di Alberto Dalla Palma
lunedì 4 dicembre 2017 08:12
ROMA – Eccola qua l’Inter, in testa alla classifica, davanti al Napoli e alla Juve di lunedì mattina, quindi non di passaggio al sabato notte come era già accaduto nelle settimane scorse. Con la manita al Chievo, la squadra nerazzurra ha realizzato il sorpasso che sognava in attesa di confrontarsi con la Signora dei sei scudetti consecutivi: la sconfitta del Napoli, proprio contro Allegri, aveva creato i presupposti di questa grande novità e Spalletti non si è certo fatto scappare l’occasione, nonostante le assenze contemporanee di Miranda, Vecino e Gagliardini. Assenze che ci permettono di sottolineare che la rosa dell’Inter non è affatto corta come sostengono in tanti da fine agosto: diciamo che è una rosa completa per sostenere soltanto il campionato, giocando una partita ogni sette giorni, e la coppa Italia. Ieri contro il Chievo sono scesi in campo Ranocchia (ex nazionale azzurro), Brozovic (titolare della nazionale croata) e Joao Mario (campione d’Europa pagato 40 milioni) e sono rimasti in panchina Eder (nazionale azzurro, seppure in disgrazia), Nagatomo e giovani interessanti come Karamoh e Dalbert: se a Spalletti arriverà qualche regalo anche a gennaio, l’Inter – unica ancora imbattuta- resterà una delle grandi candidate allo scudetto, soprattutto se Icardi continuerà a segnare con questo ritmo (16 gol in 15 partite) e se Perisic (ieri tripletta) e Candreva lo sosterranno con la stessa fantasia e generosità del girone di andata. L’Inter, che non ha fatto acquisti roboanti ma solo intelligenti, non era in testa da sola dal 6 gennaio 2016, quando l’allenatore era Roberto Mancini: da allora troppi capitomboli, troppi allenatori, troppa confusione per imboccare la strada che porta allo scudetto, dove ora l’ha condotta Luciano Spalletti. Dopo aver vinto a Roma contro i giallorossi e pareggiato al San Paolo contro Sarri, arriva il vero esame di maturità: la sfida contro la Juve a Torino, sabato sera. Il testa a testa della verità, anche se il campionato è ancora lungo: quindi occhio all’Inter, che tra febbraio e aprile potrà giocare senza l’assillo e lo stress delle Coppe e questo potrebbe fare la differenza, naturalmente a suo favore.
L’altra faccia di Milano, invece, continua a piangere. Gattuso ci aveva raccontato per tutta la settimana che lui era diverso da Montella eppure non è riuscito a presentare un Milan diverso da quella di Vincenzo. Giusto una mossa, quella di Montolivo al posto di Biglia, poi tutto uguale e il risultato si è visto: ora è la prima squadra che cede un punto al Benevento (applausi ai sanniti, perché non hanno mai mollato) in gol con il suo portiere, Brignoli, già nella storia del campionato. Oltre al consueto “ringhio” e ai suoi recenti proclami, Gattuso dovrà metterci qualcosa di più e di suo, dal punto di vista tattico, per risollevare la squadra e riportarla in una zona di classifica almeno dignitosa. Dopo aver ricordato la splendida vittoria della Fiorentina di Pioli, che comincia ad avvicinarsi all’Europa, applaudiamo un’altra impresa della Lazio, prima squadra che vince contro la Samp a Marassi, dove nessuno aveva fatto punti.
Gigantesca la reazione dopo il gol di Zapata (a proposito: ma chi ha deciso a Napoli di spendere in due anni 40 milioni per Gabbiadini e Pavoletti sostenendo che il colombiano non poteva fare la quarta punta?): Inzaghi con tre inserimenti (Patric, Lukaku e Caicedo) ha capovolto la partita andando a vincere con i guizzi sotto porta di Milinkovic Savic – spaziale nelle sue giocate – e dello stesso Caicedo. E’ questa la vittoria che può cancellare la depressione post derby rilanciando i biancocelesti nella corsa Champions, soprattutto se Immobile dimenticherà la delusione Mondiale. Lo vediamo ancora troppo cupo: ritrovi il sorriso e guardi avanti.