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«C’è mancanza di allarme sociale»: così la Mafia cresce al Nord

Lug 20, 2019

«Anestetizzata la coscienza collettiva»

Eppure da anni e anni si racconta la nuova diffusione della criminalità organizzata: infiltrata nei mercati, insinuata nella pubblica amministrazione, contaminata con la politica. Molto peggio, per certi versi, rispetto al tempo di omicidi e attentati: cruenti e terribili, certo, ma in grado di scatenare forze di reazione estese, profonde, convinte. Oggi, ammettono i tecnici guidati dal direttore della Dia Giuseppe Governale, c’è «una mancanza di allarme sociale». Non solo «ha favorito lo sviluppo al Nord” della strategia criminale organizzata. Ma persino “sembra aver anestetizzato la coscienza collettiva rispetto alla pervicacia delle mafie interessate dal Meridione a trapiantare proprie succursali nelle aree più ricche del Paese».

Sciascia, 1961: «Tutta l’Italia va diventando la Sicilia»

Un altro fattore fondamentale di sviluppo della Mafia al Nord sta «nell’arretratezza e il disagio sociale in molte aree del Sud» perché secondo la Dia «rigenera» i clan e gli consente di «gemmare “cellule” da rilanciare fuori dalla Sicilia, Campania, Campania». Per questo «affrontare la “questione meridionale” significa tranciare queste metastasi». Lo scenario, ricorda la relazione, fu raccontato già nel 1961 da Leonardo Sciascia. Il passaggio è ne “Il giorno della civetta”: «Forse tutta l’Italia va diventando la Sicilia. Gli scienziati dicono che la linea della palma, il clima propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno. Questa linea della palma, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma».

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