di Antonio Giordano
martedì 25 ottobre 2016 09:16
NAPOLI – «Chi siamo noi?» È l’interrogativo, che attende (ulteriori) risposte, Sarri l’aveva risolto a modo suo, domenica sera, mentre intorno c’erano facce distese ma neanche un filo d’allegria. «Come se i quattordici mesi di bel calcio fossero stati dimenticati: due settimane nere e il passato che viene cancellato». Ma il futuro è ora, in sette giorni da uomini veri, in questa notte un po’ nostalgica in cui c’è l’Empoli e un album di ricordi, in quel week-end che propone il più grande spettacolo emozionale, in quella Istanbul che sembrerà «guerra e pace» (con rispetto parlando), perché certe sere s’intuiscono con anticipo. La settimana «santa» eccola qua…
IL RUOLO. «Chi siamo noi?» se l’è chiesto il San Paolo, forse il Napoli stesso, certo non Sarri, aggrappato al suo calcio, alle proprie certezze, all’Idea di poter uscire dal tunnel con la luce del (bel) giuoco: però ora, tra l’Empoli, la Juventus e il Besiktas, in quest’incrocio in cui c’è tutto – il romantico sentimento e la ferocia competizione – per lasciarsi alle spalle, e definitivamente, quel clima vagamente (?) appesantito dalle sconfitte, torneranno utili le dimostrazioni pratiche finite nel sottoscala, quell’esuberanza accecante di far pressing & forcing tutt’assieme, la naturalezza nel trovare la porta altrui: «Abbiamo fatto bene, e per molto tempo, poi sono bastate tre sconfitte…». L’Atalanta, la Roma, il Besiktas, un Napoli sparito (e succede), o forse appesantito (e può capitare), certo innaturale rispetto ai precedenti, alle sue vibrazioni: poi è arrivata Crotone, che è servito per leggersi dentro, per attaccare, vero, e anche per gestire, dopo lo scatto d’ira di Gabbiadini e di inferiorità.
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