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Solstizio d’inverno alla “Stonehenge” lucana – Media Inaf

Dic 22, 2016

21.12.2016

Le Petre de la Mola sul Monte Croccia

Come accade ormai da diversi anni, il 21 dicembre un centinaio di persone, provenienti da tutta Italia, sono salite al complesso megalitico delle Petre de la Mola, situate a circa 1000 m di altezza sul Monte Croccia (Basilicata), per osservare lo spettacolare tramonto del sole al solstizio d’inverno.

Le Petre de la Mola sono un affioramento naturale della roccia, che è stato modificato dal lavoro dell’uomo, in un’epoca ancora imprecisata ma sicuramente non posteriore all’inizio del primo millennio a.C., per trasformarlo in un calendario di pietra. Infatti, da uno speciale punto di osservazione segnalato da un petroglifo che indica le direzioni nelle quali guardare, nel giorno del solstizio d’inverno a mezzogiorno si vede il Sole apparire in una piccola fenditura artificiale scavata nella roccia. Lo stesso giorno dallo stesso punto di osservazione si vede l’astro riapparire per una decina di minuti al tramonto entro una galleria ottenuta sovrapponendo una lastra di pietra ad una fenditura naturale, accuratamente lavorata per allinearla con esattezza alla direzione voluta. Profondi bacini artificiali per la raccolta dell’acqua piovana e altri petroglifi sulle rocce circostanti testimoniano il carattere sacro del luogo e le cerimonie che vi si svolgevano in epoca preistorica al solstizio, un giorno di grande importanza in tutte le antiche culture.

L’osservazione è stata guidata da chi scrive, Vito Francesco Polcaro, ricercatore dell’INAF IAPS di Roma, e dall’archeologo Leonardo Lozito, vicepresidente nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia. Ad essa hanno preso parte, oltre ai moltissimi appassionati di astronomia e di archeologia, l’archeologo Emmanuele Curti e i sindaci dei paesi vicini.

A mezzogiorno del solstizio d’inverno, il solo appare nella fenditura meridiana delle Petre de la Mola

Recentemente è stato dimostrato che la presenza di monumenti orientati astronomicamente è notevolmente diffusa in Italia Meridionale ed in particolare in Basilicata, nel Cilento, in Puglia ed in Sicilia. Uno dei più noti è, appunto, il complesso megalitico delle Petre de la Mola, situato a 1049 m s.l.m. sul Monte Croccia, all’interno del Parco Naturale di Croccia-Cognato, un’area di riserva antropologica-naturalistica a protezione totale a causa della presenza, oltre che di rare specie animali e vegetali, di numerose testimonianze archeologiche. Tracce di frequentazione del sito risalgono al Neolitico (10000 – 6000 a.C.) ed anche durante l’Età del Bronzo e del Ferro l’area fu sicuramente frequentata, per essere poi abbandonata fino ad oggi a partire dal IV secolo a.C.

La scoperta casuale da parte del compianto professor Marco Mucciarelli, geofisico dell’Università della Basilicata, di un singolare effetto di illuminazione a mezzogiorno in questo megalite ha fatto supporre che le Petre de la Mola fossero state modificate dalla mano umana per trasformarle in uno strumento di misure calendariali. Un’indagine successiva, condotta, insieme al professor Mucciarelli, da chi scrive e dall’archeologo Emmanuele Curti, ha infatti rivelato due chiari allineamenti astronomici. Da un singolo e particolare punto di osservazione, una spaccatura nel costone che delimita la piccola spianata (molto probabilmente artificiale) di fronte al lato settentrionale del megalite, si osserva esattamente a Sud un incavo artificiale nella roccia e, a un azimut di 238 gradi, una piccola area aperta sul cielo dalla mano dell’uomo tra i massi che costituiscono le Petre de la Mola, ottenuta sovrapponendo una lastra di pietra a una spaccatura della roccia, naturale ma accuratamente lavorata per allinearla nella direzione voluta.

Dallo stesso punto di osservazione, il Sole splende al tramonto nella galleria artificiale a sud-ovest

Al solstizio d’inverno il Sole appare così nella mira meridiana a mezzogiorno e in quella a sud-ovest al tramonto. La probabilità che, dallo stesso punto di osservazione, si verifichino per caso nello stesso giorno due allineamenti di mire artificiali con le posizioni del Sole in azimut ed altezza ad ore diverse è trascurabile.

Molti indizi indicano che il luogo ha avuto per i suoi antichi frequentatori una valenza sacra ed è stato sede di culti legati al solstizio d’inverno, giorno di grande importanza pratica e simbolica per tutte le antiche culture, perché a partire dal solstizio le ore di illuminazione solare cominciano ad aumentare, rappresentando la vittoria della luce sulle tenebre. Infatti, su di una lastra di roccia accanto al punto di osservazione privilegiato, un petroglifo indica con precisione la direzione del meridiano e quella del tramonto al solstizio e profondi bacini artificiali scavati nelle Petre raccolgono l’acqua piovana e la convogliano al suolo con una serie di scanalature, con un probabile scopo lustrale.

Inoltre, la Petre de la Mola non sono un caso unico: a soli 90 km, sul Monte Stella nel Cilento si trova un complesso megalitico estremamente simile: la Preta ‘ru Mulacchio. In questo caso, un “fossile culturale” ci dà anche un indicazione di quale fosse la cerimonia che vi si svolgeva in tempi antichi: infatti, fino alla metà del secolo scorso, le donne che si recavano in processione al santuario mariano posto sulla cima del Monte Stella, quando desideravano un figlio, passavano per la stretta galleria orientata al tramonto del Sole al solstizio, strisciando il ventre sulla roccia. Questo rito di fertilità, chiaramente di origine pre-cristiana e probabilmente pre-classica, spiega il nome del megalite: infatti ‘mulacchio’ in cilentano indica il figlio illegittimo.

Non ci sono prove etnografiche dello stesso rito alle Petre de la Mola, ma è il nome stesso a suggerire che vi venisse celebrato nell’antichità un rito simile. Infatti, in lucano, la ‘mola’ è la pietra usata per affilare le lame, scopo al quale la tenera arenaria delle Petre non è assolutamente adatta. Invece, il nome delle Petre può facilmente derivare (come il cilentano Mulacchio) dalla radice indoeuropea ‘mul’ (la stessa di ‘mulo’), che indica l’incrocio di specie diverse, in questo caso la donna e la roccia. Evidentemente, lo scopo per il quale fu realizzato il complesso megalitico in un lontano passato ha lasciato anche qui una traccia.

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