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Toys ‘R’ Us chiude i suoi negozi in Usa: 33mila dipendenti saranno licenziati

Mar 15, 2018

MILANO – Toys ‘R’ Us ha comunicato ai suoi dipendenti che chiuderà tutti i suoi negozi di giocattoli negli Stati Uniti e in molti altri mercati. La notizia era nell’aria da qualche giorno, da quando ormai era chiaro che il piano di rilancio pilotato attraverso le procedure della bancarotta non avrebbe portato da nessuna parte. La notizia è stata quindi ufficializzata da una nota diffusa dall’azienda.

La chiusura dei negozi produrrà il licenziamento di gran parte dei 33.000 dipendenti. L’ex colosso dei giocattoli, che ha fatto ricorso al Chapter 11 lo scorso settembre, ha più di 700 punti vendita negli Stati Uniti. Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti anonime, dovrebbe presentare la richiesta di messa in liquidazione nella notte di giovedì.

Motivo della chiusura è l’impossibilità di competere con i big delle vendite on line e un debito accumulato di oltre 7 miliardi di dollari, risalente all’acquisizione da parte dei fondi. Il gruppo ha annunciato che chiuderà le proprie attività anche in Canada, Giappone, Germania, Austria e Svizzera, mentre per ora resteranno i punti vendita in Polonia, Francia, Australia, Spagna e Portogallo.

Non è impossibile che la catena di distribuzione di giocattoli e giochi mantenga aperti 200 negozi dopo la sua liquidazione, avanza la Cnbc. Un’ipotesi che Toys ‘R’ Us esplora e che farà parte del suo file di liquidazione è quello di vendere i negozi canadesi, che hanno un saldo positivo, e 200 dei suoi più redditizi negozi degli Stati Uniti. Quindi liquiderebbe il resto dei negozi, dice ancora la Cnbc.

Questi progetti, indipendentemente dalla loro forma, dovrebbero avere importanti conseguenze sociali. I dipendenti statunitensi, che rappresentano oltre la metà dei 65.000 dipendenti del gruppo, manterranno il loro posto di lavoro per 60 giorni. Il resto è incerto.

Toys R Us nasce a Washington, in un piccolo negozio aperto nel 1948, agli albori del baby boom, e si sviluppa rapidamente. Ancora oggi ha un quinto della quota di mercato Usa, ma non ha retto alla concorrenza delle vendite online e ed è rimasto schiacciato da debiti per svariati miliardi di dollari, perdite e crolli delle vendite. Qualche giorno fa, Bloomberg notava che la sua chiusura potrebbe essere un contraccolpo pesante anche per i produttori di giocattoli (infatti un colosso come Mattel ne ha risentito in Borsa), soprattutto quelli di piccole dimensioni che hanno nella catena uno sbocco commerciale difficilmente reperibile altrove.

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