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Yellen frena sul rialzo dei tassi, dollaro debole nel giorno di Trump

Gen 20, 2017

MILANO – Soltanto poche ore prima aveva sottolineato la forza della ripresa americana, il mercato del lavoro alla piena occupazione e la necessità di agire per non trovarsi impreparati – un domani – di fronte al rialzo dei prezzi. La Federal Reserve, per bocca della presidente Janet Yellen, ha ieri confermato questa impostazione, salvo precisare che il ritmo di strette monetarie non dovrà mai essere eccessivo: “Ritengo prudente muovere la politica monetaria gradualmente”, ha spiegato aggiungendo che le modalità della preannunciata stretta monetaria non si possono prevedere con esattezza, a causa di numerose incertezze. Tra queste rientra la politica di bilancio della futura amministrazione Trump, che oggi s’insedia: “L’entità, la tempistica e la composizione di questi mutamenti – ha detto Yellen all’Università di Stanford – restano incerte. Non sarà facile determinare il modo migliore di aggiustare in tempo i tassi”. Parole di fuoco contro il tycoon sono arrivate da George Soros, che da Davos l’ha definito “un impostore, un imbroglione, un potenziale dittatore” e i mercati, finora rialzisti, “si ricrederanno quando se ne renderanno conto”.

Le parole di Yellen hanno intanto avuto l’effetto di indebolire il dollaro, mentre i listini europei avviano le contrattazioni senza particolari scossoni. Milano apre in positivo ma torna presto sulla parità; Parigi cede lo 0,15%, Francoforte lo 0,25% e Londra è invariata.

Salgono dunque le quotazioni dell’euro sul biglietto verde che passa di mano a 1,0685 (1,0661 ieri sera alla chiusura di Wall street). In rialzo nei confronti della valuta americana anche la sterlina a 1,2351. Apertura stabile per lo spread fra Btp e Bund tedesco. Il differenziale segna 159 punti sugli stessi valori della chiusura di giovedì. Il rendimento del decennale italiano è pari all’1,95%. L’agenda macroeconomica odierna segnala i prezzi alla produzione in Germania di dicembre in crescita (+0,4% mensile e +1% annuo) in linea con le attese, e le vendite al dettaglio del Regno Unito.

In mattinata i mercati cinesi sono balzati sull’accelerazione del Pil nell’ultimo trimestre dell’anno. La seconda economia mondiale ha chiuso il 2016 con una crescita annua del 6,7%, il livello minimo dal 1990 ma nel target del +6,5-7% indicato nel piano quinquennale. Gli analisti si sono poi concentrati sul dato del periodo tra ottobre e dicembre, quando il prodotto cinese è salito del 6,8% facendo un po’ meglio delle stime. Shenzhen ha chiuso in progresso dell’1,5%, Shanghai dello 0,7% mentre Hong Kong è debole, appesantita dall’indiscrezione di Reuters secondo cui Pechino avrebbe tagliato temporaneamente i requisiti di riserva patrimoniale di cinque banche. La Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dopo una partenza debole: +0,34% a 19.137,91 punti. Il titolo di Takata, azienda leader degli airbag, ha perso il 21% per il timore di una bancarotta mentre Toshiba è rimbalzata dell’1,81%, dopo il tonfo di ieri.

L’oro si avvia a chiudere in rialzo la quarta settimana consecutiva, nonostante le incertezze delle ultime sedute. Il lingotto con

consegna immediata guadagna oggi lo 0,2% e sale a 1.207 dollari l’oncia. Il prezzo del petrolio è in rialzo, sulla scia dell’indebolimento del biglietto verde, che frena alla vigilia dell’Inauguration Day di Trump. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti salgono di 8 cent a 51,45 dollari e quelli sul Brent crescono di 16 cent a 54,32 dollari. Chiusura in ribasso, ieri sera, per la Borsa di Wall Street con il Dow Jones a 19.732 punti (-0,37%) e il Nasdaq a 5.540 punti (-0,28%) a fine scambi.

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