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Gaia, la Via Lattea come non l’abbiamo vista, ma potrebbe disintegrarsi. E la materia oscura estinse i dinosauri – Il Messaggero

Set 14, 2016
Così, a occhio nudo, anche aguzzando la vista, non si vede proprio bene, ma la nostra galassia “traballa”: il suo piano di rotazione risulta inclinato, tanto che in futuro potrebbe finire in pezzi. Non tanto presto, a ogni modo, non c’è da stare in pensiero: avverrà, eventualmente, tra qualche miliardo di anni.

È una delle primissime osservazioni fatte da Gaia, il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) che sta realizzando la più completa e precisa mappa in 3D della Via Lattea. Una prima parte di dati è stata diffusa pubblicamente oggi e tutta la comunità scientifica mondiale ha dato il via a una vera e propria gara contro il tempo alle pubblicazioni.


Quella che sta realizzando Gaia può essere definita la madrè di tutte le mappe del cielo: «Porterà a una rivoluzione di tutti i settori dell’astronomia che avrà effetti per 50 anni», ha commentato Mario Lattanzi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifico centro di analisi dei dati (Dpac) della missione. «Da questo momento tutti avranno accesso ai dati – ha spiegato Barbara Negri, responsabile dell’Osservazione e Esplorazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) – e nessuno ha avuto la precedenza. Ci aspettiamo pubblicazioni scientifiche di altissimo livello, speriamo anche dall’Italia che ha un ruolo fondamentale nella gestione dei dati che arrivano».


Così il satellite Gaia mappa la Via Lattea

Pubblicati i dati, un enorme catalogo che conterrà la posizione e molte caratteristiche di 1 miliardo di stelle e oggetti che compongono la Via Lattea, dovranno passare settimane (forse pochi giorni) per arrivare ai primi risultati scientifici concreti ma alcune osservazioni sono già emerse. Tra queste la conferma dell’inclinazione pericolosa della nostra galassia, tale da portarla in futuro, miliardi di anni, a sgretolarsi in pezzi. Altro dato importante è la distanza misurata dalle Pleiadi, un ammasso di stelle usate in astronomia come una sorta di metro standard per calcolare le distanze di altre galassie. Dalla precisione di questa misura dipendono tutti i modelli per studiare la velocità di espansione dell’universo e il nuovo dato di Gaia confermerebbe quello misurato da Hubble contrastando invece con la misura fatta dalla missione europea Hipparcos. I dati pubblicati oggi si riferiscono solo al primo anno di attività del satellite, lanciato nel 2013, che saranno integrati a cadenza regolare dalle nuove osservazioni che dovrebbero durare almeno per 5 anni.


Viaggio nel Sistema Solare e attraverso la Via Lattea


«L’analisi inizia oggi, ma un aspetto visibile sin da subito è che il piano della nostra galassia appare “tiltato”, con curvature che lo rendono irregolare», ha detto ancora Mario Lattanzi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifico del centro di analisi dati dei Gaia, il Dpac (Data Processing and Analysis Consortium). «Ciò significa – ha aggiunto – che la Via Lattea cambierà nel tempo e che tra miliardi di anni potrebbe distruggersi».

Al lavoro da quasi 3 anni, Gaia è impegnata a misurare distanza, luminosità e molti altri parametri di circa 1 miliardo di stelle per costruire così la più dettagliata mappa dell’ambiente che circonda il nostro pianeta. «Lo sta facendo con una precisione come mai fino ad ora», ha spiegato Barbara Negri, responsabile Osservazione e Esplorazione dell’Universo di Asi. «Ben tre volte meglio di quanto fatto dalla precedente missione europea Hipparcos», ha precisato Lattanzi. Dopo una lunga attesa, il tempo necessario a verificare la correttezza delle misure e per calibrare gli strumenti, oggi sono stati rilasciati i dati raccolti nel suo primo anno di funzionalità.

Il satellite è stato interamente finanziato da Esa e a realizzarlo è stata una cordata europea di imprese guidata da Airbus Defence and Space a cui ha partecipato anche Leonardo-Finmeccanica, fornendo tra le varie cose anche i sensori necessari al mantenimento della posizione del satellite e gli schermi di protezione dal calore del Sole, Thales Alenia Space (joint venture Thales e Finmeccanica) con specifici sistemi di comunicazione e Telespazio (joint venture tra Leonardo e Thales) per aspetti legati alle operazioni di lancio e controllo missione. L’Italia ha anche un fondamentale ruolo scientifico con oltre 70 ricercatori Inaf e Asi che hanno grande rilevanza nel consorzio di analisi dati da Gaia (Dpac), con i centri Altec a Torino, dove viene raccolta e archiviata l’enorme mole di dati prodotti dal telescopio Gaia, e l’Asi Science Data Center, che gestisce l’analisi dei dati, situato a Roma.


L’estinzione dei dinosauri

Potrebbe essere stata la materia oscura, la sfuggente forma di materia che costituirebbe circa un quarto dell’intero universo, ad aver causato l’estinzione dei dinosauri 65 milioni di anni fa. Ad azzardare l’ipotesi furono nel 2014 due fisici teorici dell’università di Harvard, con uno studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letters e a comprovarla potrebbero essere i dati in arrivo da Gaia, la missione europea progettata per disegnare la mappa in 3D della galassia e rintracciare la presenza di materia oscura. Secondo gli autori, Lisa Randall e Matthew Reece, la Terra e l’intero Sistema Solare passerebbero periodicamente attraverso un denso disco di materia oscura che si trova sul piano di rotazione della Via Lattea. Attraversare lo strato non comporta nessun pericolo diretto per la vita del pianeta ma creerebbe ogni volta uno ‘scompigliò sugli oggetti più piccoli del Sistema Solare, gli asteroidi e le comete che si trovano nella nube di Oort, molto al di là dei pianeti più esterni. Uno degli ultimi passaggi avrebbe deviato l’orbita di una di queste comete che arrivò a scontrarsi con la Terra provocando una delle maggiori estinzioni di massa del pianeta. Per quanto originale e interessante l’ipotesi però non poteva trovare nessuna conferma, perché si conosce ancora troppo poco sulla materia oscura. Ma una mano potrebbe arrivare ora dai dati in arrivo dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Realizzando una mappa di tutto ciò che ci circonda, Gaia potrebbe infatti anche stabilire, in modo indiretto, come e dove si trovi la materia oscura e quindi fornire una prova a favore di quest’ipotesi. «Purtroppo è ancora troppo presto per rispondere – ha spiegato Mario Lattanzi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifico del centro di analisi dei dati (Dpac) in arrivo da Gaia – la mappatura è solo all’inizio e relativa a una porzione troppo piccola di spazio. La risposta potrebbe arrivare solo con i dati in arrivo nel 2018 o 2019».


Il ruolo di Leonardo-Finmeccanica

Il sensore stellare A-STR (Autonomous Star Tracker) di Leonardo permette il controllo di assetto del satellite con la massima accuratezza. Si tratta di una tecnologia dalla comprovata efficacia nel campo del controllo autonomo dei telescopi spaziali, come dimostrato dal suo impiego nella missione ESA Herschel. Leonardo ha inoltre fornito i prismi necessari al telescopio di GAIA, che ha richiesto la progettazione di ottiche di forma sferica di grandi dimensioni. Questi prismi in quarzo purissimo sono utilizzati nello strumento BRPP (Blue and Red Photometer Prism) per la misurazione del colore dei corpi celesti, consentendone la catalogazione e la valutazione di composizione chimica ed età.

Altro importante contributo alla missione è la PCDU (Power Conditioning and Distribution Unit), ovvero l’unità per la regolazione e la distribuzione della potenza del satellite. GAIA viene poi protetta dal calore del sole grazie ai PVA (Photo Voltaic Assembly) di Leonardo, una dozzina di pannelli dispiegabili fino ad una estensione di 10 metri di diametro che hanno il compito di mantenere il telescopio a una temperatura stabile al di sotto dei -100 gradi centigradi producendo nello stesso tempo la potenza necessaria per il funzionamento della satellite. Infine il sottosistema di micropropulsione ad azoto CG MPS (Cold Gas Micro Propulsion Subsystem) viene utilizzato per il controllo dei movimenti del satellite durante le fasi di mappatura stellare e per compensare i disturbi indotti dalla radiazione solare: ha debuttato su GAIA ed è ora in uso su altre missioni come Lisa e Microscope.

Thales Alenia Space (joint venture tra Thales e Leonardo) ha progettato e sviluppato per la missione GAIA il trasponditore in banda X e il modulo di interconnessione del satellite così come l’Unità Distribution Clock (CDU). Il trasponditore in banda X è una componente fondamentale sviluppata da Thales Alenia Space, in grado di ricevere i comandi spediti al satellite dalla stazione di controllo della missione e trasmettere a Terra le telemetrie del satellite, inclusi i dati scientifici.

Thales Alenia Space ha inoltre partecipato allo sviluppo dei moduli d’interconnessione che interfacciano tra di loro presenti sul piano focale del satellite. Un ruolo importante per la missione è svolto inoltre dal Data Processing Center Italiano (DPCT) finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e realizzato a Torino presso il centro ALTEC (joint venture tra Thales Alenia Space Italia al 63,75% e Agenzia Spaziale Italiana al 36,25%), parte del segmento di terra della missione, presso il quale viene archiviata e gestita l’enorme mole di dati raccolti dal satellite GAIA durante la vita operativa, a cui si aggiunge il lavoro del centro ASDC dell’ASI per la gestione e l’analisi dei dati scientifici.

Anche Telespazio (joint venture tra Leonardo e Thales) contribuisce alla missione GAIA. La controllata Telespazio Vega Deutschland ha sviluppato infatti i sistemi di controllo e di pianificazione della missione e fa parte dei team di controllo e delle dinamiche di volo. Inoltre, Telespazio France ha contribuito al pieno successo dell’avvio della missione supportando le operazioni di lancio dal Centro spaziale di Kourou e fornendo servizi di telecomunicazioni, radar e telemetria.

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