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Don Salvatore, il barista siciliano chiamato da Dio

Apr 24, 2021

AGI – Nelle parole e nello sguardo ha la gioia di chi ha trovato una perla di grande valore e vende tutti i suoi averi per averla. Salvatore Lucchesi, siciliano di Aci Catena, in provincia di Catania, è uno dei nove nuovi sacerdoti della diocesi di Roma – lui sarà destinato alla parrocchia di San Clemente a Monteverde – che domenica 25 aprile saranno ordinati da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro. Gioia che straripa, gioia da condividere, anche perché per Salvatore, 43 anni, la chiamata è arrivata in età più matura.

Un lavoro da barista ad Acireale, una fidanzata, le uscite con gli amici, una vita come quella di tanti ragazzi della sua età ma un vuoto che all’improvviso arriva e che non si è in grado di decifrare, si sa solo che – seppur bella e confortevole – non è la vita alla quale siamo stati chiamati. “Il Signore ha avuto tanta misericordia di me”, racconta all’AGI. “Grazie a questa misericordia, dopo un lungo e non facile percorso, è arrivata la vocazione”.

Salvatore era contento del suo lavoro, dove al banco del bar, durante il servizio, chiacchierava con tanta gente e si confrontava con molteplici “realtà del mondo”. “Ma dentro di me qualcosa stava cambiando – afferma – ma non capivo cosa”. In parrocchia lui ci andava, anzi, aiutava il parroco nel catechismo, cercando di togliere i ragazzi dalla strada.

Salvatore ha una sensibilità particolare: forse perché figlio di genitori sordomuti, “da loro ho ricevuto tutto – dice emozionato -, mi hanno colmato di amore. E forse per questa loro condizione, sono stato abituato all’ascolto dell’altro“. Ascolto che non è mai mancato a Salvatore quando si intratteneva con i ragazzi difficili del quartiere. A lui raccontavano le loro pene e lo ringraziavano perché non dava giudizi, non elargiva lezioni di vita, ma ascoltava attento. “La vita si può cambiare se vogliamo. Dio ti ama per quello che sei”, una delle frasi che ripeteva più volte. 

“Dio aveva già segnato questa storia nella mia vita”, riflette ripensando al bar e alla sensazione che ti assale quando non sai se quello che stai quotidianamente continuando a fare ha un senso per te. “Mi sentivo in colpa per la mia vita… Cercavo qualcosa che mi rendesse più felice, più gioioso”.

E’ difficile per Salvatore descrivere i sentimenti che lo hanno travolto, ammette di essersi avvicinato di più alla Chiesa, alla preghiera, chiedendo aiuto al suo parroco. “Il dono della vocazione nasce dentro di te”, cerca di spiegare ma sono i suoi occhi, il suo sguardo, a parlare. E anche il suo sorriso quando testimonia di aver trovato “la gioia e ho scoperto – dice – che è la chiamata del Signore”

Per i suoi genitori, Angela e Lucio, all’inizio, non è stato facile accettare la vocazione di Salvatore. “Soprattutto mia mamma – confessa – con la quale ho sempre avuto un legame molto forte”. Famiglia cattolica sì ma non assidua praticante, “in Chiesa sono andato con i miei piedi. Nessuno mi ha costretto…”. 

“Mio papà è venuto a mancare sei anni fa ma lo sento vicino e contento della mia decisione”. E la fidanzata? “Non la prese bene. Non sapevo come affrontare con lei questo discorso ma alla fine ho dovuto dirglielo. Mi ricordo ancora lo schiaffo che mi stampò sulla guancia…”.

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