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Genova, bagni “abusivi” il Comune finisce sotto indagine

Lug 19, 2019

Quel sequestro dei Bagni Liggia da parte della magistratura genovese, che poteva essere un caso isolato, è già diventato nazionale. Quantomeno, è il granello di sabbia che inceppa un ingranaggio di enormi proporzioni, considerato che si parla di oltre 11 mila titolari di stabilimenti balneari dislocati su 7500 chilometri di costa italiana: concessionari che in piena estate potrebbero vedersi sequestrare le spiagge; e i sindaci dei Comuni (e non solo loro) indagati, se il Caso-Genova fosse copiato da altri magistrati. Secondo quanto conferma il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio da ieri sulla scrivania del pm Walter Cotugno è aperto un fascicolo per omissioni d’atti di ufficio, e nel mirino vi sono il Comune di Genova, la Capitaneria di Porto e l’Agenzia del Demanio.Le istituzioni che secondo il Tribunale del Riesame non hanno ottemperato ai loro doveri di controllo. Tant’è che i giudici (Roberta Bossi, Massimo Cusatti e Cristina Dagnino) a pagina 3 della sentenza con cui hanno disposto il sequestro dei Bagni Liggia, scrivono: “V’è da chiedersi quale lettura debba essere conferita al comportamento della Autorità amministrative che mostrano di avere tollerato per circa un decennio la consumazione dell’illecito penale in esame ad opera dell’indagato…”.

E già, perché Claudio Galli, il titolare dei Bagni Liggia di Sturla “occupa ininterrottamente sine titulo a far tempo dal primo gennaio 2010 la porzione di demanio già oggetto della concessione rilasciatagli nel 1998…”. Concessione però scaduta il 31 dicembre 2009, “senza che il titolo concessorio fosse stato oggetto di legittime proroghe tacite…”. Va ricordato che la parte amministrativa e gestionale delle concessioni demaniali nel 1999 è stata trasferita dal Demanio ai Comuni. E quel capoverso scritto dal Riesame sulle inadempienze, per la Procura della Repubblica è una denuncia vera a propria, “davanti alla quale non si può far finta di niente”. Tanto che in queste ore il pool ambiente sta valutando chi iscrivere nel registro degli indagati, partendo ovviamente dalle amministrazioni comunali che si sono succedute da 20 anni a questa parte. C’è di più.

Il pm, che ha indagato Galli per occupazione abusiva di arenile demaniale, si richiama alla Bolkestein. La direttiva europea, infatti, obbliga i Paesi membri a rimettere a bando di gara pubblica tutte le concessioni demaniali che si basano sul “diritto di insistenza” risalente agli Anni Venti del secolo scorso. Anche se l’Italia, da una parte, nel 2012, ha abrogato questo principio, dall’altra ha cercato di resistere alle indicazioni dell’Ue ed alle sentenze della Corte di Giustizia Europea che l’ha già messa in procedura di infrazione: nel 2009 con una prima proroga fatta dal Governo Berlusconi, poi nel 2012 una seconda del Governo Monti; infine, nell’estate 2018 il Governo Conte ha concesso un ulteriore slittamento con il decreto “Mille Proroghe”.


Per i magistrati genovesi il diritto dell’Unione Europea prevale sulle leggi di ogni singolo Stato. L’Italia avrebbe dovuto adeguarsi e le amministrazioni controllare le eventuali occupazioni “abusive” di aree demaniali. E però il Riesame scrive: “… Non emergendo traccia in atti dell’avvenuta iscrizione di alcuna notitia criminis relativa al reato di cui all’articolo 323 e 328 del codice penale…”. I giudici si riferiscono all’abuso di ufficio e alle omissioni da parte delle istituzioni che non hanno controllato. Eppoi, richiamano l’articolo 368, l’omessa denuncia “a carico di taluno fra i numerosi pubblici ufficiali che hanno omesso, per circa un decennio… di attivarsi nei confronti dell’odierno indagato (Claudio Galli, ndr) — non è dato sapere se per mera tolleranza, per favorirlo o per semplice inerzia — al fine di intimargli lo sgombero dell’area demaniale…”. Perciò il Tribunale del Riesame rimanda gli atti al pm “perché svolga accertamenti investigativi riguardo la potenziale consumazione di condotte omissive nei confronti dei pubblici ufficiali” da individuarsi presso la Capitaneria di Porto, l’Agenzia del demanio e il Comune di Genova.

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