• 6 Maggio 2024 4:08

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Da Tamerlano ad Abdusattorov. La lunga storia d’amore tra scacchi e Uzbekistan

Feb 8, 2023

AGI – Gli scacchi stanno rimettendo l’Uzbekistan sulle mappe del mondo. Il merito è di una nuova ondata di giovanissimi giocatori che hanno reso il Paese asiatico, sconfinato e scarsamente popolato, una delle nazioni più’ temibili da affrontare, per chiunque. Nodirbek Abdusattorov, Javokhir Sindarov, Nodirbek Yakubboev, Shamsiddin Vokhidov. Se i nomi dicono poco, l’età non mente: sono tutti nati nel nuovo millennio e hanno tutti al collo la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi di Chennai, la scorsa estate. Certo, mancavano Russia e Cina ma la vittoria da ‘underdog’ è arrivata sparigliando carte e rovesciando pronostici.

Del resto, i nomi uzbeki per noi italiani sono sempre capaci di evocare qualcosa. Tamerlano, il famoso condottiero mongolo, è forse l’esempio più evidente. Samarcanda, luogo suggestivo, segue a ruota. Ma non è semplice associare queste realtà, uomini o città, all’Uzbekistan. A meno che, forse, non si parli di scacchi. Tashkent, negli ultimi anni, ha deciso di puntarci, ancora, nel nome della tradizione e dei nuovi successi.

Il 14 gennaio del 2021 il presidente della Repubblica e la federazione scacchistica hanno firmato un accordo mirato “allo sviluppo di misure per l’ulteriore diffusione e divulgazione del gioco degli scacchi” in tutto il Paese con l’obiettivo di rendere effettivo “il miglioramento del sistema di formazione dei giocatori”. In due anni il risultato è stato spaventoso. La crescita degli ultimi ‘Grandi Maestri’ sembra inarrestabile. Abdu, come viene accorciato il difficile cognome di Abdusattorov, è arrivato a un passo dal portarsi a casa il Tata Steel, a Wijk aan Zee, in Olanda, il primo grande torneo del calendario scacchistico internazionale.

Il predestinato

È il 2012. Abdusattorov si trova a Maribor, in Slovenia. Chilometri e chilometri lontano da casa. Ha 8 anni e gioca i mondiali di categoria. Non parla molto ma davanti alla scacchiera è devastante. Vince, convince, e porta a casa il titolo. è il primo successo internazionale di una carriera già segnata da diversi trofei. A 6 anni, per fare un esempio, aveva già vinto il torneo under 10 dell’Uzbekistan guadagnandosi le attenzioni di un intero movimento scacchistico. Diventa Grande Maestro a 13 anni, 1 mese e 11 giorni. All’epoca il secondo più giovane di sempre dietro solo al russo Karjakin.

Prima di Abdu, a Tashkent, quando si parlava di scacchi si faceva quasi sempre solo un nome: Rustam Kasimdzhanov, talento incredibile e per tanto tempo uno dei secondi del maestro indiano Viswanathan Anand, ex campione del mondo. Le interviste di chi ha affrontato, allenato, incontrato Abdu negli ultimi anni convergono tutti su un elemento: non ha paura di niente e nessuno. Niente soggezione, poche emozioni. Comandamento unico muovere i pezzi e cercare di vincere.

L’acuto di Abdu arriva a fine 2021, a pochi giorni da Capodanno. L’allora 17enne si conquista altre prime pagine. Una vittoria “inaspettata”, “inattesa”, una grande sorpresa. Vincere i mondiali rapid, detronizzando Magnus Carlsen, il piu’ forte di tutti, (che si sarebbe preso la rivincita nel 2022) e battendo negli spareggi il russo Ian Nepomniachtchi, due volte candidato al titolo mondiale, qualcosa deve pur significare. E negli ultimi mesi il giovane uzbeko ha dimostrato di non essere una meteora: ha condotto alla vittoria il suo paese nelle Olimpiadi di Chennai, in prima scacchiera con un punteggio di 8,5 su 11. Attualmente è numero 18 delle classifiche mondiali. La sua rapida ascesa sembra inarrestabile. Al torneo di Wijk aan Zee, a fine gennaio 2023, ha di nuovo sconfitto Carlsen. Non male per un ragazzo che ha compiuto 18 anni da appena 4 mesi.

L’eminenza tattica

Per molti il merito della rinascita uzbeka è da attribuire, in buona parte, anche a un Grande Maestro nato a Jajce, piccola cittadina della Bosnia. Il suo nome è Ivan Sokolov. Uno che in carriera è riuscito a superare i 2700 punti ELO e che, negli ultimi 10 anni, si è ritagliato gli onori della cronaca come allenatore e commissario tecnico di successo. Dal 2013 a 2016 ha seguito Salem Saleh diventando l’allenatore anche degli Emirati Arabi Uniti. Nel 2016 è passato ad allenare l’Iran, squadra talentuosissima, facendo crescere futuri campioni come Alireza Firoujza (che oggi rappresenta la Francia).

Nel maggio del 2022 il passaggio sulla panchina uzbeka con la vittoria delle olimpiadi e il confronto quotidiano con i ragazzi terribili. Intervistato da chess.com, ha rivelato quale è stato il suo approccio iniziale: “Ho controllato le loro partite degli ultimi 12 mesi e non ho dato molta importanza alle aperture. Ho cercato di capirli meglio come giocatori, come lavorano. Ho dovuto capire come funzionavano le loro teste per poterli aiutare a fare le scelte giuste in autonomia”. Prima l’uomo, poi i motori scacchistici. “Ho detto fin dall’inizio, anche prima di assumere l’incarico: ‘Non aspettatevi che io utilizzi uno strumento come Stockfish a profondità 50 (programma scacchistico, ndr). Non lo farò. Ma posso aiutarvi a diventare giocatori migliori, a fare le scelte giuste, magari indicarvi qualcosa su cui dovreste lavorarè”. E Abdu? “È davvero simile a Magnus Carlsen”. Difficile aggiungere altro.

 

La storia, tra scavi e statuine

Le ambizioni sportive di Abdu e Sokolov vanno di pari passo con quelle di tutto l’Uzbekistan. Almeno in ambito economico e turistico. Il governo di Shavkat Miromonovich Mirziyoyev ha compreso come gli scacchi possano racchiudere “un potenziale turistico e sportivo vantaggioso” per il Paese. Per questo ha deciso di produrre un video-racconto di mezz’ora per divulgare all’estero una cultura secolare. Molto prima di Samarcanda, molto prima di Tamerlano. Al centro di tutto c’è la Storia del Paese, antichissima come gli scacchi. Alcuni scavi, effettuati negli ultimi decenni, e in diverse regioni, hanno riportato alla luce pezzi antichissimi risalenti al 700-800 d.C.

Nel 1990, non lontano dalla già evocata Samarcanda, è stato riportato alla luce un set di 7 statuine in avorio rappresentanti personaggi antichi: gli avi del re (lo scià), degli alfieri, dei cavalli e delle torri. Piu’ di sei anni dopo, nel 1996, alcuni archeologi giapponesi, durante gli scavi dell’antico sito di Dalverzintepa, annunciarono di aver trovato altri due pezzi unici degli scacchi: un elefante e una specie di zebu’. Cio’ ha permesso di stabilire che i proto-scacchi, antenati del gioco attuale, venivano adoperati in Uzbekistan già all’inizio del II secolo d.C. Questi reperti risalirebbero infatti all’epoca dell’Impero Kushan che comprendeva i territori dell’attuale Uzbekistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India.

Insomma, una di quelle scoperte in grado di stravolgere i manuali di Storia. Secondo l’accademico Yury Buryakov, citato in molti testi e articoli, Samarcanda, Bukhara, Khiva, Termez, Tashkent e altre antiche città furono centrali per l’evoluzione degli scacchi sulla grande Via della Seta cinese. La diffusione del gioco segui’ la direzione delle tante carovane di cammelli e commerci che percorrevano quelle strade. I responsabili del successo del gioco, della sua espansione, potrebbero allora essere proprio i mercanti che avevano l’Uzbekistan come meta di passaggio e interscambio.

Dopo questo viaggio nel tempo, tra polvere e scavi, piccole sculture e simulacri, leggende e vittorie, l’Uzbekistan guarda ora al 2026. “Gli scacchi stanno tornando a casa”, è il mantra di molti media locali. Le Olimpiadi che si svolgeranno tra 3 anni, assegnate dalla Federazione internazionale (FIDE) a Tashkent, potrebbero essere la chiusura del cerchio di tutta questa incredibile, e lunghissima, storia. Con Abdu e i suoi compagni pronti a regalare un’altra gioia a un paese che ha vissuto, vive e vivrà (anche) di scacchi. 

AGI – Gli scacchi stanno rimettendo l’Uzbekistan sulle mappe del mondo. Il merito è di una nuova ondata di giovanissimi giocatori che hanno reso il Paese asiatico, sconfinato e scarsamente popolato, una delle nazioni più’ temibili da affrontare, per chiunque. Nodirbek Abdusattorov, Javokhir Sindarov, Nodirbek Yakubboev, Shamsiddin Vokhidov. Se i nomi dicono poco, l’età non mente: sono tutti nati nel nuovo millennio e hanno tutti al collo la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi di Chennai, la scorsa estate. Certo, mancavano Russia e Cina ma la vittoria da ‘underdog’ è arrivata sparigliando carte e rovesciando pronostici.
Del resto, i nomi uzbeki per noi italiani sono sempre capaci di evocare qualcosa. Tamerlano, il famoso condottiero mongolo, è forse l’esempio più evidente. Samarcanda, luogo suggestivo, segue a ruota. Ma non è semplice associare queste realtà, uomini o città, all’Uzbekistan. A meno che, forse, non si parli di scacchi. Tashkent, negli ultimi anni, ha deciso di puntarci, ancora, nel nome della tradizione e dei nuovi successi.
Il 14 gennaio del 2021 il presidente della Repubblica e la federazione scacchistica hanno firmato un accordo mirato “allo sviluppo di misure per l’ulteriore diffusione e divulgazione del gioco degli scacchi” in tutto il Paese con l’obiettivo di rendere effettivo “il miglioramento del sistema di formazione dei giocatori”. In due anni il risultato è stato spaventoso. La crescita degli ultimi ‘Grandi Maestri’ sembra inarrestabile. Abdu, come viene accorciato il difficile cognome di Abdusattorov, è arrivato a un passo dal portarsi a casa il Tata Steel, a Wijk aan Zee, in Olanda, il primo grande torneo del calendario scacchistico internazionale.
Il predestinato
È il 2012. Abdusattorov si trova a Maribor, in Slovenia. Chilometri e chilometri lontano da casa. Ha 8 anni e gioca i mondiali di categoria. Non parla molto ma davanti alla scacchiera è devastante. Vince, convince, e porta a casa il titolo. è il primo successo internazionale di una carriera già segnata da diversi trofei. A 6 anni, per fare un esempio, aveva già vinto il torneo under 10 dell’Uzbekistan guadagnandosi le attenzioni di un intero movimento scacchistico. Diventa Grande Maestro a 13 anni, 1 mese e 11 giorni. All’epoca il secondo più giovane di sempre dietro solo al russo Karjakin.
Prima di Abdu, a Tashkent, quando si parlava di scacchi si faceva quasi sempre solo un nome: Rustam Kasimdzhanov, talento incredibile e per tanto tempo uno dei secondi del maestro indiano Viswanathan Anand, ex campione del mondo. Le interviste di chi ha affrontato, allenato, incontrato Abdu negli ultimi anni convergono tutti su un elemento: non ha paura di niente e nessuno. Niente soggezione, poche emozioni. Comandamento unico muovere i pezzi e cercare di vincere.
L’acuto di Abdu arriva a fine 2021, a pochi giorni da Capodanno. L’allora 17enne si conquista altre prime pagine. Una vittoria “inaspettata”, “inattesa”, una grande sorpresa. Vincere i mondiali rapid, detronizzando Magnus Carlsen, il piu’ forte di tutti, (che si sarebbe preso la rivincita nel 2022) e battendo negli spareggi il russo Ian Nepomniachtchi, due volte candidato al titolo mondiale, qualcosa deve pur significare. E negli ultimi mesi il giovane uzbeko ha dimostrato di non essere una meteora: ha condotto alla vittoria il suo paese nelle Olimpiadi di Chennai, in prima scacchiera con un punteggio di 8,5 su 11. Attualmente è numero 18 delle classifiche mondiali. La sua rapida ascesa sembra inarrestabile. Al torneo di Wijk aan Zee, a fine gennaio 2023, ha di nuovo sconfitto Carlsen. Non male per un ragazzo che ha compiuto 18 anni da appena 4 mesi.

L’eminenza tattica
Per molti il merito della rinascita uzbeka è da attribuire, in buona parte, anche a un Grande Maestro nato a Jajce, piccola cittadina della Bosnia. Il suo nome è Ivan Sokolov. Uno che in carriera è riuscito a superare i 2700 punti ELO e che, negli ultimi 10 anni, si è ritagliato gli onori della cronaca come allenatore e commissario tecnico di successo. Dal 2013 a 2016 ha seguito Salem Saleh diventando l’allenatore anche degli Emirati Arabi Uniti. Nel 2016 è passato ad allenare l’Iran, squadra talentuosissima, facendo crescere futuri campioni come Alireza Firoujza (che oggi rappresenta la Francia).
Nel maggio del 2022 il passaggio sulla panchina uzbeka con la vittoria delle olimpiadi e il confronto quotidiano con i ragazzi terribili. Intervistato da chess.com, ha rivelato quale è stato il suo approccio iniziale: “Ho controllato le loro partite degli ultimi 12 mesi e non ho dato molta importanza alle aperture. Ho cercato di capirli meglio come giocatori, come lavorano. Ho dovuto capire come funzionavano le loro teste per poterli aiutare a fare le scelte giuste in autonomia”. Prima l’uomo, poi i motori scacchistici. “Ho detto fin dall’inizio, anche prima di assumere l’incarico: ‘Non aspettatevi che io utilizzi uno strumento come Stockfish a profondità 50 (programma scacchistico, ndr). Non lo farò. Ma posso aiutarvi a diventare giocatori migliori, a fare le scelte giuste, magari indicarvi qualcosa su cui dovreste lavorarè”. E Abdu? “È davvero simile a Magnus Carlsen”. Difficile aggiungere altro.
 
La storia, tra scavi e statuine
Le ambizioni sportive di Abdu e Sokolov vanno di pari passo con quelle di tutto l’Uzbekistan. Almeno in ambito economico e turistico. Il governo di Shavkat Miromonovich Mirziyoyev ha compreso come gli scacchi possano racchiudere “un potenziale turistico e sportivo vantaggioso” per il Paese. Per questo ha deciso di produrre un video-racconto di mezz’ora per divulgare all’estero una cultura secolare. Molto prima di Samarcanda, molto prima di Tamerlano. Al centro di tutto c’è la Storia del Paese, antichissima come gli scacchi. Alcuni scavi, effettuati negli ultimi decenni, e in diverse regioni, hanno riportato alla luce pezzi antichissimi risalenti al 700-800 d.C.
Nel 1990, non lontano dalla già evocata Samarcanda, è stato riportato alla luce un set di 7 statuine in avorio rappresentanti personaggi antichi: gli avi del re (lo scià), degli alfieri, dei cavalli e delle torri. Piu’ di sei anni dopo, nel 1996, alcuni archeologi giapponesi, durante gli scavi dell’antico sito di Dalverzintepa, annunciarono di aver trovato altri due pezzi unici degli scacchi: un elefante e una specie di zebu’. Cio’ ha permesso di stabilire che i proto-scacchi, antenati del gioco attuale, venivano adoperati in Uzbekistan già all’inizio del II secolo d.C. Questi reperti risalirebbero infatti all’epoca dell’Impero Kushan che comprendeva i territori dell’attuale Uzbekistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India.
Insomma, una di quelle scoperte in grado di stravolgere i manuali di Storia. Secondo l’accademico Yury Buryakov, citato in molti testi e articoli, Samarcanda, Bukhara, Khiva, Termez, Tashkent e altre antiche città furono centrali per l’evoluzione degli scacchi sulla grande Via della Seta cinese. La diffusione del gioco segui’ la direzione delle tante carovane di cammelli e commerci che percorrevano quelle strade. I responsabili del successo del gioco, della sua espansione, potrebbero allora essere proprio i mercanti che avevano l’Uzbekistan come meta di passaggio e interscambio.
Dopo questo viaggio nel tempo, tra polvere e scavi, piccole sculture e simulacri, leggende e vittorie, l’Uzbekistan guarda ora al 2026. “Gli scacchi stanno tornando a casa”, è il mantra di molti media locali. Le Olimpiadi che si svolgeranno tra 3 anni, assegnate dalla Federazione internazionale (FIDE) a Tashkent, potrebbero essere la chiusura del cerchio di tutta questa incredibile, e lunghissima, storia. Con Abdu e i suoi compagni pronti a regalare un’altra gioia a un paese che ha vissuto, vive e vivrà (anche) di scacchi. 

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