• 15 Maggio 2024 10:00

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L’infermiera in prima linea nella lotta al Covid: “Non siamo missionari né eroi, ma i nostri sacrifici si dimenticano in fretta”

Giu 1, 2020

Mette da parte ogni falsa modestia, mentre lo dice: “L’abbiamo retta noi la Repubblica”. Sa che è vero, la dottoressa Luisa Venneri, coordinatore infermieristico dell’Emergenza Urgenza degli ospedali San Paolo e Carlo di Milano. E sa che è lecito attendersi ciò che dice subito dopo: “Mi piacerebbe che nelle celebrazioni del 2 giugno tutte le istituzioni ricordassero tutti noi operatori sanitari. Perché è vero che abbiamo fatto il nostro mestiere, che lo abbiamo scelto, che non siamo missionari né eroi. Come è vero che nessuno di noi si è tirato indietro, o ha fatto obiezioni di qualsiasi tipo. Ecco, sarebbe bene che tutti si ricordassero dei nostri sacrifici. Delle conseguenze che stiamo pagando. Della sofferenza che abbiamo dovuto reggere. È qualcosa che ci porteremo dietro per tutta la vita”.

Parla di un duro pressing psicologico e di pesi quotidiani, la dottoressa Venneri: “Tanti colleghi sono in malattia per burn out, solo che il sistema non la riconosce come malattia. I reparti di Psicologia e Psichiatria hanno dato una grande mano a infermiere e infermieri, ma in tanti hanno dovuto assumersi il ruolo che di solito spetta ai parenti, fare da tramite con il loro dolore, e alla fine non hanno retto”. Ma il peso dell’emergenza si riflette anche nel quotidiano, nell’organizzazione pratica dei reparti: “Abbiamo il problema delle vacanze estive. Ricorderà le direttive di marzo, la sospensione delle ferie, e qui nessuno prende un giorno da quattro mesi, ma ora ci sarebbero da pianificare i turni, come succedeva negli anni scorsi a inizio giugno. Solo che nessuno ha ancora sospeso quel divieto. Se lo saranno dimenticato? Di fatto, quattrocento persone non sanno ancora quando andranno in vacanza”. E dio solo sa quanto ne abbiano bisogno.

Ci sono i riconoscimenti ufficiali. Ci sono le parole del presidente Sergio Mattarella, che non sono affatto normali. Non basta, però: “Lo Stato – sospira la dottoressa – dimentica in fretta. Voglio sperare che finalmente si punti a un rilancio della sanità pubblica. Norme, numeri, ruoli. Fondi. Abbiamo il rapporto medici-pazienti più basso d’Europa, siamo in fondo alle classifiche per numero di letti. Se vogliamo far parte dell’Unione, facciamolo a 360 gradi, invece siamo sempre troppo pochi e tirati al massimo. Il colmo è che, quando qualcuno di altolocato si presenta nei nostri reparti, pretende l’eccellenza”. E, a ingratitudine pubblica, comincia a sommarsi quella privata: “Gli irrispettosi, quelli che arrivano in Pronto Soccorso – spiega Venneri – e pretendono, e insultano. Siamo stanchi e fatichiamo adesso a tollerarli. Come non tolleriamo quell’idiota in giacca arancione, che dice che il Covid non esiste. Fa male al cuore. Qualche mio collega comincia a non trattenere la delusione: gli eroi, i balconi, le bandiere, è già finito tutto. Ma solidarietà ne riceviamo ancora. E, sì, speriamo in una Repubblica migliore”.

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