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Donald Trump incontra i giganti della tecnologia: pace o tregua armata? [FOTO E VIDEO] – International Business Times Italia

Dic 15, 2016

Uno dei più importanti vertici nella storia dell’imprenditorialità in ambito tech è andato in scena nelle scorse ore nella Trump Tower, con i dirigenti delle più importanti aziende del settore che si sono seduti intorno ad un tavolo con il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. Il meeting, come vi abbiamo raccontato ieri, era particolarmente rilevante sia per le persone presenti sia (seppure in misura minore) per quelle assenti.

Di fatto, arrivare a sedersi a quel tavolo è una conferma dell’enorme importanza raggiunta dalla propria azienda. Ovviamente, per la maggior parte dei presenti questa conferma era assolutamente superflua, ma in determinati casi può risultare utile anche il ribadire l’ovvio. Questi sono stati i partecipanti al meeting:

L’incontro si presentava certamente molto interessante, dal momento che Trump in passato era stato critico con alcune di queste aziende (Apple in primis) e si era scontrato apertamente, significativamente ed a più riprese con uno dei pezzi più grossi che ieri si sono seduti intorno ad un tavolo: Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon. Tra insinuazioni di magheggi fiscali, esclusione dai comizi del candidato repubblicano del Washington Post (il giornale acquistato da Bezos nel 2013) ed accuse di scarsa democraticità, il duello fra i due è andato avanti per un po’.

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Ad ogni modo, se combattere contro il il 16° uomo più ricco del mondo può dare qualche risultato in campagna elettorale, farlo come presidente risulta essere controproducente. La stessa cosa, a parti invertite, deve essere stata pensata da Bezos, che si è detto molto soddisfatto dell’esito dei colloqui con Trump.

amazon bezos page google trumpBezos ha la faccia di chi non è particolarmente felice di sedere a quel tavolo con Trump, ma dopo l’incontro si è espresso in termini favorevoli sul presidente eletto REUTERS/Shannon Stapleton

“Trovo che l’incontro di oggi con il presidente eletto, il suo team di transizione ed i leader del settore tecnologico sia stato molto produttivo”, ha spiegato il numero 1 di Amazon. “Ho condiviso la visione secondo la quale questa amministrazione dovrebbe rendere l’innovazione uno dei suoi pilastri fondanti, il che creerebbe un grande numero di posti di lavoro nell’intero paese, in tutti i settori, non soltanto in campo tecnologico ma anche nell’agricoltura, nelle infrastrutture, nella manifattura, ovunque”.

L’eventuale imbarazzo tra Bezos e Trump non sarà stato comunque un’eccezione nel meeting: Elon Musk, CEO di Tesla Motors e SpaceX, a pochi giorni dalle elezioni aveva spiegato come a suo parere l’allora candidato non fosse “il tipo giusto” per fare il presidente, perché “sembra non avere il tipo di carattere” necessario a svolgere al meglio il lavoro. Da parte sua, il prossimo inquilino della Casa Bianca non sembra aver serbato rancore: in base a quanto trapelato dal team di transizione, insieme a Tim Cook di Apple, Musk è stato l’unico ad aver avuto anche un colloquio privato con il 45° Presidente.

Il presidente USA Barack Obama in compagnia del CEO di SpaceX Elon MuskIl CEO di SpaceX, Elon Musk, in compagnia del presidente USA, Barack Obama NASA

Dunque, di cosa si è parlato al tavolo di questa sala-riunioni ad uno dei piani più alti della Trump Tower a New York? Nel suo discorso introduttivo, il neo-presidente ha per prima cosa tessuto le lodi di Peter Thiel: il co-fondatore di PayPal e membro del cda di Facebook è stato uno dei pochissimi imprenditori tech ad esporsi a favore di Trump in campagna elettorale ed è la vera mente dietro al meeting.

Trump ha apertamente lodato Thiel per “le centinaia di telefonate fatte” per organizzare l’incontro, spiegando come sia stato lui in alcuni casi a ritenere che determinate compagnie fossero “troppo piccole” per sedersi a quel tavolo. Tenete bene a mente questo passaggio, ci torneremo.

L’ex-presentatore di The Apprentice si è anche detto onorato della presenza di due pezzi grossi della finanza mondiale che dovrebbero far parte del suo staff (e che gli stanno attirando non poche critiche): il presidente e COO di Goldman Sachs, Gary Cohn (prossimo direttore dello United States National Economic Council), e Wilbur Ross, ex-banchiere esperto in ristrutturazioni di aziende, che sarà il prossimo Segretario al Commercio.

Inoltre, il presidente eletto ha fatto riferimento al “bounce”, ossia il rimbalzo positivo che molte azioni hanno avuto a Wall Street in seguito alla sua elezione, anche se la cosa (probabilmente proprio a causa di certi precedenti burrascosi) ha avuto un effetto decisamente più debole sui titoli tecnologici: “Sono molto onorato per il rimbalzo, ne stanno parlando tutti”, ha detto Trump. “Quindi a tutti in questa stanza devo piacere almeno un po’. Proveremo a far continuare questo rimbalzo”.

In generale, tutto ciò che è uscito dalla bocca di Trump ha riguardato l’elogio del settore tech degli Stati Uniti, il suo ruolo fondamentale nel sistema economico del paese, nonché la sua totale disponibilità nei confronti dei presenti. Qui sotto trovate riportati i passaggi più importanti del discorso del presidente eletto.

La cosa forse più importante: vogliamo che continuiate con questa incredibile innovazione. Non c’è nessuno come voi al mondo. Al mondo! Non c’è nessuno come le persone in questa stanza. Qualsiasi cosa potremo fare per far continuare questo lo faremo, saremo qui per voi. Potrete chiamare il mio staff, potrete chiamare me: non fa alcuna differenza, non abbiamo alcuna catena di comando formale da queste parti.

Sono onorato di avere Gary, il presidente di Goldman Sachs, [o meglio] ha lasciato Goldman Sachs per fare questo, e Wilbur. Tutti conoscono Wilbur. A Wall Street, nessuno lo chiama mai Wilbur Ross, dicono semplicemente: “Oh, c’è Wilbur”. E non c’è nessuno come lui. Faremo buoni accordi commerciali: vi renderemo molto più facile commerciare attraverso i confini. E se doveste avere qualche idea al riguardo, sarebbe un’ottima cosa. Perché ci sono molte restrizioni sui confini e molti problemi coi confini. Voi probabilmente avete meno problemi di alcune aziende, che hanno grosse difficoltà. Ma risolveremo questi problemi.

Tutto perfetto, quindi? Non proprio: l’impressione è che la polvere sia stata messa sotto il tappeto anziché essere spazzata via: se questa riunione sia stata l’occasione per sancire una pace o una tregua armatafra Trump e la Silicon Valley lo scopriremo col tempo. Alcuni analisti si sono mostrati ottimisti in merito, altri hanno parlato di una semplice “photo op”, ossia di una possibilità per Trump di stare nella stessa foto con i dirigenti tech e mostrarsi vicino alle loro richieste.

Al di là di quella che sarà l’ovvia difficoltà del passare dalle parole ai fatti, è impossibile non notare la lista degli assenti, che comprende gente come Reed Hastings, CEO di Netflix, e Meg Whitman, CEO di Hewlett-Packard e presidentessa di HP Inc. La cosa non è però sorprendente, considerando che all’inizio di quest’anno la Whitman aveva definito Trump “inadatto” a fare il presidente e successivamente lo aveva paragonato a Hitler e Mussolini.

Twitter logo al NYSEIl logo di Twitter al New York Stock Exchange REUTERS/Brendan McDermid

Tra gli altri, la lista include il CEO e co-fondatore di Twitter, Jack Dorsey. Il che è piuttosto singolare, specie considerando come Trump sia un affezionato ed attivissimo utente del social network dell’uccellino. Fonti dello staff del presidente eletto interpellate da Business Insider hanno spiegato come i motivi dell’assenza fossero piuttosto semplici: “Non c’erano perché non sono grandi abbastanza”.

Con tutto il dovuto rispetto: difficile crederci. In primo luogo, nel mondo tech Twitter, al netto di licenziamenti e difficoltà nell’incrementare gli introiti, ha una rilevanza che va ben oltre il fatturato ed il numero di iscritti (che comunque sono decisamente rispettabili). Inoltre, seppure meno di colossi come Facebook o Google, l’azienda di San Francisco è difficilmente considerabile “piccola”.

Nel 2015, Airbnb (il CEO Brian Chesky era stato invitato ma si trova all’estero) ha fatturato circa 900 milioni di dollari; Palantir Technologies, che si trovava a quel tavolo, ha incassato 1,7 miliardi. Nello stesso periodo Twitter ha fatturato 2,2 miliardi.

Lo stesso discorso vale anche se il parametro preso in considerazione è la capitalizzazione di mercato: per quanto con i suoi 13,85 miliardi di dollari Twitter sia molto più piccola di Google ed Apple, gioca comunque nello stesso campionato di Palantir Technologies, valutata in circa 12 miliardi.

Del resto, se il requisito preso in considerazione per la ditribuzione degli inviti è la capitalizzazione di mercato, dov’è Qualcomm (99 miliardi)? Dov’è Texas Instruments (72 miliardi)? Dov’è Broadcom (70 miliardi)? Dov’è Adobe (52 miliardi)? Dov’è Nvidia (52 miliardi)? La lista potrebbe continuare, ma il concetto è probabilmente chiaro anche così: la scusa del “non grande abbastanza”, semplicemente, non regge.

La vera ragione, secondo un report di Politico, potrebbe essere un’altra: l’esclusione potrebbe infatti essere la risposta di Trump al rifiuto di Twitter di creare un’emoji da abbinare all’hashtag #CrookedHillary (“Hillary la corrotta”) nel corso della campagna elettorale.

Jack DorseyJack Dorsey ha co-fondato Twitter. È tornato come amministratore delegato a luglio 2015. Reuters

Lo staff dell’allora candidato, secondo quanto riportato su Medium da Gary Coby, responsabile per la pubblicità digitale della campagna, aveva siglato ad agosto un accordo da 5 milioni di dollari con Twitter che prevedeva della pubblicità ed alcuni servizi accessori, tra i quali la creazione di emoji personalizzate.

Lo scontro fra le parti si è verificato proprio su quest’ultimo aspetto, ossia quando Twitter si è opposta alla creazione dell’emoji: dei sacchi di denaro che sarebbero stati dati via o rubati. A quanto pare fu lo stesso Dorsey ad opporsi all’operazione e la cosa, ovviamente, non fu presa particolarmente bene dai collaboratori del presidente eletto.

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“Gli abbiamo detto che erano str**zate e che quello che stavano facendo con una piattaforma pubblica era incredibilmente avventato e pericoloso”, ha scritto Coby. “Abbiamo detto chiaramente che quella era un’azione politica e che dirci il contrario era semplicemente un insulto”.

Staremo a vedere quali saranno gli sviluppi da questo punto di vista: Dorsey potrebbe prendere esempio da Bezos e decidere che una stretta di mano è più produttiva del mandarsi a quel paese; oppure potrebbe decidere di tenere il punto e continuare nella sua ostilità verso Trump, e chissà quanto saranno contenti di questo gli azionisti.

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