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Scontro governo-sindaci sul decreto sicurezza, il premier Conte media – TGCOM

Gen 4, 2019

Intanto si riapre il fronte M5s. “Il decreto sicurezza è tutt’altro che una buona legge. Ci sono aspetti che non mi convincono da un punto di vista politico ed etico e altri che ritengo siano difficilmente applicabili da un punto di vista amministrativo. Ma una cosa è certa: noi siamo abituati a rispettare le leggi, quindi non chiederò ai miei dirigenti di ignorarle”, ha affermato il sindaco M5s di Livorno Filippo Nogarin.

La senatrice Elena Fattori, che non votò il provvedimento in aula, a La Repubblica ha dichiarato: “Spero che, grazie all’intervento di Conte, qualcosa possa cambiare. Ricordo che la sindaca di Roma e quella di Torino sono state le prime ad approvare una mozione che ne chiedeva la sospensione. Il problema è serio e reale e non basterà espellere tutti i senatori che hanno optato per una resistenza civile a questo obbrobrio per cancellarne le criticità”.

Un altro dei parlamentari 5 Stelle critici, Matteo Mantero, è tornato all’attacco. “Ecco quello che si ottiene – ha scritto su Facebook – emanando un decreto incostituzionale e stupido, a solo scopo propagandistico, che auspicabilmente sarà smontato dalla consulta: creare illegalità dove non c’era, ridurre l’integrazione peggiorando le condizioni di vita di italiani e stranieri, far fare bella figura ai sindaci del pd che hanno contribuito a creare il falso problema dell’immigrazione e ora passano per i paladini dell’integrazione. Filotto insomma…”

Ma Salvini non arretra: “Con tutta la buona volontà, ma il decreto sicurezza lo abbiamo già discusso, limato per tre mesi e migliorato. Lo ha firmato il Presidente della Repubblica e adesso questi sindaci vorrebbero disattendere una legge dello Stato?”. Il vicepremier e ministro dell’Interno ha invitato a rispettare “una legge approvata dal Parlamento, dal governo e firmata dal Presidente della Repubblica. E’ troppo facile – ha sottolineato – applaudire Mattarella quando fa il discorso in televisione a fine anno e due giorni dopo sbattersene”.

Ha provato a stemperare gli animi l’altro vicepremier Luigi Di Maio, che ha ridotto tutto a “solo una campagna elettorale da parte di sindaci che si devono sentire di sinistra”. Palazzo Chigi poi ha voluto chiarire alcuni aspetti particolari: secondo fonti interne sarebbero “inaccettabili le posizioni degli amministratori locali che hanno pubblicamente dichiarato che non intendono applicare una legge dello Stato. Il nostro ordinamento giuridico – hanno precisato le stesse fonti – non attribuisce ai sindaci il potere di operare un sindacato di costituzionalità delle leggi: disapplicare una legge che non piace equivale a violarla, con tutte le conseguenti responsabilità”.

L’Anci con il presidente Antonio Decaro ha risposto nel frattempo alle accuse sulla “pacchia” dicendosi pronto a nome dell’Associazione a restituire le fasce tricolori. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando a stretto giro ha replicato a Salvini respingendo l’invito alle dimissioni: “E’ la prova che Salvini non ha capito niente e che viviamo in mondi diversi, io sto agendo da sindaco”. Aggiungendo di essere al lavoro per portare la vicenda alla Corte Costituzionale.

L’altro protagonista della “rivolta”, il primo cittadino di Napoli Luigi de Magistris, ha tenuto a spiegare che “il linguaggio di Salvini è indegno di un ministro dell’Interno. Sta violando apertamente la Costituzione, sulla quale ha giurato, il traditore è lui e dovrebbe dimettersi. Le sue sono politiche disumane. Senza la residenza non puoi accedere ai servizi comunali, è come se perdessi ogni diritto, diventi un cittadino di serie B. E’ un provvedimento razzista”, sottolinea.

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