Come le “idee” platoniche spiegate da Benedetto Croce alla sua cuoca, anche le politiche della giustizia sembrano tanti caciocavalli appesi, un metafisico cielo di misure senza gambe e braccia per muoversi.
L’effetto-caciocavallo emerso dalle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario nei 26 distretti di Corte d’appello dove – con buona pace dell’inversione di tendenza celebrata in Parlamento e in Cassazione – Presidenti e Pg hanno raccontato una giustizia al collasso; sommersa dalle prescrizioni; alle prese con mafie vecchie e nuove, con una corruzione crescente e con il dilagare della criminalit economica; che vive sul precariato ed privata delle risorse umane – cancellieri e magistrati – indispensabili per garantire tempi ragionevoli dei processi. L’indice puntato contro il ministro della Giustizia, responsabile per Costituzione dell’organizzazione degli uffici giudiziari, e l’accusa non fa sconti neppure a un ministro stimato come Andrea Orlando, che da qualche tempo scarica sulle toghe una serie di performance negative degli uffici e, soprattutto, insiste nel bollare come corporativa la protesta dell’Anm contro il decreto legge-Renzi di proroga dell’et pensionabile di un pugno di ermellini della Cassazione, con il quale il governo si scelto i magistrati da tenere in servizio.
Peraltro, l’effetto-caciocavallo non risparmia neppure il Csm, vissuto dalle toghe come un’entit sempre pi lontana, le cui riforme non trovano riscontro nella realt – per esempio delle nomine dei direttivi – al punto che tanti magistrati, soprattutto donne (che ormai sono pi della met in organico), pur a un passo da possibili incarichi direttivi, preferiscono andarsene in pensione prima dei 70 anni voluti dal governo Renzi come dead line.
Potrebbero sembrare alibi, per giustificare la perdurante inefficienza del servizio giustizia, di cui – a dispetto delle riforme e dei trend – cittadini e imprese continuano ad essere vittime quotidiane. Potrebbe sembrare la difesa estrema di chi – nonostante il riconoscimento dell’alta produttivit e qualit della risposta nel panorama europeo – oggi viene additato come casta, responsabile di errori giudiziari, fomentatore di un processo mediatico colpevolista che inficia la fiducia nella giustizia. E tuttavia, il film di ieri testimonia uno scarto oggettivo tra idee e realt che non va sottovalutato, perch la sottovalutazione produce non solo stagnazione ma anche conflittualit.
Lo scarto si coglie immediatamente nella vicenda del decreto legge ad personas sulla proroga delle pensioni. sbagliato liquidare in termini corporativi la posizione dell’Anm, anche se la sua prima reazione ha fatto pensare che l’obiettivo delle toghe fosse soltanto la proroga a 72 anni per tutti. Non si possono chiudere gli occhi di fronte a un decreto legge con cui il governo si assunto la prerogativa di scegliere quali magistrati trattenere in servizio e quali no, a prescindere dalle qualit di quei magistrati. Questa la gravit di quella scelta politica, che ci riporta indietro di mezzo secolo. Manipolarla significa negare princpi fondamentali, che non sono caciocavalli appesi ma sangue vivo – diceva Piero Calamandrei – che scorre nelle vene. L’errore ormai irrimediabile, ma Orlando – al quale non manca onest intellettuale – dovrebbe almeno riconoscerlo politicamente.
vero, poi, che sulle politiche del personale c’ stata un’inversione di tendenza perch dopo vent’anni si sono rimesse in moto le assunzioni, ma non si pu non vedere che tempi e procedure sono inadeguati a un’emergenza che svuota gli uffici non foss’altro perch escono pi persone di quante ne entrano. Questa una responsabilit politica, ma forse non cos ineludibile se in ballo c’ l’efficienza di un servizio da cui dipende, tra l’altro, anche la competitivit del sistema Paese.
Ancora: riforme annunciate, come la prescrizione, stentano a sbarcare nei Tribunali in una versione efficace a causa di contrasti nel governo (e nel Pd), frenando anche altri interventi acceleratori del processo, seppure non sempre coerenti. Scaricare quest’impasse politica sui Pm o sui processi mediatici (al di l di responsabilit specifiche che sicuramente ci sono) solo un parlar d’altro, con conseguenze dannose sulla legittimazione della giustizia e sull’informazione, nonch sulla necessit di una “comunicazione giudiziaria” che, semmai, va coltivata in forme migliori, e non censurata.
Ma forse l’effetto-caciocavallo sconta anche una coincidenza temporale: una stagione politica sta finendo, la legislatura agli sgoccioli e il clima da campagna elettorale in cui gi siamo finiti non favorisce analisi pacate e ponderate su una realt delicata come la giustizia.
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