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Le Borse Ue chiudono in rosso nonostante Wall Street, pesano le tensioni geopolitiche

Mar 26, 2018

MILANO – Ore 9:50. I mercati europei aprono nervosi, dopo le vendite di venerdì scorso generate dall’annuncio di Donald Trump di dazi verso la Cina. L’ipotesi di una guerra commerciale globale è lo spauracchio maggiore sui listini in queste settimane: si attende di vedere quale sarà la risposta di Pechino e come si muoverà l’Ue – verso la quale sono state solo temporaneamente sospese le tariffe su acciaio e alluminio – per capire se ci sarà una escalation nei rapporti. Milano gira in calo dello 0,1% dopo un avvio positivo, appesantita dalle banche. In cauto rialzo le altre: Londra aggiunge lo 0,16%, Parigi lo 0,09% e Londra lo 0,07%. I listini asiatici hanno recuperato terreno dopo un avvio difficile. In mattinata la Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dopo una seduta sostanzialmente in rosso, grazie all’indebolimento dello yen contro il dollaro. L’indice Nikkei ha guadagnato lo 0,72% (+148,24 punti) a 20.766,10 e l’indice Topix ha chiuso in rialzo dello 0,38% (+6,38) 1.671,32 punti.

Sui mercati hanno avuto un effetto positivo le parole del Segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, che a Fox News ha detto di essere “cautamente ottimista” sul fatto che Pechino e Washington possano raggiungere un’intesa per evitare che le tariffe siglate da Trump diventino effettive. Per gli osservatori resta complicato anche intuire come eventualmente verranno messe in atto, visto che già intorno a quelle su acciaio e alluminio ci sono state esenzioni non meglio precisate e ulteriori richieste di trattative bilaterali con i partner commerciali. Ragioni per cui tutti gli addetti ai lavori delle sale operative ritengono che la “volatilità” sia la parola chiave sui mercati nelle prossime sedute. La chiusura del trimestre di scambi sarà verosimilmente negativa, ma secondo JPMorgan le condizioni dei mercati azionari Usa sono “buone”. Per la banca d’affari, gli investitori hanno già incassato due condizioni favorevoli sulle quattro necessarie a stabilizzare i mercati: “una inflazione contenuta e una Federal Reserve non troppo falco”. Le altre due sono attese nel secondo trimestre, cioè “dati economici stabili e una attenuazione dello scontro commerciale”.

Lo spread tra i Btp decennali e in Bund pari scadenza è in lieve ampliamento sopra 135 punti base, per un rendimento che resta poco sotto il 2%. Oggi il Tesoro offre in asta Ctz a 24 mesi fino a 3 miliardi di euro e Btp indicizzati all’euro a 5 anni fino a 2,5 miliardi. La prova del nove sarà domani, con 6 miliardi di Bot semestrali: c’è curiosità per capire se il mercato si muoverà dopo gli eventi politici italiani delle ultime ore, con l’elezione dei presidenti delle Camere e l’ipotesi di un governo con M5s e Lega più vicina. L’agenda macroeconomica odierna prevede la bilancia commerciale dall’Istat.

Negli Usa resta poi alta l’attenzione su Facebook, reduce da una perdita del 14% che è costata 58 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato dopo lo scandalo di Cambridge Analytica.

Sul fronte delle materie prime, le tensioni nei cieli mediorientali con un missile yemenita intercettato dalle forze dell’Arabia saudita spingono le quotazioni del petrolio già schizzate in alto venerdì dopo la nomina di John Bolton a consigliere per la sicurezza Usa. I contratti sul greggio Wti con scadenza a maggio guadagnano 67 centesimi a 66,5 dollari al barile; il Brent sale di 60 centesimi oltre i 71 dollari. Intanto la Cina ha lanciato i primi contratti a termine sul greggio: gli scambi su questi contratti, denominati in yuan e accessibili agli investitori stranieri, hanno debuttato allo Shanghai international energy exchange, divisione delle materie prime della Borsa di Shanghai. Parte così la concorrenza a Brent e Wti, mossa soprattutto dal desiderio di accreditare la capacità della Vina di negoziare la propria fattura energetica: Pechino ha superato l’anno scorso gli Usa come primo importatore mondiale di greggio con 420 milioni di tonnellate.

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