“NON usate quell’app”. È stata appena annunciata e già fa discutere. Perché Allo, l’ultima app di Google che unisce il mondo delle chat con quello degli assistenti virtuali, sarebbe carente in un aspetto non di poco conto: ovvero la privacy. Il monito arriva da Edward Snowden, il whistleblower che ha avuto il merito di far scoprire a tutti la sorveglianza di massa indiscriminata portata avanti dall’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense. Un’allerta lanciata su Twitter, dal tono ironico e tagliente che spesso lo contraddistingue: “Oggi disponibile gratuitamente per il download: Google Mail; Google Maps e Google sorveglianza”, scrive, “Questa è Allo, non utilizzatela”.
A far discutere è la policy scelta per l’archiviazione dei dati. Una linea di condotta che sarebbe diversa rispetto a quanto promesso dalla stessa compagnia quando ha annunciato il servizio, durante la conferenza dedicata agli sviluppatori lo scorso maggio. Stando ai rumour riportati dal sito specializzato in tecnologia The Verge, infatti, pare che inizialmente Google si sia impegnata a conservare i messaggi solo in maniera temporanea e non identificabile, così da limitare ogni impatto sulla riservatezza degli utenti. Di certo, oggi il risultato è un’app che automaticamente conserverà le nostre conversazioni in modo permanente. Almeno fino a che non ci prendiamo la briga di scegliere di non salvarle o di eliminarle. Inoltre, come accade già su Hangouts e Gmail, i messaggi scambiati tramite Allo saranno criptati tra il dispositivo e i server di Mountain View, ma utilizzando una crittografia che li rende comunque accessibili agli algoritmi di Google. Non si tratta invece di cifratura end-to-end, dato che in quel caso il testo sarebbe visibile solo ai due che stanno parlando. Una caratteristica che il whistleblower ha criticato fin da subito: “La scelta di Big G di disabilitare la crittografia end-to-end di default nella nuova chat app Allo è pericolosa e la rende insicura”, aveva twittato. “Evitatela per adesso”.
“Si tratta di decisioni evidentemente motivate dalla volontà di integrare un assistente basato sul machine learning, cioè sull’apprendimento automatico delle macchine”, commenta Stefano Zanero, professore associato al Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano. Ma purtroppo necessarie, secondo l’esperto. “Questi sistemi imparano sulle grandi masse di dati, non si possono addestrare sulle interazioni dei singoli. Fare ciò in modo che venga preservata la privacy è tra l’impossibile e il troppo complicato”. L’obiettivo di Google è, quindi, di utilizzare i dati a sua disposizione per perfezionare la parte smart dell’applicazione: sfruttando la capacità di leggere le nostre conversazioni, l’intelligenza artificiale ha l’opportunità di capire meglio come parlano gli essere umani, di sapere che cosa vogliamo prima di averlo detto. E completare le nostre frasi in automatico, per esempio. Tuttavia, in futuro potrebbe pure utilizzare le stesse informazioni per profilarci meglio (utile per la pubblicità su misura), come suggerisce il quotidiano britannico The Independent. Senza contare che le conversazioni sono in tal modo accessibili a richieste legali da parte delle autorità, cosa che non è possibile su iMessage o WhatsApp.
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Un modo di difendersi c’è. Ed è quello di provare Allo selezionando una particolare modalità: Incognito, dove i messaggi sono protetti da crittografia end-to-end (non è la panacea di tutti i mali, però garantisce una certa tutela). Ma in questo caso non è più possibile usufruire dell’assistente intelligente, in pratica quel che rende la chat app caratteristica. Insomma, bisogna scegliere: o il nostro sicuro riserbo, o il ‘futuro smart’. Snowden, tra le due opzioni, non avrebbe dubbi. Del resto, ha più volte ribadito pubblicamente la sua applicazione di messaggistica preferita: si chiama Signal e il suo ingranaggio si basa su due protocolli di crittografia, completamente open source. “La utilizzo tutti i giorni”, ha fatto sapere, sempre su Twitter. @rositarijtano