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Terremoto, un mese dopo. Vescovo di Rieti: “Ricostruzione non sia deviata da altri interessi”

Set 24, 2016

Un mese fa, erano le 3 e 36 del mattino del 24 agosto, la terra del Centro Italia tremava per 142 secondi. Rendendo irriconoscibili Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto, piccoli centri appenninici distribuiti tra Lazio e Marche, tra le province di Rieti e Ascoli Piceno. Comunità sorte sulla pietra, con la pietra. Pietra che i secoli avevano intriso di storia e vita. E’ bastata una notte d’agosto per sfigurare il ritratto senza tempo di quei luoghi. La pietra è ora rotta e violata, armoniose geometrie ridotte a informi cumuli. Il perfetto emblema di una sanguinante ferita aperta che solo un tempo nuovo potrà rimarginare.

TERREMOTO 24 AGOSTO – IL DOCUVIDEO

Pianti i morti, è iniziata la lunga attesa. Quella di quanti, dopo 30 giorni, sono ancora alloggiati presso le tendopoli allestite dalla Protezione Civile. Ancora per poco, almeno ad Amatrice, il paese-simbolo del sisma, dove il sindaco Sergio Pirozzi ha ordinato lo sgombero degli 11 campi disseminati lungo il territorio comunale. Uno “sgombero dolce”, senza forzature. Ma comunque rapido, dal momento che proprio sulle aree dove sorgono le tendopoli dovranno essere realizzati i nuovi moduli abitativi della “soluzione-ponte”, che da qui alla prossima primavera consentirà ai cittadini dei territori colpiti dal terremoto di avere di nuovo un tetto sopra la testa. Un tetto che si vuole provvisorio. Perché l’attesa continuerà, aspettando la ricostruzione vera. Quella promessa dal presidente del Consiglio Matteo Renzi: “I paesi colpiti dal terremoto saranno ricostruiti, e meglio di prima”.

Ricostruzione, un processo che si vuole trasparente e pulito, lontano dall’opacità che scatena le risate notturne degli speculatori. Un processo su cui mantenere alta l’attenzione, anche attraverso un “blog-osservatorio” come quello allestito da Repubblica. Un processo di cui, durante la messa del ricordo, parla ad Amatrice il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili: “Anche noi stiamo per essere consegnati nelle mani degli uomini. Più concretamente, nelle mani delle istituzioni che ci hanno assicurato che questi luoghi torneranno a vivere come e meglio di prima. Ma anche nelle mani di chi dovrà tradurre questo impegno senza lasciarsi fuorviare da altri interessi. E soprattutto nelle nostre mani, che non possono restare inerti o nostalgiche, ma debbono ritrovare l’energia e la voglia di ricostruire insieme. Soltanto così il soffio vitale che c’è in ognuno di noi tornerà a far risplendere il sole su questa terra. Ne sono un presagio i nostri ragazzi e i nostri bambini, ancorché intontiti e paurosi. Così come li descrive Gianni Rodari: Tra le tende dopo il terremoto i bambini giocano a palla avvelenata, al mondo, ai quattro cantoni, a guardie e ladri, la vita rimbalza elastica, non vuole altro che vivere“.

Bambini, come quelli a cui oggi fa visita Laura Boldrini tornando un mese dopo ad Arquata del Tronto, nelle tensostrutture che adesso ospitano le lezioni scolastiche. “Sono contenta che siete tornati a scuola come tutti i bambini italiani – dice Boldrini ai ragazzi -. Oggi è un mese della tragedia del 24 agosto e noi siamo qui per voi ma anche per ricordare le vittime”. Ad Arquata del Tronto la marchigiana presidente della Camera incontra il sindaco e gli sfollati, con cui si tratterrà a pranzo nella tendopoli. Alle ore 15 la messa, a cui presenzierà anche il commissario per la ricostruzione Vasco Errani. Ma prima del rito, Boldrini si recherà con il vescovo di Ascoli monsignor Giovanni D’Ercole nella frazione di Pescara del Tronto, rasa al suolo dalla scossa di magnitudo 6 di un mese fa, per un momento di raccoglimento.

Ad Arquata, Boldrini parla della necessità di “un patto tra amministratori e cittadini per ricostruire presto e bene le case lesionata del sisma là dove erano e come erano. La ricostruzione della comunità locale è la nostra priorità. Occorre farlo però tutti insieme, collaborando a vari livelli e agendo con razionalità e nei tempi giusti”.

Ad Amatrice in rappresentanza del governo c’è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, accanto alle autorità locali e al capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio. Renzi parla dal Teatro Metastasio di Prato. E, come Boldrini, anche il premier evoca un patto: “Da presidente del Consiglio vi dico che non basta essere bravi nell’emergenza. Oggi dobbiamo prendere un impegno. E’ dura piangere il giorno dopo tutte le volte, è dura vedere le vittime del dissesto idrogeologico. Quindi mi sento di fare una proposta a tutti i partiti, li invito a mettere da parte le distinzioni politiche, litighiamo su riforme, legge elettorale, jobs act, ma sulla tutela del territorio dei nostri figli facciamo un patto comune. Mettiamo in campo un cambiamento: invece di piangere il giorno dopo pensiamo alle prossime generazioni”.

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