Gli italiani si sono ricordati di saper leggere. Non è una battuta: il mercato dei libri ha ricominciato timidamente a salire. Del 2,3% secondo il dato ufficiale dell’Associazione Italiana Editori. La prima curiosità è che questo exploit non è circoscritto all’Italia, se pensiamo per esempio che Oltreoceano il capolavoro distopico di George Orwell, 1984, è andato tutto esaurito su Amazon, e in Italia è al primo e secondo posto dei best seller di fantascienza (con due edizioni distinte).
Qualcuno punta il dito sulla paranoia orwelliana conseguente all’elezione di Trump alla Presidenza, ma non vogliamo lasciarci andare a considerazioni speculative. D’altronde il libro di Orwell è andato a ruba anche in Egitto nel 2014, all’indomani dell’ascesa al potere di Abdel Fattah al Sisi.
L’altra curiosità è la rivincita del libro di carta. Già, quelli il cui odore ai lettori più attempati come me suscita emozioni e nostalgia – ma quando lo scrivo mi danno della vecchia gallina. Il mercato italiano è quello che registra il dato positivo inferiore con +1,6%; nel Regno Unito c’è un + 2,5%, negli Stati Uniti +3,3% e in Russia +8%. Qualcuno poi resterà di sasso nell’apprendere che nonostante la crescita dell’eCommerce, la libreria si conferma il luogo prescelto dagli italiani.
Nel nostro piccolo, qui a Tom’s Hardware, abbiamo visto con piacere un forte aumento delle letture delle recensioni nelle rubriche libri, il che ci conforta sul fatto che abbiamo saputo ancora una volta interpretare le esigenze dei lettori e metterci al loro servizio con contenuti adeguati. Personalmente non mi entusiasma apprendere che i romanzi battono i saggi, ma è un problema secondario.
Resta il fatto che gli italiani hanno ripreso un pochino a leggere. Un fatto che mi piace interpretare come una rinnovata esigenza di cultura, dopo gli anni in cui (probabilmente) tanti hanno pensato che leggere fosse un retaggio del passato e che Internet e la TV fossero apporti culturali paragonabili a un libro (non sto esagerando, qualcuno l’ha scritto ingenuamente nei commenti qualche giorno fa!). Gli stessi che oggi potrebbero pensare che la ripresa delle vendite di libri sia un ritorno al passato. Invece no, è un passo avanti notevole che dimostra come la tendenza dell’ultimo decennio abbia alla fine dato i suoi frutti, facendo emergere una fame di cultura causata dagli ingredienti troppo poveri di sostanza assunti finora.
Forse è davvero complice la società globale che ci si sta prefigurando (vedi 1984), e che comprensibilmente mette l’uomo comune davanti a cambiamenti con cui non aveva mai dovuto confrontarsi. Tante certezze date per assodate stanno crollando: giusto per dare qualche macro esempio, abbiamo imparato a convivere con la guerra fredda, abbiamo dato per scontato la protezione degli Stati Uniti e della NATO, siamo entrati in Europa, abbiamo sposato la globalizzazione. Adesso Trump amoreggia con Putin, il Regno Unito si chiama fuori dall’UE, la NATO potrebbe andare a farsi benedire, negli USA il protezionismo sta sgomitando la globalizzazione, le guerre in Medio Oriente arrivano in casa nostra con gli attentati terroristici. Non importa da che parte stiate, o che arrivi il solito allenatore in panchina a dire “ve l’avevo detto”. Quello che importa è che la gente – tanta gente – si sente disorientata.
Ecco che quindi tornano a leggere in massa gli Over60, con un +9,6% rispetto al 2010. Quelli che hanno vissuto più avvenimenti (anche drammatici) dei ventenni di oggi e che – memori delle esperienze passate – sanno che è doveroso cercare di capire “come gira il mondo”.
Però le notizie non sono tutte rose e fiori, perché cala la quota di lettori nella fascia tra i 25 e i 44 anni con un -25,4%. L’AIE punta il dito contro le “trasformazioni demografiche, l’invecchiamento della popolazione, e l’onda lunga della scolarizzazione degli anni Sessanta e Settanta”. Io, da fervente pessimista, temo che sia peggio di così. Temo che chi oggi ha fra 25 e 44 anni non abbia mai assistito ad eventi davvero drammatici, o non se li ricordi (io per esempio c’ero ai tempi dell’omicidio Moro e degli anni di piombo, ma ero troppo piccola per capire che aria si respirasse). Che sia cresciuto in una situazione tutto sommato stabile che non ha stimolato la necessità di capire o il panico di non capire. Questo non è positivo perché, al di là di leggere o non leggere, prefigura una povertà di fondo nella capacità di analizzare quello che accade (tutto, dalla politica alla Scienza) e sfocia nelle analisi spicce sui social o al bar.
Chiudo quindi rallegrandomi per la ripresa delle vendite di libri, ma invitando i 25-44enni a tornare a leggere. Non è un castigo o una vergogna da nascondere sotto al tappeto, è un’opportunità per migliorare. Se poi preferirete un romanzo a un saggio di Feynman me ne farò una ragione, l’importante in questo momento storico a mio modesto parere è l’atteggiamento mentale, proiettato verso la voglia di espandere la propria cultura e di sviluppare una capacità di analisi critica – che non è la capacità di criticare nei forum/social. Sul resto poi ci si lavora.