Il Teroldogo Rotaliano è un vino DOC prodotto con uve Teroldego nella porzione del Campo Rotaliano ricadente nei comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e nella frazione di Grumo del comune di S. Michele all’Adige, in provincia di Trento. La Doc Teroldego Rotaliano è del 1971. Altre Doc in cui si utilizza il vitigno Teroldego sono Casteller, Trentino e Valdadige.
Il Teroldego Rotaliano può essere nelle tipologie rosso (o Rubino) e rosato (o Kretzer), con le variabili Riserva (invecchiamento minimo di 24 mesi) e Superiore ( tenore alcolico minimo del 12 %)
Il simbolo dell’enologia trentina
Il Teroldego è il vitigno simbolo dell’enologia trentina. E’ una varietà a bacca scura, sensibile alle condizioni pedoclimatiche, ed ha trovato il suo habitat ideale nel Campo Rotaliano, dove dà i suoi frutti migliori; infatti se viene coltivato in altre zone, a parità di condizioni (stesso sistema d’impianto, cure colturali, etc) si ottengono risultati qualitativamente inferiori.
Campo Rotaliano, o Piana Rotaliana, è una pianura alluvionale, triangolare, racchiusa fra le sponde del fiume Adige e quelle del torrente Noce, con al vertice la gola della Rocchetta che dà inizio alla Valle di Non. E’ circondata su tre lati da un alto baluardo di pareti rocciose che la proteggono dai venti freddi. E’ situata nella zona nord del Trentino al confine con l’Alto Adige, a circa 20 km da Trento. Una sorta di giardino del vino, in cui sono coltivati la quasi totalità dei 450 ettari di Teroldego presenti in Trentino. A rendere unico il Campo Rotaliano è la composizione del terreno, formato dai detriti alluvionali del fiume Noce, e la particolare insolazione estiva, data anche dalle grandi pareti rocciose che circondano l’area comportandosi come immensi specchi ustori.
Cesare Battisti, geografo, patriota ed irredentista italiano, definì, agli inizi del Novecento, il Campo Rotaliano come “il più bel giardino vitato d’Europa”.
Citato nelle cronache del Concilio di Trento
Dal punto di vista storico, vi sono ritrovamenti archeologici e documenti storici relativi alla coltivazione della vite ed alla produzione del vino in Trentino a partire dall’età del Bronzo.
L’origine del vitigno Teroldego non è ben chiara: nei decenni scorsi le teorie che andavano per la maggiore lo facevano arrivare in Trentino dalla Valpolicella, dove è conosciuto col nome di Tirodola, oppure dal Tirolo, facendolo derivare dal tedesco Tiroler gold (“oro del Tirolo”): il vino “Tirol de Gold” diventò famoso grazie all’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, grande amante dei vini della Contea del Tirolo, che se li faceva portare a Vienna. Recenti studi anche di carattere genetico dimostrano che il Teroldego è imparentato con Lagrein, Syrah e persino con il Marzemino.
Sembrano invece essere tutti d’accordo sull’origine del nome, che dovrebbe derivare dal toponimo Teroldeghe, località situata nel comune di Mezzolombardo. La più antica citazione sul vino Teroldego risale ad un atto di compravendita del 1480 in cui è descritto un pagamento di “due brente di vino Teroldego”. Ripetute citazioni sul vino Teroldego sono contenute nelle Cronache del Concilio di Trento (1545-1563) scritte da Michelangelo Mariani nel 1673: il Teroldego viene decantato come vino potente e molto apprezzato.
Considerato un vino potente, venne usato a lungo nel secolo scorso come vino da “taglio” per conferire colore e corpo. Cesare Battisti scriveva che “….bastano poche gocce di Teroldego per dare un’impronta caratteristica ad un vino”. Negli anni Cinquanta si è capito quanto fosse riduttivo utilizzare il Teroldego come vino da taglio, e si è assistita ad una rinascita di questo vitigno/vino, con sempre più produttori, soprattutto tra le nuove generazioni, a fare una viticoltura di qualità e non di quantità.
Il Teroldego Rotaliano oggi è un vino solitamente di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei, dai profumi intensi e fruttati, ricco di corpo, asciutto, sapido, leggermente amarognolo.
Di seguito presento due aziende familiari, i cui titolari sono fra i più tenaci sostenitori del Teroldego: De Vescovi Ulzbach e Marco Donati
De Vescovi Ulzbach – Mezzocorona (TN)
Giulio de Vescovi, classe 1977, laureatosi in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Firenze, nel 2003 fonda la sua cantina, ridando vita ad una tradizione di famiglia iniziata nel 1708: la sua prima vinificazione è già del 2003, nell’ottobre del 2005 inizia la commercializzazione del suo vino.
Suo mentore è Roberto Cipresso. Ma andiamo con ordine: la famiglia di Giulio è originaria di Vermiglio, in alta Val di Sole, a poco più di 60 km da Mezzocorona. Fu un suo avo, Vigilio de Vescovi, l’artefice dello spostamento della famiglia a Mezzocorona nella seconda metà del ‘600: Vigilio, dottore in teologia, economo del Principe Vescovo di Trento, Decano atesino, protonotario apostolico e delegato alla Dieta di Innsbruck per il Principe stesso, ricevette dal Principe l’incarico di occuparsi della parrocchia di Mezzacorona: per la famiglia iniziò un periodo di ancora maggiore prosperità, in cui, tra le altre cose, i de Vescovi cominciarono a produrre uve e vini, a partire appunto dal 1708. Alcuni anni dopo la morte del bisnonno di Giulio, siamo nel 1918, nessuno della famiglia si occupa più di fare vino, per cui le uve venivano conferite in cantina sociale. Tutto questo ovviamente fino al 2003.
Giulio dispone di circa 7,5 ettari di vigneto, per una produzione di 60.000 bottiglie, su 4 etichette diverse, 3 di Teroldego ed una di Sauvigon Blanc.
Una caratteristica del suo approccio è fare squadra collaborando con i suoi colleghi per la valorizzazione e la promozione del territorio: cosa più semplice negli ultimi anni anche perchè sono entrati nelle aziende di famiglia diversi giovani con un percorso di studi spesso comune, che li porta a condividere molti valori e progetti. Un esempio di questa mentalità lo vediamo nella sala di degustazione di Giulio, in cui sono esposte anche le bottiglie dei suoi colleghi.
Voglio segnalare altri due progetti che Giulio sta portando avanti con un collega ed amico comune, Andrea Moser, che, dopo un passato da collaboratore di Franz Haas ed una breve esperienza alla Cantina Sociale di Isera, dal 2014 è il “Kellermeister” della Cantina Sociale di Caldaro.
Il primo è Empeiria GA (dal greco esperienza e dalle iniziali di Giulio ed Andrea), dedicato alla realizzazione di due vini, un bianco a base di Incrocio Manzoni, Sauvignon Blanc, Pinot Bianco, Riesling, ed altre uve ancora, delle colline della Val di Non, ed un rosso importante di Merlot della prima collina di San Michele all’Adige, zona calda.
Il secondo è Kron, in cui Giulio ed Andrea coinvolgono altri amici, per produrre due metodi classici, Kron 500 e Kron 900 (il numero indica l’altezza dei vigneti), il primo a base di Pinot Nero, ed il secondo di Pinot Nero e Chardonnay.
Parliamo ora del suo Vigilius.
Teroldego Rotaliano DOC Vigilius 2013
E’ un Teroldego in purezza. Vendemmia manuale in cassette dal 4 al 10 ottobre, vinificazione in tini di rovere aperti per 7-10 giorni, passaggio in piccoli carati di rovere dove svolge naturalmente la malolattica per poi restarci a maturare fino a 18 mesi, prima dell’affinamento finale in bottiglia per almeno 12 mesi. La produzione è di 9.000 bottiglie, con un tenore alcolico del 14 %.
Di colore rubino, così fitto da sembrare impenetrabile, ha un ampio bouquet che gioca tra il frutto sotto spirito e i fiori secchi da un lato, e caffè e spezie quali vaniglia e pepe dall’altro. In bocca è elegante, dinamico, con i tannini ben equilibrati.
Prezzo in enoteca: € 26-30
Marco Donati – Mezzocorona (TN)
E’ una delle più antiche cantine del Trentino, gestita oggi da Marco Donati insieme alla moglie Emanuela e alla figlia Elisabetta, che rappresenta la sesta generazione di vitivinicoltori di famiglia. Tutto iniziò nel 1863, quando Luigi Donati acquistò dai Conti Spaur quello che oggi è Maso Donati, insieme al palazzo del 1400. La torre centrale del palazzo faceva parte delle difese di Mezzocorona. Prima dei Conti Spaur, il Maso era del coppiere dei Conti del Tirolo, fatto che prova come già secoli fa quei vigneti fossero ritenuti di grande valore, ed i vini che se ne ricavavano degni di essere serviti alle tavole di nobili e potenti. L’azienda dispone di circa 26 ettari di vigneti, con una produzione annua intorno alle 100.000 bottiglie, divise su una trentina di etichette. Alcune delle vigne, piantate dal bisnonno Marco, sfiorano i cento anni d’età.
Marco, enologo formatosi all’Istituto Agrario di San Michele, si occupa della cantina e in parte delle vigne, dico in parte perchè è la moglie Emanuela ad occuparsi principalmente dei vigneti, mentre la figlia Elisabetta, laureatasi in Economia Aziendale con una tesi sull’esportazione del vino italiano nel mondo, e successivi stage e corsi di approfondimento sul vino, si occupa principalmente di marketing, comunicazione ed export.
Marco punta molto sul Teroldego, prodotto in tre diverse declinazioni, tra cui il vino di punta dell’azienda, il “Teroldego Sangue di Drago”, ma produce anche dei rossi internazionali, del Lagrein e non ultimo, gli piace “giocare” col Gewürztraminer, fornendone diverse interpretazioni.
L’azienda crede molto nella sostenibilità, in una gestione salubre del vigneto, con una lotta fitosanitaria mirata, senza concimi chimici e pesticidi, usando la “confusione sessuale” contro la tignola, applicando il diradamento dei grappoli per ottenere una migliore qualità. Prima di parlare del Teroldego Bagolari, voglio ricordare che i Donati fanno anche dell’olio, avendo un uliveto nei pressi di Castel Toblino.
Teroldego Rotaliano DOC Bagolari 2014
E’ ottenuto al 100 % da uve Teroldego, prodotto in circa 25.000 bottiglie con una gradazione del 13 %. Vendemmia manuale ad inizio ottobre, vinificazione in acciaio a cui segue un affinamento di 12 mesi in botti di rovere, per 1/3 nuove, 1/3 di secondo passaggio ed 1/3 di terzo passaggio. Viene poi assemblato per un mese in acciaio prima dell’imbottigliamento.
Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino, ai profumi è una passeggiata nel sottobosco, piccoli frutti rossi e neri, mora e ribes soprattutto, ma anche ciliegia e delle delicate note floreali, viola e violetta, con una striatura balsamica. Fresco in bocca, leggermente meno tannico rispetto agli anni precedenti, ma questo è dovuto all’annata, giustamente sapido con una nota amarognola, elegante e di bella beva.
Prezzo in enoteca: € 12 – 14