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I listini scivolano con la Bce ferma su tassi e Qe. Risale l’euro

Set 8, 2016

MILANO – Ore 17:15. I listini trattano deboli in scia alle mancate novità dalla Banca centrale europea di Mario Draghi, che oggi è tornata a riunirsi dopo la pausa estiva. L’Eurotower ha aggiornato le stime sulla salute economica del Vecchio continente e mantenuto lo status quo sul Quantitative easing, il programma d’acquisto di titoli da 80 miliardi al mese, confermato fino a marzo 2017. Come da attese, la Bce ha anche lasciato invariati i tassi: quello sulle operazioni di rifinanziamento principali allo 0%, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale allo 0,25% e quello sui depositi al -0,40%.

I mercati europei trattano deboli, dopo che quelli asiatici hanno chiuso in calo dopo quattro giorni positivi. Milano sale dello 0,5% dopo un passaggio in rosso grazie anche a una Mps in buona evidenza. Contrastate le altre Borse Ue: Londra tiene in rialzo dello 0,3%, mentre Francoforte cede lo 0,6% e Parigi lo 0,3%. Wall Street tratta incerta dopo i nuovi record del Nasdaq della vigilia: il Dow Jones cede lo 0,1% come l’S&P 500, mentre il Nasdaq arretra dello 0,2%. Nel complesso, i listini sono in una fase di stallo, in attesa che si ricomponga il puzzle delle Banche centrali chiamate a prendere decisioni importanti: oltre alla Bce, si guarda al possibile rialzo dei tassi Fed e a nuovi stimoli dalla BoJ. L’indice GFSI Market Risk di BofA, che misura l’estensione delle variazioni dei prezzi, è ai minimi da inizio anno.

Tornando a Francoforte, la sensazione diffusa tra gli addetti ai lavori è che la Bce estenderà comunque il Qe entro la fine dell’anno, portandolo oltre la scadenza del prossimo marzo: la decisione potrebbe esser solo rinviata alla riunione di dicembre. “Draghi ha confermato di aver incaricato i propri comitati interni di valutare possibili opzioni di modifica del programma di Qe, alimentando così aspettative di interventi espansivi entro fine anno”, sottolinea Gabriele Minotti del Credem che legge positivamente le minime variazioni apportate alle stime di crescita, simbolo “della capacità dell’economia reale europea di assorbire lo shock di Brexit”. Tra le opzioni di revisione dei meccanismi tecnici, la più quotata è l’aumento dal 33 al 50% del valore di un’emissione che può entrare in portafoglio; potrebbe anche venir meno il limite di rendimento negativo (fissato allo stesso livello del tasso sui depositi) sotto il quale la Bce non può acquistare titoli. Per il momento ha quindi vinto la Germania che tifava per il mantenimento dello status quo. L’euro chiude in rialzo sopra quota 1,12 dollari ma ritracciando dai massimi di seduta (1,1328) toccati dopo la decisione della Bce di lasciare i tassi invariati. A determinare il balzo della moneta unica sono state le aspettative dei mercati, poi disattese dalle parole di Mario Draghi, di un’estensione del Qe oltre marzo 2016: la moneta unica passa di mano a 1,1263 dollari e a 114,58 yen.

I listini scivolano con la Bce ferma su tassi e Qe. Risale l'euro

Il grafico di Bloomberg rappresenta l’indice di Citi sulla “sorpresa” generata dai dati macro sull’Europa. Indica cioè quanto le rilevazioni pubblicate dagli istituti statistici e affini siano “deludenti” o “sorprendenti positivamente” rispetto alle stime degli analisti. In questo periodo, prevale nettamente la delusione.

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Sul tavolo ci sono anche le difficoltà delle banche: l’accentuazione del periodo di tassi negativi gioca contro la loro redditività, come lamentato più volte dal colosso Deutsche Bank, mentre quelle italiane devono completare difficili aumenti di capitale (Mps), rilanciare l’attività e ridefinire le strategie (Unicredit) e in generale affrontare ancora definitivamente il problema dei troppi crediti scaduti. Intanto, nel Belpaese, tiene banco l’ipotesi che Poste (il titolo) entri nella partita per Pioneer, messa in vendita da Unicredit, mentre il collocamento del 30% del capitale potrebbe slittare al 2017.

A livello macroeconomico il superindice Ocse mostra una “crescita stabile” per l’area, gli Usa, il Giappone e l’Area Euro, compresa la Germania. In Francia, invece, dovrebbe “attenuarsi”, mentre per l’Italia si va verso un “più forte indebolimento”. E’ quando emerge dalle indicazioni del superindice di cui a luglio è stata sospesa la diffusione per due mesi per capire gli effetti della Brexit. “Benché rimanga incertezza sulla natura dell’accordo che il Regno Unito concluderà con l’Ue, la volatilità dei dati emersa nelle settimane immediatamente successive al voto sembra essersi ridotta”, spiega l’Ocse, che aggiunge: “Posto che questo rimanga così nei prossimi 6 mesi, dagli indicatori emerge che la crescita della Gran Bretagna dovrebbe continuare a rallentare, prima di stabilizzarsi ad un tasso più basso rispetto allo scorso anno”.

Negli Stati Uniti, intanto, richieste di sussidi alla disoccupazione sono scese di 4.000 unità a quota 259.000 unità, il livello più basso delle ultime sette settimane. Il dato è migliore delle attese degli analisti, che scommettevano su quota 265.000. Lo spread Btp-Bund è in lieve calo: il differenziale tra i titoli di stato decennali italiani e tedeschi si attesta a 118,6 punti con un rendimento dell’1,074% (ieri era a 120 punti con un rendimento dell’1,09%).

In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso negativa sulla scorta dei fiacchi dati sul Pil, cresciuto solo dello 0,7% tendenziale nel secondo trimestre. L’indice Nikkei ha ceduto lo 0,32% a 16.959 punti, il Topix sull’intero listino ha perso lo 0,27% a 1.346 punti. In evidenza Nintendo, con un balzo del 13,2% in seguito all’alleanza con Apple per lo sviluppo di un nuovo videogioco su Super Mario. Dal fronte macro nipponico si segnala anche l’avanzo delle partite correnti in crescita dell’8% a luglio a 1.938,2 miliardi di yen (circa 16,85 miliardi di euro al cambio attuale). In Cina si è invece registrato il primo rialzo in agosto per le importazioni dopo 21 mesi consecutivi di calo: +1,5% su anno, mentre le esportazioni si sono contratte del 2,8% a 190,6 miliardi di dollari.

Rally del petrolio quotato al Nymex, che torna sopra i 47 dollari al barile dopo il dato sulle scorte settimanali pubblicato dal dipartimento all’energia americano. A fare volare i prezzi del Wti è il crollo a sorpresa, e il peggiore in trent’anni, delle scorte settimanali di petrolio (-14,513 milioni di barili, mentre le stime erano per un incremento di 500.000 unità). Il calo delle scorte è stato superiore anche a quanto anticipato dall’American Petroleum Institute, che aveva parlato di un ribasso di 12,1 milioni di barili. Subito dopo la pubblicazione del dato i contratti a ottobre sono balzati del 3,63% a 47,17 dollari al barile, mentre in precedenza si attestavano in aumento 46,20 dollari (ieri il greggio aveva chiuso a 45,50 dollari al barile). Al momento il contratto a ottobre si conferma in aumento: i future acquistano il 3,3%, a 47,01 dollari al barile. L’oro è invece in leggero rialzo in area 1.348 dollari l’oncia.

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