AGI – Forse è prematuro parlare di svolta investigativa ma, di sicuro, la Dda registra un passo significativo nell’inchiesta sulla scomparsa di Mia Kataleya Chiclo Alvarez, la bambina peruviana di 5 anni, scomparsa in circostanze ancora da chiarire il 10 giugno scorso dall’hotel Astor di via Maragliano a Firenze.
I magistrati hanno ordinato una serie di accertamenti tecnici irripetibili finalizzati ad verificare la presenza e la natura di “materiale biologico o genetico” e ad estrapolare eventuali profili di Dna da alcuni borsoni e trolley che sono stati sequestrati a cinque persone (iscritte nel registro degli indagati) che occupavano l’albergo quando Kata è sparita.
Analogo accertamento è stato esteso anche ai rubinetti dei bagni di due distinte stanze dell’hotel perchè a seguito del sopralluogo effettuato lo scorso 11 giugno sono state individuate tracce di sostanza ematiche.
Dei cinque finiti sotto inchiesta, tre sono stati ripresi dalle telecamere mentre uscivano con un borsone e con due trolley – che per dimensioni avrebbero potuto occultare la bambina -, proprio nella giornata del 10 giugno. Gli stessi oggetti sono stati utilizzati dal gruppo dei cinque anche in occasione dello sgombero dell’hotel avvenuto sette giorni dopo.
Gli altri due indagati, invece, avrebbero occupato e frequentato le stanze con i bagni ‘incriminatì. Le verifiche della procura di Firenze non finiscono qui: nei prossimi giorni, il pm hanno previsto degli scavi da effettuare nel perimetro dell’immobile per escludere la presenza di tracce della presenza della bambina. Ieri mattina, poi, davanti al tribunale del Riesame, l’avvocato Elisa Baldocci ha discusso il ricorso per i quattro peruviani indagati nell’inchiesta parallela a quella sulla scomparsa della bimba.
Tra i quattro, c’è anche lo zio materno della piccola, Abel Argenis Alvarez Vasquez, finito in carcere il mese scorso per una serie di presunte estorsioni e per il tentato omicidio di un altro occupante dell’Astor avvenuto il 28 maggio quando vi sarebbe stato un raid punitivo. Secondo l’ipotesi d’accusa, i quattro avrebbero attuato un primo pestaggio armati di mazze da baseball, minacciando di morte una coppia di connazionali se non avessero lasciato la stanza.
Dopo essersi allontanati per qualche istante, gli aggressori avrebbero proseguito le violenze nei confronti di altri occupanti di una stanza vicina per poi ritornare incappucciati nella stanza della coppia. Si sono diretti minacciosamente verso la vittima designata, che per timore di essere uccisa si è appesa con la mani al davanzale della finestra e si è fatta cadere al suolo. Il cosiddetto “racket delle camere” è considerato, dai magistrati della Dda che indagano sul caso, uno dei possibili moventi del rapimento di Kata.
Nel frattempo, la procura ha formalizzato una richiesta di rogatoria in Perù per acquisire le testimonianze di alcune persone che si trovano nel paese d’origine della famiglia di Kata. Di particolare interesse investigativo c’è la versione di uno zio paterno di Kata, detenuto in un carcere di Lima, e di un altro peruviano, recluso nello stesso carcere, protagonista di una vicenda droga che risale al maggio del 2022 a Firenze, per verificare l’ipotesi che la bambina possa essere stata rapita per sbaglio, così come prospettato agli inquirenti dal padre della bimba.
Lo scorso 2 luglio, il procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, aveva lanciato, attraverso il Tg1, “un appello di responsabilità a tutti, chiedendo ai familiari il più stretto riserbo e un impegno da parte della collettività, invitando coloro che sono conoscenza di alcuni fatti a riferire esclusivamente a questo ufficio nell’interesse prioritario della piccola bimba scomparsa. L’ipotizzato sequestro di persona – aveva aggiunto il procuratore – potrebbe trovare spiegazione nei rapporti conflittuali che sono sfociati in delitti con denunce reciproche maturate nell’ambito dell’occupazione abusiva dell’ex Hotel Astor”.