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Renzi fa ballare ancora il Pd – HuffPost Italia

Dic 7, 2018

Adesso c’è una “pazza idea”. Affidata a una “riflessione” e a un sondaggio lampo, di cui si attende l’esito nei prossimi giorni. La “pazza idea” consiste nel grande ritorno di Renzi, come candidato alle primarie del Pd. A grande richiesta di un’area smarrita, a un passo dal “liberi tutti” dopo il gran rifiuto di Minniti. Perché, gli hanno ripetuto i suoi, “se vince Zingaretti a quel punto siamo dei corpi estranei e il Pd non è più casa nostra, solo tu hai un appeal nel nostro popolo”. L’ex segretario, per dirla con chi ha parlato con lui, “non ha detto no”. Ma neanche sì. Sta, appunto, riflettendo. E giocando, alimentando voci su più schemi: non smentisce la l’ipotesi della ricandidatura, smentisce ma lavora a quella di un altro partito, in fondo compiaciuto di una discussione “renzicentrica” di un partito ancora appeso ai suoi umori e alla sue decisioni. Leggete qui il tweet di fine giornata, in cui non nega nessuna delle ipotesi:

Faccio il segretario, mi colpisce il fuoco amico. Mi dimetto e mi chiedono di stare in silenzio. Sto zitto e mi chiedono di parlare. Un giorno devo andarmene, un giorno fare il segretario. Ma possiamo parlare di politica anziché parlare tutti i giorni di me?

— Matteo Renzi (@matteorenzi) 7 dicembre 2018

L’esito della riflessione è affidato non solo a valutazioni politiche di ordine generale, ma anche a un sondaggio che, detta in modo un tranchant, verifichi se c’è partita o se, invece, col suo ritorno la personalizzazione della pugna produrrebbe l’effetto referendum. Ovvero una valanga a favore di Nicola Zingaretti. Nei giorni scorsi proprio Renzi ha avuto un lungo colloquio con gli esperti di Swg. Quella vecchia volpe di Dario Franceschini, parlando fitto con qualche deputato, spiega: “Ci sta pensando veramente. A quel punto può succedere di tutto. Anche che voti una valanga di gente perché si crea una forte polarizzazione”. In un altro angolo del Transatlantico Matteo Orfini ragiona a voce alta: “Io sono il reggente ad interim, da statuto diciamo. Quindi posso fare solo delle analisi politologiche. Politologicamente, se Renzi si candida è evidente che cambia radicalmente la storia del congresso e la sua dinamica rispetto a quella vissuta fin qui”. Ecco.

È un dato di fatto che, in attesa di capire le mosse dell’ex segretario, la situazione (dei suoi) è congelata per qualche giorno. E tesa. Nervosa. Perché altri candidati “forti” non ci sono e c’è un intero “mondo” appeso agli umori del Capo che “non si capisce che vuole fare”. Senza un candidato al congresso. Senza capire chi Renzi vuole portare nel nuovo partito. Ma, al tempo stesso, incapace di emanciparsi. Rosa Maria Di Giorgi, una volta renziana di ferro, è lapidaria: “Siamo davvero alle comiche finali”. Commedia per qualcuno o tragedia per altri, dipende dai punti di vista. Basta guardare le facce. Lorenzo Guerini è cupo, nervoso. Si racconta di una concitata telefonata di Dario Nardella con Renzi, piuttosto accesa, perché il sindaco di Firenze è molto contrario all’idea di un altro partito. Un’area che fino a qualche giorno fa pensava di vincere il congresso con Minniti è ora allo sbando. Se non torna Renzi, è il game over. Perché un candidato non c’è. Guerini ha escluso perché dovrebbe rinunciare alla guida del Copasir, Rosato o la Bellanova sarebbero candidature di bandiera, ma non competitive. E, soprattutto, è difficile trovare una bandiera che le unifichi tutti, senza alimentare gelosie, competizioni e rivalità interne: “Ma a che servirebbe? – si chiede Roberto Giachetti – Tu puoi pure trovare un samurai, ma francamente…”. Senza bandiere e in attesa di Renzi, che non vuole una conta su una candidatura “renziana”, parecchi parlamentari, in queste ore, hanno avuto colloqui con Graziano Delrio, perché, in una situazione da rompete le righe”, potrebbero essere tentatati dal sostenere Maurizio Martina.

È chiaro che il grande ritorno avrebbe l’effetto di compattare l’area e, magari, di far smottare anche le altre. E avrebbe l’effetto anche di chiudere l’altra ipotesi, anch’essa affidata a sondaggi e riflessioni, di un nuovo partito di Renzi alla Ciudadanos, senza la nomenklatura. Ipotesi ufficialmente sempre smentita pubblicamente ma su cui c’è un fitto lavorio, per evitare che quello spazio sia occupato da una iniziativa analoga di Carlo Calenda. L’ipotesi, però, prevede “sommersi” e “salvati”, perché il grosso della nomenklatura, cacicchi e capibastone resterebbe nel Pd, presentato come una bad company di correnti rispetto al nuovo progetto, rispetto a quale l’ex segretario rinuncia al ruolo di “burattinaio”, secondo quella nuova narrazione che ieri ha affidato alla sua diretta facebook.

È una “pazza idea”, quella del ritorno accettando la sfida alla primarie, così la chiamano al Nazareno. Su cui un pressing è in atto. Il presupposto è che Renzi possa vincere la partita. Perché una sconfitta varrebbe doppio. Nel Pd e fuori. È complicato far nascere un’altra Cosa perché si è perso il congresso. A quel punto sarebbe una “scissione” di chi ha perso, non un progetto nuovo. La sconfitta finale.

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