è stato riportato all’ordine dopo aver assaggiato la tribuna per qualche settimana. Perché lo spogliatoio resta sano se tutti rispettano le regole. C’è chi dice che la fortuna di Milano (intesa come Inter, Milan e Olimpia, guarda caso oggi tutte in testa alle classifiche) sia anche il fatto che le discoteche siano chiuse da un anno. Non è da escludere. Non avrebbero comunque cambiato la vita di Gigione, che piuttosto rimpiange di non aver ancora potuto conoscere la città come gli sarebbe piaciuto. Si è rifatto in campo, anche se dice: “Da qualche anno io giudico le mie stagioni guardando i risultati della squadra e se la squadra raggiunge gli obbiettivi io sono a posto con me stesso e il primo obbiettivo lo abbiamo raggiunto”.

 

Non resta che continuare. Le squadre di Messina in 21 anni di Euro League sono arrivate 19 volte tra le prime otto. Come dire che per lui è un’abitudine. In 361 partite di Eurolega ha un bilancio di 258 vittorie e 103 sconfitte. Non è venuto a Milano solo per indossare un bel completo Armani. Ha l’obiettivo ben chiaro in testa e per raggiungerlo, come ha fatto domenica scorsa a Venezia, gioca con le rotazioni, lascia fuori Rodriguez, Hines e Datome in un colpo. Bella forza dicono i suoi detrattori: con la rosa che ha sono capaci tutti.  Non è proprio così. Una rosa ampia è una garanzia, ma va anche gestita senza dover ricorrere necessariamente al cronometro.

 

Si gioca tanto (67 le partite giocate fin qui dall’Olimpia) ma quando si ha un roster come quello di Messina non è semplice mantenere gli equilibri giusti, anche gli infortuni possono diventare un alleato se gestiti in un certo modo. Ma adesso è arrivato il giorno in cui il coach vorrebbe poter fare le sue scelte senza il parere dei medici. Se al fianco di Hines e Tarczewski ci fosse un altro pivottone bello tosto, starebbe più tranquillo. Sul sito dell’Eurolega c’è un documentario intitolato “The new old boys”. Da quell’Olimpia, l’ultima a conquistare l’Europa per due anni di fila, c’è ancora qualcosa da imparare. Che i nuovi vecchi ragazzi stiano davvero per tornare? Datome può diventare il Meneghin di quest’Olimpia? Lui, Delaney e Hines possono garantire  il livello di leadership necessario? Nelle prossime 5 partite avremo la risposta.

Quando Giorgio Armani e Leo Dell’Orco hanno affidato l’Olimpia a Ettore Messina, l’obbiettivo era chiaro. Vincere in Italia, visti anche gli investimenti degli ultimi anni, non era più abbastanza. Supercoppa e Coppa Italia possono essere un aperitivo, lo scudetto un bel risottino al tartufo, ma se ingaggi un coach che l’Europa l’ha già conquistata quattro volte (due con la Virtus e due con il Cska), è limpido dove vuoi arrivare. A spazzolare tutta la tavola imbandita. Dopo 7 anni l’Olimpia torna tra le prime otto squadre del continente. Da tempo lo era come bilancio economico, ma non come bilancio sportivo.
 
Nel 2014 era arrivata a un passo dal sogno delle Final Four con Banchi in panchina. Il Forum era già in piedi a cantare quando andò in onda un suicidio di massa che poi proseguì a Tel Aviv. E il Maccabi quell’anno vinse la coppa nelle finali che si giocarono proprio a Milano. Da allora ci hanno riprovato senza successo Repesa e Pianigiani. L’anno scorso, il primo di Messina, è intervenuto il Covid a far saltare tutta la stagione e per l’Olimpia è andata meglio così, perché quella era una squadra sbagliata. Quella di quest’anno, al contrario, è la squadra giusta, perché è diventata una squadra di Messina. Cattiva in difesa e precisissima in attacco.
 

 
Una squadra costruita mattoncino su mattoncino come una città della Lego. Gli infortuni hanno colpito duro, ma alla fine l’Olimpia ha vinto 20 partite (cosa che nessuna squadra italiana aveva mai fatto in una stagione) e si è qualificata alla terzultima giornata della stagione regolare. “Per noi è un risultato bellissimo, siamo felici di averlo raggiunto attraverso una stagione in cui siamo stati quasi sempre tra le prime quattro e vinto su campi importanti. Nei playoff cercheremo di fare del nostro meglio con serenità”, ha detto il coach-presidente-costruttore.
 
Da 33 anni l’Olimpia non vinceva a Tel Aviv. Da 32 non passava a Belgrado. Certo i palazzetti vuoti hanno annullato il fattore campo. Ma vale anche per Milano perché una stagione così avrebbe riempito di passione il Forum ogni settimana. Spiace aver gettato la certezza del quarto posto finale dopo aver dominato ad Atene fino a 5’ dalla fine. Un mezzo suicidio. Ma meglio subirlo ora, alla penultima della stagione regolare che nei playoff. 
 
Arrivare tra le prime otto e accedere ai playoff, è comunque soltanto il primo passo. Quest’Olimpia è costruita per le Final Four che manca dal 1992. Solo il Barcellona per ora è stato imbattibile per Milano: chissà perché quando gioca contro gli spagnoli Sergio Rodríguez el Chacho fa spesso la figura di una paella scotta (non contro il suo Real però). A indicare la via, ancora una volta in questa stagione benedetta, è il nuovo faro dell’Olimpia. Il giocatore pensante e parlante per antonomasia, Gigi Datome: “Lo sport è andare oltre i limiti, siamo qui e vogliamo ballare, siamo consci che l’obiettivo di inizio anno erano i playoff, andare oltre sarebbe bellissimo”, ha detto l’altra sera. Lo sport è andare oltre i limiti è una frase bellissima. C’è tutta una filosofia di vita. Quella del ragazzo partito da Olbia, arrivato ai Boston Celtics e poi campione d’Europa con il Fener nel 2017. “Ce la siamo giocata con tutte, abbiamo battuto grandi squadre, questo era l’obiettivo stagionale, ma ora inizia un’altra parte di stagione e vogliamo arrivarci in salute e far vedere che meritiamo questo risultato, non vogliamo fermarci qui”.
 
Poi parla di spogliatoio sano, di gente che ha voglia di lavorare tutti i giorni che entra in palestra, di ragazzi che mettono la squadra prima dell’io. Anche chi durante la stagione ha preso qualche sbandata social di troppo è stato riportato all’ordine dopo aver assaggiato la tribuna per qualche settimana. Perché lo spogliatoio resta sano se tutti rispettano le regole. C’è chi dice che la fortuna di Milano (intesa come Inter, Milan e Olimpia, guarda caso oggi tutte in testa alle classifiche) sia anche il fatto che le discoteche siano chiuse da un anno. Non è da escludere. Non avrebbero comunque cambiato la vita di Gigione, che piuttosto rimpiange di non aver ancora potuto conoscere la città come gli sarebbe piaciuto. Si è rifatto in campo, anche se dice: “Da qualche anno io giudico le mie stagioni guardando i risultati della squadra e se la squadra raggiunge gli obbiettivi io sono a posto con me stesso e il primo obbiettivo lo abbiamo raggiunto”.
 
Non resta che continuare. Le squadre di Messina in 21 anni di Euro League sono arrivate 19 volte tra le prime otto. Come dire che per lui è un’abitudine. In 361 partite di Eurolega ha un bilancio di 258 vittorie e 103 sconfitte. Non è venuto a Milano solo per indossare un bel completo Armani. Ha l’obiettivo ben chiaro in testa e per raggiungerlo, come ha fatto domenica scorsa a Venezia, gioca con le rotazioni, lascia fuori Rodriguez, Hines e Datome in un colpo. Bella forza dicono i suoi detrattori: con la rosa che ha sono capaci tutti.  Non è proprio così. Una rosa ampia è una garanzia, ma va anche gestita senza dover ricorrere necessariamente al cronometro.
 
Si gioca tanto (67 le partite giocate fin qui dall’Olimpia) ma quando si ha un roster come quello di Messina non è semplice mantenere gli equilibri giusti, anche gli infortuni possono diventare un alleato se gestiti in un certo modo. Ma adesso è arrivato il giorno in cui il coach vorrebbe poter fare le sue scelte senza il parere dei medici. Se al fianco di Hines e Tarczewski ci fosse un altro pivottone bello tosto, starebbe più tranquillo. Sul sito dell’Eurolega c’è un documentario intitolato “The new old boys”. Da quell’Olimpia, l’ultima a conquistare l’Europa per due anni di fila, c’è ancora qualcosa da imparare. Che i nuovi vecchi ragazzi stiano davvero per tornare? Datome può diventare il Meneghin di quest’Olimpia? Lui, Delaney e Hines possono garantire  il livello di leadership necessario? Nelle prossime 5 partite avremo la risposta.

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