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Le banche dividono il governo. Lega: “Se serve, interveniamo”. Ma Di Maio: “Non ci metto un euro degli italiani”

Ott 27, 2018

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MILANO – Il tema delle banche, in questa fase di spread in tensione, torna ad allontanare i due azionisti del governo Conte. Da una parte il viceministro dell’Economia in quota Lega, Massimo Garavaglia, dice chiaramente intervistato da Repubblica che “le banche sono parte del sistema e finanziano le famiglie e soprattutto le imprese” aggiungendo che “ove mai ci fosse una necessità bisogna intervenire in maniera rapida, veloce ed efficace” salvo chiudere: “Speriamo non ce ne sia bisogno”.

Insomma, a fronte di uno spread ormai stabilmente sopra 300 punti base, che depaupera il capitale delle banche che hanno in pancia molti Btp e potrebbe generare a lungo andare anche una stretta al credito, se dovessero insorgere problemi particolari su singoli istituti, la Lega ha una chiara idea interventista. Una linea già dettata dal vicepremier Matteo Salvini: “Abbiamo parlato della situazione economica e delle banche”, ha detto venerdì il leader leghista, al termine del Consiglio federale a Milano, in attesa del giudizio di S&P. “Nessuna banca salterà, quindi se qualcuno pensa di speculare sulla pelle dei risparmiatori e degli italiani, sappia che c’è un governo e c’è un paese pronto a difendere le sue imprese, le sue banche e la sua economia, costi quel che costi”.

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Ma non la pensa ugualmente Luigi Di Maio, che arrivando nella Sicilia orientale per visitare i comuni colpiti dall’alluvione chiarisce: “Siamo vicini alle banche ma non ci metto un euro degli italiani. Ce ne abbiamo già messi troppi in questi anni”. D’altra parte, una fetta rilevante della campagna elettorale del M5s si è giocata sul tema dei dissesti bancari esplosi nel recente passato, che da Banca Etruria in giù hanno coinvolto molti risparmiatori, anche piccoli e inconsapevoli. Non a caso, il Movimento ha chiesto di inserire nella Manovra in via di definizione il ristoro delle “vittime” di quei casi dotandolo di 1,5 miliardi di fondi (attingendo ai conti dormienti) e uno dei primi atti dell’allora premier incaricato Conte fu incontrare le associazioni dei risparmiatori.

Già Garavaglia, nell’intervista in edicola, aveva in qualche modo preso atto dell’indisponibilità dell’alleato di governo a mettere soldi sul mondo del credito, visto che i fondi del salva-banche creato da Padoan sono già impegnati. E allora, un piano B? “Non posso anticipare nulla e ci auguriamo non sia necessario”, ha risposto il viceministro. “L’unica cosa certa è che se serve si fa, velocemente”.

Non di sole banche ha parlato il vicepremier Di Maio, a valle della conferma del rating da parte di S&P: ha confermato gli interventi della Manovra. “Deve essere ben chiara una cosa: questo Governo non arretra, si farà il reddito di cittadinanza, si farà la pensione di cittadinanza, si farà la quota 100 per mandare in pensione le persone”. Dopo aver ribadito che “non usciamo dall’euro”, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle accuse al governatore della Bce, Mario Draghi, di ‘avvelenare il clima’, Di Maio ha chiosato: “Io non ho litigato con Draghi. Ho solo espresso un parere come lui esprime i suoi e credo che questo sia un Paese libero in cui tutti possiamo esprimere la nostra opinione”.

Sull’episodio è intervenuto anche il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia, prendendo le difese del governatore: “Senza senso l’attacco nei suoi confronti, con il Quantitative easing (gli acquisti straordinari di titoli di Stato, ndr) ha salvato l’Italia”. Boccia ha poi criticato la Manovra per la scarsa incisività sul fattore della crescita: “Se tra qualche mese la crescita non arriva e ci sarà anche meno occupazione, il Governo si giocherà una sua credibilità. Non vorrei che si usasse sempre l’alibi delle colpe degli altri”. E ha quindi aggiunto: “Il reddito di cittadinanza è un disincentivo al lavoro e un incentivo a quello nero. Diciamo ai giovani: lavorate in nero il sabato e la domenica e in più prendete 780 euro al mese”.

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