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Il governo autorizza gli Ogm (ma li chiama Tea)

Mag 31, 2023

Martedì è stato approvato al Senato un emendamento al decreto-legge Siccità, che autorizza la sperimentazione in campo delle vegetali per l’agricoltura ottenute con le cosiddette “tecniche di evoluzione assistita” (Tea). Capisco bene il disorientamento del lettore: cosa sono le tecniche di evoluzione assistita? Il termine, bisogna sapere, è l’ipocrita coperta verbale che serve a nascondere un fatto molto importante: per la prima volta nel nostro paese, la politica, e le associazioni degli agricoltori nelle loro interezza, incluse quelle che alla politica dettano l’agenda, hanno deciso che piante con il genoma modificato, destinate al consumo nostro o a quello dei nostri animali, possono essere almeno studiate in campo, così promuovendo quella stessa ricerca che per decenni è stata condannata e additata come sterco del demonio. Però, proprio in forza di questa demonizzazione, si è dovuto in tutti i modi offuscare la realtà, perché andare a raccontare al pubblico che cambiare il genoma di una varietà agricola utilizzando le moderne biotecnologie per ottenere prodotti migliorati, dopo l’imperante narrazione antiscientifica da tutti promossa contro gli Ogm, non era praticabile; e dunque ci si è inventati una narrativa tutta nuova, adatta sia ad offuscare la realtà, sia a dipingere un netto distacco da quanto si era fin qui condannato.

Dunque, vediamo: innanzitutto, il termine vuoto ma suggestivo, di “tecniche di evoluzione assistita”, tutto teso a suggerire l’amorevole attenzione dell’uomo per il naturale processo di selezione, invece di quell’artificio diabolico che le multinazionali volevano a tutti i costi venderci (e che noi abbiamo comprato dall’estero in quantità spropositate, come nel caso della soia transgenica, ma ipocritamente proibito nei nostri campi). In realtà, le Tea consistono ne più e né meno che nell’editing del genoma delle specie bersaglio, per modificare geni di interesse e introdurre tratti interessanti: invece di far fare l’editing a un virus, selezionando poi i genomi migliori per noi, adesso controlliamo noi stessi il taglio e l’inserzione del nuovo materiale genetico, attraverso le “forbici molecolari” di Crispr. Per intenderci: potremmo ricreare con Crispr un Ogm sin qui proibito, attraverso una procedura tecnica diversa, ottenendo la stessa identica varietà, e chiamarla varietà “Tea” invece di “Ogm”. Se quanto approvato in Senato troverà fino in fondo attuazione, questo Ogm ottenuto con le Tea potremmo piantarlo nei campi sperimentali e vedere come si comporta.

Vi sentite lievemente presi in giro? Avete ragione, ma la cosa non finisce qua. Molti si sono affrettati a scrivere che le “Tea” non comportano l’inserimento di Dna da specie diverse nella pianta ricevente. Ma come con le “Tea” si possono ottenere quelli che fino a ieri chiamavamo Ogm, così è vero che con le tecniche di trasformazione e selezione tipiche di ciò che fino a oggi abbiamo proibito è possibile ottenere le stesse identiche varianti che vogliamo chiamare “Tea”, anche se magari con uno sforzo in più. Ciò che è cambiato è lo strumento, non l’obiettivo e nemmeno il risultato; difatti, nel resto del mondo, a partire dall’Europa, non esistono le “Tea”, che si chiamano invece nuove tecniche genomiche. La verità è una sola: è finalmente caduta una barriera, artificialmente introdotta e basata sulla demonizzazione degli Ogm, che ha bloccato completamente la nostra ricerca, salvo poi aumentare inutilmente e vergognosamente le nostre importazioni di cibo transgenico per la nostra filiera zootecnica (che non può fare a meno degli alimenti ottenuti dalle biotecnologie vegetali) e salvo utilizzare tutti i giorni la trasformazione genetica per ottenere per esempio farmaci o altri prodotti utili dai microorganismi.

Immaginate: è come se per anni ci avessero raccontato che la chirurgia è il male, salvo poi, una volta introdotti i robot in sala operatoria, inventarsi che quella da loro eseguibile fosse qualcosa di diverso, chiamato con termini piacevoli come “riparazione del corpo”, a dispetto del fatto che si tratta di un mero miglioramento tecnico per fare esattamente le stesse cose, purché si sia deciso quali. È questa l’insopportabile ipocrisia che macchia la soddisfazione dei ricercatori per avere avuto dopo decenni riconosciuta la possibilità di fare anche in Italia ciò che nel resto del mondo si fa: con un puro artificio retorico, si è finalmente abbattuta una barriera, ma a costo della ufficiale presa in giro di tutti gli italiani un po’ meno avvertiti della cosa.

Si poteva fare diversamente? Si poteva evitare di sporcare con un’ipocrita menzogna una buona decisione? Certo che sì. Si poteva, per esempio, sostenere con più ragione e meno bugie il fatto che decenni di coltivazione degli Ogm non hanno evidenziato nessuno dei problemi che si temevano; si poteva, cioè, dire che l’evidenza della sicurezza per la salute umana e animale, oltre che per l’ambiente, aveva raggiunto un livello tale, suffragata da una tale montagna di dati, che non vi sono dubbi ragionevoli circa l’utilizzo di certi prodotti (differenziando caso per caso, questo è ovvio). Si poteva persino dire che, alla fine, la suggestione di certi cattivi maestri fosse ormai stata superata, e che l’irragionevolezza di importare migliaia di tonnellate di Ogm e contemporaneamente demonizzarli doveva finire. Ma, più ancora che il governo attuale, sono certe associazioni di categoria e certi movimenti che avrebbero rischiato l’accusa di aver truffato gli italiani; meglio dunque continuare nella fruttuosa strategia dell’imbroglio. E così, benvenuti nei campi, cari Tea; sempre sperando che in realtà il significato non sia quello di “Tecniche per Evitare di Accettare” la realtà.

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