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Cgil contro Jobs Act: “Il 71% delle assunzioni è a termine”

Set 24, 2016

MILANO – La Cgil torna all’attacco del Jobs Act denunciando un sostanziale fallimento della riforma del lavoro e sottolineando come le assunzioni stabili fossero legato – lo scorso anno – agli incentivi fiscali garantiti alle aziende. Nei primi sette mesi del 2016, infatti, i contratti termine sono stati circa 2,1 milioni rappresentando “ben il 71% dei nuovi rapporti di lavoro”. E’ quanto sottolinea uno studio della Fondazione Di Vittorio della Cgil, che ha rielaborato gli ultimi dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Nei primi sette mesi dell’anno, nel complesso del settore privato le assunzioni a tempo indeterminato sono state circa 744 mila, 379 mila in meno (-33,7%) rispetto allo stesso periodo del 2015 “e inferiori anche rispetto allo stesso periodo del 2014 e 2013”.

Ricordando anche che nei primi sette mesi del 2016 sono stati acquistati quasi 85 milioni di voucher, per la Fondazione della Cgil, dunque, “il lavoro precario e instabile si conferma nel 2016 la forma assolutamente predominante di accesso al mercato del lavoro e le nuove attivazioni a tempo indeterminato, inferiori non solo al 2015 ma anche al 2014, dimostrano in maniera evidente che l’elemento predominante per le scelte delle aziende è stato quello degli incentivi”.

La Fondazione della Cgil sottolinea che il saldo occupazionale complessivo (attivazioni/cessazioni) del tempo indeterminato (incluse le trasformazioni) nei primi sette mesi è rimasto positivo (+76 mila), ma fa notare come si sia “fortemente ridotto rispetto al 2015 (+465 mila) e al 2014 (+129 mila). E, comunque, nel mese di luglio la variazione netta è stata pressoché nulla (pari a sole 87 unità)”. Lo stesso saldo occupazionale complessivo “però beneficia dell’andamento delle cessazioni che sono scese nei primi sette mesi dell’anno di 37 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2015. E’ dunque un dato che va interpretato, tenendo soprattutto conto della forte diminuzione delle uscite per pensioni”.

L’Osservatorio conclude ribadendo “come la presenza di più fonti statistiche che insistono sugli stessi temi, pur accrescendo il patrimonio informativo, possano provocare un’oggettiva difficoltà nella comprensione delle tendenze in atto, soffermandosi brevemente sulle fonti Inps e Istat, che in ogni caso delineano un quadro evolutivo simile dell’occupazione: arresto della crescita per il tempo indeterminato e aumento per il lavoro a tempo determinato”.

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