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Torino, sotto sfratto la famiglia marocchina scambiata al cinema per terroristi

Feb 24, 2017

La paura e il dispiacere per quella notte in cui, la prima dell’anno, in cui la loro sola presenza è bastata a scatenare il fuggi fuggi generale al cinema The Space di via Livorno non si sono ancora cancellati nella mente di Souad Ghennam e Mustapha Lahfidi, la coppia marocchina scambiata per terroristi, E ora stanno aspettando che alla loro porta bussi anche l’ufficiale giudiziario. Scade oggi, infatti, il secondo avviso di sfratto. “Non ho soldi e sono disoccupato da agosto. Non posso far altro che aspettare l’ufficiale giudiziario – dice Mustapha – spero di ottenere una nuova proroga”. E probabilmente sarà così anche se si tratta ancora una volta di una soluzione temporanea. La situazione di Mustapha e Souad, che vivono con il loro tre figli, è già stata presa in carico dagli uffici comunali. Nelle settimane successive all’episodio del cinema l’assessore Marco Giusta era andato a trovare la famiglia a casa insieme con molti esponenti della comunità musulmana torinese. Ora la pratica casa è arrivata sul tavolo degli uffici dell’assessore Sonia Schellino. “Dalla segreteria del sindaco mi hanno detto che cercheranno di parlare con il proprietario di casa mia- continua il capofamiglia – Io nel 2012 avevo anche fatto richiesta per una casa popolare ma a quanto pare mi mancano ancora dei punti per ottenerla perché nel frattempo sono cambiate le regole”.

Su tutta questa vicenda, simile a molte altre in città, pesa quell’episodio del cinema. Marito e moglie avevano provato a cercare altre soluzioni, altri alloggi quando avevano ricevuto il primo avviso di sfratto, ma quell’episodio aveva fatto fare un passo indietro a qualche proprietario di case con cui la famiglia aveva già preso contatti.

Quella storia era stata un terremoto nella famiglia marocchina che vive a Torino da 20 anni e che qui ha fatto crescere i suoi figli. “Ci sto ancora male, e la

notte dormo male. Per giorni avevo paura a mettere il naso fuori di casa”, dice Souad. Quella sera erano andati al cinema con la figlia più grande e il suo fidanzato, entrambi sordi: doveva essere una serata allegra per far svagare il padre, preoccupato per essere rimasto senza lavoro e invece si era trasformata in un incubo con i carabinieri chiamati dagli altri spettatori convinti di essere le mezzo di un attentato terroristico per un gesto o l’ hijab sulla testa di Souad.

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