AGI – “Molti giovani abbandonano i loro territori di origine per cercare occupazione altrove, spesso non trovando opportunità all’altezza dei loro sogni; alcuni, poi, intendono lavorare ma si devono accontentare di contratti precari e sottopagati; altri ancora, in questo contesto di fragilità sociale e di sfruttamento, vivono nell’insoddisfazione e si dimettono dal lavoro”. Lo ha denunciato Papa Francesco ricevendo la Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale
I giovani, ha spiegato il Papa, “sono una delle categorie più fragili del nostro tempo. I giovani, sempre colmi di talenti e di potenzialità, sono anche particolarmente vulnerabili, sia per alcune condizioni antropologiche che per diversi aspetti culturali del tempo in cui viviamo”. “Alludo non solo ai NEET che non sono nè in formazione nè in attività, ma ad alcune scelte sociali che li espongono ai venti della dispersione e del degrado”, ha proseguito, “Molti giovani, infatti, abbandonano i loro territori di origine per cercare occupazione altrove, spesso non trovando opportunità all’altezza dei loro sogni; alcuni, poi, intendono lavorare ma si devono accontentare di contratti precari e sottopagati; altri ancora, in questo contesto di fragilità sociale e di sfruttamento, vivono nell’insoddisfazione e si dimettono dal lavoro. Dinanzi a queste e ad altre situazioni simili, tutti noi dobbiamo prendere consapevolezza di una cosa: l’abbandono educativo e formativo è una tragedia”.
“Se occorre promuovere una legislazione che favorisca il riconoscimento sociale dei giovani, ancora più importante è costruire un ricambio generazionale dove le competenze di chi è in uscita siano al servizio di chi entra nel mercato del lavoro. In altre parole, gli adulti condividano i sogni e i desideri dei giovani, li introducano, li sostengano, li incoraggino senza giudicarli”, ha detto ancora.
“Chi si sente scartato può finire in forme di disagio sociale umanamente degradanti, e questo non dobbiamo accettarlo”, ha avvertito il Pontefice. Di fronte all’innovazione “siamo chiamati a respingere due tentazioni: da un lato la tecnofobia, cioè la paura della tecnologia che porta a rifiutarla; dall’altro lato la tecnocrazia, cioè l’illusione che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi”.
Si tratta invece di “investire risorse ed energie, perché la trasformazione del lavoro esige una formazione continua, creativa e sempre aggiornata. E nello stesso tempo occorre anche impegnarsi a ridare dignità ad alcuni lavori, soprattutto manuali, che sono ancora oggi socialmente poco riconosciuti”. Infatti “insieme alle competenze tecniche sono importanti le virtù umane: una tecnica senza umanità diventa ambigua, rischiosa e non è veramente formativa. La formazione deve offrire ai giovani strumenti per discernere tra le offerte di lavoro e le forme di sfruttamento”.
“Una valida formazione professionale è un antidoto alla dispersione scolastica e una risposta alla domanda di lavoro in diversi settori dell’economia”, ha detto ancora Bergoglio, “ma – voi me lo insegnate – una buona formazione professionale non si improvvisa. Serve un forte legame con le famiglie, come in ogni tipo di esperienza educativa; e serve un sano ed efficace rapporto con le imprese, disposte a inserire giovani al proprio interno”.
Il lavoro “è fondamentale della nostra vita e della nostra vocazione. Eppure, oggi assistiamo a un degrado del senso del lavoro, che viene sempre più interpretato in relazione al guadagno piuttosto che come espressione della propria dignità e apporto al bene comune. Pertanto, è importante che i percorsi di formazione siano al servizio della crescita globale della persona”.