• 24 Novembre 2024 6:35

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La confessione di Prodi: “Perché preferii vendere Alfa Romeo a Fiat all’offerta di Ford”

Mag 7, 2024

Probabilmente gli sono fischiate le orecchie. Messo in mezzo dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che gli ha imputato le colpe della crisi italiana nei motori, Romano Prodi ora contrattacca e spiega perché vendette Alfa Romeo a Fiat negli anni Ottanta.

Il grande errore della politica delle auto

L’allora presidente del consiglio e dell’Iri avrebbe commesso, secondo l’esponente del governo Meloni, un grave errore nell’operazione. Da lì in poi sarebbero nati i problemi, fino alla situazione attuale, dove non è chiaro quanto l’Italia sia al centro della mappa strategica di Stellantis.

“Il grande errore della politica delle auto – aveva osservato Urso qualche settimana fa – è quando il presidente dell’Iri di allora decise di vendere l’Alfa Romeo alla Fiat e non di accogliere l’investimento della Ford. Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un’unica casa automobilistica mentre gli altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre, quattro o cinque. Lì sta il grande errore della politica italiana e ha un nome e cognome: Romano Prodi”.

Ospite al programma PiazzaPulita, in onda su La7, il diretto interessato ha desiderato rispondere, esponendo la sua versione dei fatti. Io dovetti privatizzare l’Alfa Romeo, sottolinea Prodi.

Da qui la replica di Corrado Formigli: “Cosa di cui la rimproverano ancora moltissimo lo sa?”, e lui risponde: “Distorcendo la realtà perché io ho tentato tutto per portare a termine la vendita con la Ford, dicendo ai signori della Ford che tutto il Paese avrebbe reagito, dai sindaci ai vescovi, ai sindacati, ma la Fiat offrì una somma superiore e fui obbligato…”.

Il momento del cambiamento

Formigli domanda: “L’Alfa andava venduta a tutti i costi?” e Prodi controbatte: “Non ce la faceva, perché quando cominciò a perdere, perdere e perdere… perché fu presa la decisione? Fu fatta una grande rete di vendita all’estero, ad esempio in Germania, c’era Alfa Sud che non andava e tutti i venditori si spostavano verso i giapponesi, dall’Alfa Romeo alla Nissan ecc ecc…

A quel punto ci dissero ‘voi dovete capire che è il momento del cambiamento’, e la Ford aveva fatto un’offerta splendida per lo sviluppo ma io fui obbligato a vendere a chi offriva di più e il manager di Ford mi disse: ‘Lei ci ha detto chiaramente cosa sarebbe successo ma noi avevamo detto che non avremmo offerto una lira in più’”.

Su quale sia il ruolo dell’Italia in Stellantis permangono dei grossi punti interrogativi. Il CEO della multinazionale, Carlos Tavares, ha tenuto un atteggiamento contraddittorio verso la nostra penisola, intimando prima un possibile disinvestimento e, quindi, facendo retromarcia.

I generosi ecoincentivi promessi dall’esecutivo in carica, tuttora da sbloccare, hanno creato parecchi contrasti tra le parti, ma la sensazione è che si tratti giusto della punta dell’iceberg. Quando Urso ha ventilato l’arrivo di un altro colosso dell’automotive, in assenza di risposte rassicuranti da parte di Stellantis, lo stesso Tavares ha avuto una reazione piccata.

Attirare le compagnie cinesi – ha spiegato – potrebbe anche spingere il colosso dei motori, nato nel 2021 dalla fusione tra FCA e PSA Groupe, a prendere dei provvedimenti. In questo clima di “guerra fredda”, la famigerata cessione del Biscione di quasi 40 anni innesca di nuovo le polemiche.

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