• 26 Aprile 2024 16:55

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Dazi, Trump firma la legge per acciaio e alluminio: “Proteggo i lavoratori americani”

Mar 9, 2018

NEW YORK – “Proteggo i lavoratori americani, proteggo la sicurezza nazionale”: così Donald Trump ha confermato la nuova tappa della sua offensiva protezionista. I settori da difendere stavolta sono l’acciaio e l’alluminio, il presidente ha firmato il decreto che infligge sulle importazioni dall’estero un dazio doganale del 25% per il primo, del 10% per il secondo. Sceglie di usare l’articolo di legge 232 che si riferisce appunto alla sicurezza nazionale. La giustificazione: quei due metalli vengono usati in molte produzioni di armamenti (aerei militari, navi da guerra, carriarmati e missili), l’America sarebbe vicina a perdere l’autosufficienza, Trump non vuole trovarsi in una situazione in cui la produzione di materiale bellico verrebbe a dipendere da importazioni straniere.

“Sono in disaccordo con questa azione – afferma in una nota lo speaker della Camera, Paul Ryan – e temo le sue non volute conseguenze. Continueremo a sollecitare l’amministrazione affinché questa politica si concenti su quei paesi e quelle pratiche che violano le leggi commerciali”.

Fin da ieri sera il consigliere di Trump per il commercio estero, Peter Navarro, aveva anticipato in un’intervista alla Fox News le due eccezioni temporanee di Canada e Messico, inizialmente esentati da questi dazi pur essendo ambedue grossi esportatori di acciaio negli Usa. La motivazione: quei paesi sono “amici e alleati”, ma soprattutto è in corso con loro il negoziato per la revisione del trattato Nafta che regola il mercato unico nordamericano.

Dunque Trump vuole usare la minaccia dei dazi come strumento di pressione a quel tavolo negoziale. Almeno per adesso, i produttori canadesi e messicani di acciaio e alluminio sono esentati dalla tassa doganale. Agli altri concede 15 giorni di tempo per trovare soluzioni alternative, esaminando i loro comportamenti non solo sul piano commerciale ma in parte anche su quello militare. L’obiettivo futuro è la “reciprocità di tassazione”, avvisa il presidente, che intanto invita le aziende straniere a produrre negli Usa.

Per quanto riguarda l’Europa, anche qui c’è un’offerta di flessibilità da parte della Casa Bianca, ma più vaga e problematica. Di nuovo entra in ballo la sicurezza nazionale. Quei Paesi con cui ci sono alleanze (è il caso della Nato) vengono invitati a offrire a Washington delle opzioni alternative ai dazi, fermo restando che va tutelata la produzione nazionale, l’occupazione, l’autosufficienza a fini di difesa. Non è chiaro se la Casa Bianca voglia invitare ogni singolo governo europeo ad aprire un tavolo di negoziato bilaterale. Sarebbe impossibile visto che per gli Stati membri dell’Unione europea i negoziati commerciali sono di competenza di Bruxelles.

Intanto il Commissario europeo per il Commercio, Cecilia Malmstrom, si esprime su Twitter: “L’Ue è uno stretto alleato degli Stati Uniti e continuiamo a essere del parere che l’Ue debba essere esclusa da queste misure”, scrive in un post; “cercherò maggiore chiarezza su questo tema nei giorni a venire. Ne discuterò con il rappresentante Usa per il commercio Robert Lighthizer, che incontrerò sabato a Bruxelles”. Anche il Giappone ha chiesto di essere esentato, mentre dure reazioni ai dazi sono arrivate da Pechino (“serio attacco a commercio mondiale”) e da Londra (“modo sbagliato di affrontare il problema”) e la Corea del Sud ha ipotizzato il ricorso al Wto nel caso non ottenga l’esenzione.

Sul protezionismo nelle ultime 24 ore c’era stata una profonda spaccatura in seno al partito del presidente. Tra i segnali, la rivolta interna di 100 parlamentari repubblicani, e la dimissione del capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, l’ex presidente di Goldman Sachs Gary Cohn. Trump ha liquidato la partenza di Cohn bollandolo come “un globalista”, eepiteto nel quale alcuni hanno voluto vedere una punta di anti-semitismo. La Cina paradossalmente non è tra i paesi più colpiti dalle ultime misure perché gran parte del suo export di metalli va verso altre destinazioni, asiatiche ed europee. Era stata comunque il primo bersaglio, quando a gennaio Trump varò dazi sui pannelli solari made in China. Ieri Trump ha detto che dalla Cina vuole un piano di riduzione del deficit bilaterale che elimini 100 miliardi all’anno.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close