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La fonte della famiglia Orlandi non è anonima (di M. A. Calabrò) – L’HuffPost

Lug 10, 2019

Non è una fonte anonima, non è neppure una lettera anonima quella che ha segnalato la possibile presenza dei resti mortali di Emanuela Orlandi nel Cimitero teutonico all’interno del Vaticano, all’avvocato Laura Sgrò che rappresenta la famiglia della cittadina vaticana scomparsa 36 anni fa.

Ma si tratta di una fonte che l’avvocato ha voluto mantenere coperta dal segreto professionale. Questa circostanza è stata valutata dal Promotore di giustizia vaticano, l’equivalente del nostro Procuratore della Repubblica, professor Milano, come un “indizio aggravato”. Ed è per questo motivo che ha dato l’ordine di riapertura della cosiddetta “tomba dell’Angelo” indicata dal misterioso confidente. In realtà non si aprirà solo una tomba, ma anche quella immediatamente accanto, in base ad alcune valutazioni investigative della Gendarmeria vaticana che ha suggerito a questo punto di procedere anche sulla seconda in modo da completare, al di là di ogni ragionevole dubbio gli accertamenti su questa nuova fase del giallo vaticano. Il disco verde a venire incontro all’istanza della famiglia, presentata marzo, è venuta dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.

C’è chi ha ipotizzato nei giorni scorsi che questo testimone misterioso possa essere Marco Fassoni Accetti, già protagonista del presunto ritrovamento del flauto di Emanuela.

Grande la soddisfazione, in ogni caso, della famiglia Orlandi.

Aprendo queste due tombe il Vaticano ammette la possibilità, tutta da verificare – dice all’AdnKronos il fratello di Emanuela, Pietro – che ci possano essere responsabilità interne. Un cambio di posizione – sottolinea – si ammette una possibilità finora sempre negata. Finalmente dopo 36 anni c’è una collaborazione concreta e giusta che io apprezzo tantissimo”.

Anche se per i risultati definitivi potrebbero passare oltre quattro mesi, cioè si arriverebbe ad autunno inoltrato. E alcuni accertamenti già fatti, come quelli riguardanti i fiori freschi deposti sulla tomba, hanno dimostrato che si trattava di un’opera di pietà con nome e cognome nei confronti di una delle defunte.

Le inumazioni riguarderanno la tomba in cui è sepolta la principessa Sophie von Hohenlohe, morta nel 1836, e quella vicina in cui è sepolta la principessa Carlotta Federica di Meclemburgo, morta nel 1840. C’è stato il nulla osta dei loro discendenti a procedere alla riesumazione.

Il cimitero teutonico in realtà non è territorio vaticano, ma si trova fisicamente in territorio italiano, pur godendo dell’extraterritorialità ed è stato al centro di altre vicende misteriose, quelle della Seconda guerra mondiale, quando presso il Collegio teutonico trovarono rifugio su indicazione di Pio XII migliaia di ebrei messi in salvo dalla cosiddetta “primula rossa” del Vaticano, ricercata da Kappler , (la sua storia era divenuta famosa grazie al film «The Scarlet and the Black» interpretato da Gregory Peck) il sacerdote irlandese padre Hugh OFlaherty.

Saranno presenti anche i familiari di Emanuela, con il loro legale e il loro perito.

Il primo esame delle ossa potrà dare una loro datazione “approssimativa”, secondo Giovanni Arcudi, Professore di Medicina legale all’Universita’ Tor Vergata, incaricato dalla magistratura vaticana di esaminare i reperti e prelevare i campioni per l’esame del DNA. In un’intervista al direttore editoriale dei media vaticani Andrea Tornielli, ha spiegato: “Da questa prima analisi delle ossa possiamo proporre una datazione, certamente approssimativa, ma per i periodi che a noi servono, di 50, 100, 200 anni, la possiamo fare. Possiamo distinguere se e’ un osso di 10 anni o che e’ stato li’ 50 anni o 150 anni. Possiamo fare già la diagnosi di sesso, se le strutture ossee risulteranno tutte ben conservate. Potremmo anche arrivare, dopo questo primo esame, ad escludere l’ipotesi che i resti scheletrici appartengano a persone diverse rispetto a quelle due che sono state sepolte li’”.

Dopo questa prima ricognizione, “l’esame del DNA verrà fatto in ogni caso per raggiungere delle certezze – riferisce ancora il professionista incaricato delle operazioni di rilevamento – e per escludere in maniera definitiva e categorica che nelle due tombe ci sia qualche reperto attribuibile alla povera Emanuela”. “

I tempi di estrazione del DNA – prosegue Arcudi – variano notevolmente, in qualsiasi laboratorio del mondo avvengano, a seconda dello stato di conservazione dei resti scheletrici. Possono variare, possono essere necessari 20 giorni, 30 giorni, e possono essere anche 60 perché talvolta bisogna ripetere l’esame. Tenendo presente che per l’identificazione noi abbiamo bisogno dell’estrazione del DNA ‘nucleare’, che subisce delle degenerazioni, delle variazioni importanti a seguito degli eventi atmosferici. Il Dna mitocondriale possiamo estrarlo più facilmente, ma quello non ci consente di fare analisi di comparazione o di fare il profilo genetico”.

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