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Sala congelato ma per poco, dopo la guerra in tribunale riappare il frutto di una inchiesta maledetta

Dic 17, 2016

Per il momento ha lasciato la palla in mano alla vicesindaca Anna Scavuzzo e, per la Città metropolitana, alla vice Arianna Censi. Ma quella sorta di autosospensione (con la formula dell’assenza temporanea) Beppe Sala la pensa a tempo, un tempo molto breve. Entro pochi giorni dovrà infatti prendere una decisione definitiva e lunedì ci saranno i primi contatti tra i legali del sindaco e la Procura. Dopo un incontro con il prefetto Marangoni, il sindaco ha consegnato una lettera alla giunta e al Consiglio. “La mia assenza è motivata dalla personale necessità di conoscere, innanzitutto, le vicende e i fatti contestati: pertanto, fino al momento in cui mi sarà chiarito il quadro accusatorio, ritengo di non poter esercitare i miei compiti istituzionali”. E ancora: “Ritengo che l’attuale situazione determini per me un ostacolo temporaneo a svolgere le mie funzioni“.

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L’inchiesta maledetta, quella sul maxiappalto dell’Expo, ha prodotto il suo ultimo frutto velenoso. Ultimo di una serie, e non è detto che sia finita qui. Perché quella sull’appaltone vinto da Mantovani è un’inchiesta controversa fin dal principio, che ha causato una guerra senza quartiere nella Procura milanese allora retta da Edmondo Bruti Liberati, che ha prodotti strappi e lacerazioni, fino al trasferimento forzato dell’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Che sembrava morta, quando la Procura, qualche mese fa, ne aveva chiesto l’archiviazione, e che un Procuratore generale appena trasferito a Milano ha improvvisamente resuscitato. Avocando a sé l’inchiesta, chiedendo (e ottenendo) altri sei mesi di tempo per approfondire le vecchie e alcune nuove ipotesi di reato. Una delle quali, appunto, riguarda il sindaco Giuseppe Sala.

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La prossima settimana Sala andrà in consiglio comunale e in quello della Città Metropolitana “per riferire” la sua scelta. Nel frattempo, però, se insieme al suo avvocato Salvatore Scuto, dovesse decidere di andare in Procura generale per chiarire la sua posizione, il sostituto pg Isnardi è disponibile a riceverlo e a interrogarlo. E proprio questa potrebbe essere una mossa vincente per uscire dall’empasse politica: convincere il magistrato della sua estraneità ai fatti, persuadendolo a stralciare la sua posizione da quella degli altri indagati, in vista di una richiesta di archiviazione.

A mettere nei guai Sala sono state le modalità con cui nel 2012 sono stati sostituiti due componenti, risultati non idonei, della commissione che doveva assegnare l’appalto della piastra. In particolare, il pg – nel provvedimento con cui ha avocato a se l’inchiesta ha sottolineato il “mancato esercizio dell’azione penale” per la falsità di due verbali, evidenziata anche in un’annotazione della Guardia di Finanza datata 31 maggio 2013. Stando alla ricostruzione delle Fiamme Gialle, i verbali sarebbero stati retrodatati per velocizzare l’assegnazione dell’appalto, già in forte ritardo e scongiurare così uno slittamento dell’apertura del cantiere. Ulteriori dilazioni, infatti, avrebbe messo a rischio la stessa Expo. I verbali portano la data del 17 maggio 2012, mentre l’incompatibilità di due commissari, da alcune intercettazioni registrate dai finanzieri il 30 maggio, sarebbe emersa solo nelle settimane successive. La situazione, poi, sarebbe stata sanata grazie alla nomina di due commissari “supplenti” che hanno preso parte all’aggiudicazione al posto dei due da “eliminare”, che non si sarebbero mai formalmente dimessi. In ogni caso, sottolineava la Gdf nell’informativa, i due commissari incompatibili non hanno partecipato all’aggiudicazione dell’appalto anche se sono stati utilizzati metodi palesemente artificiosi” per non dover ricominciare tutto daccapo. Un pasticcio, insomma, che per la procura non rappresentava un motivo sufficiente per iscrivere Sala nel registro degli indagati. Diversa, invece, la valutazione del sostituto pg Isnardi, che ha deciso di prendersi l’inchiesta.

Ma per capire l’oggi, bisogna rifare la storia e recuperare il filo di quella guerra sotterranea che dura ormai da tre anni. Nel 2013 era infatti Robledo a coordinare il dipartimento sui reati della pubblica amministrazione. Poi, dopo un esposto al Csm dello stesso magistrato che denunciava ingerenze da parte del procuratore capo Bruti, l’indagine fu sfilata all’aggiunto. Originariamente – come emerge oggi dai rapporti degli uomini del Nucleo di polizia tributaria – sulla piastra erano state effettuate anche intercettazioni telefoniche, successivamente, almeno in parte, disattivate. I tre sostituti a cui, dopo Robledo, era stato affidato il fascicolo, nel settembre scorso concludono il loro lavoro con una richiesta di archiviazione per tutti e cinque gli indagati per concorso in turbativa d’asta.

La palla, a quel punto, passa al gup Andrea Ghinetti. È la parola fine sull’intera vicenda? Niente affatto, la telenovela registra una nuova puntata. Servono nuovi accertamenti, ordina il Gup prima di una decisione definitiva e dopo aver attentamente studiato tutti i carteggi contenuti nelle decine di faldoni. E quando il giudice fissa per l’11 novembre l’udienza camerale con le parti – pm e avvocati – l’affaire si arricchisce di un nuovo colpo di scena. Anziché i sostituti, in aula si presenta il procuratore generale, Felice Isnardi. Poche ore prima il suo superiore, Roberto Alfonso, ha deciso – come il codice consente di “avocare” l’indagine. La Procura generale dello stesso Tribunale è convinta che l’inchiesta non vada archiviata. Anzi. Isnardi – vista la mole di faldoni prima chiede un mese per fare altre indagini. Nei giorni scorsi, ne ottiene altri sei. Nell’atto formale, scopre le sue carte e fa sapere che ai cinque indagati “storici”, si sono aggiunti il sindaco per falso e il costruttore Paolo Pizzarotti per tentata turbativa d’asta.

Che le guerre interne al Palazzo di giustizia milanese non siano sopite lo dimostra la reazione di Robledo – attualmente componente di un collegio del Tribunale di Torino – che alla notizia dell’iscrizione di Sala tra gli indagati commenta polemicamente: “Finalmente la magistratura si è ripresa la

sua veste istituzionale, liberandosi dalle influenze della politica e delle correnti”. Mentre l’ex procuratore Bruti Liberati preferisce non commentare “per evitare qualsiasi tipo di strumentalizzazione “. In questo tourbillon suona beffardo quel ringraziamento che l’ex premier, Matteo Renzi, fece alla Procura ambrosiana nel giorno dell’inaugurazione di Expo, nel maggio del 2015: “Per il garbo e la sensibilità istituzionale dimostrate”.

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