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Cannonau e Bovale: la Sardegna nel bicchiere

Lug 25, 2016
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La storia del vino in Sardegna ha come unità di misura i millenni: già in epoca nuragica, 1.800 a.C., si coltivava la vite e si faceva vino nell’isola. Nel corso dei secoli molte sono state le influenze, in termini di tecniche enologiche ma anche, e soprattutto, di introduzione di nuovi vitigni, da parte dei Fenici prima e dei Romani poi. Importante, dopo la fine dell’Impero Romano, fu il ruolo dei monaci bizantini, che rilanciarono la viticoltura piantando molti vigneti vicino ai monasteri. Da non trascurare poi il contributo degli Spagnoli (dominazione della Sardegna dal 1479 al 1713). Nel 1720 la Sardegna passa ai Savoia, nasce il Regno di Sardegna e i grandi legami così nati col Piemonte favoriscono lo sviluppo della viticoltura, facendo conoscere i vini sardi anche nel mondo.

Come in tutta Europa la fillossera, tra fine Ottocento ed inizio Novecento, porta danni indescrivibili: sull’isola la ricostruzione è molto lenta. L’apice, soprattutto in termini quantitativi, si raggiunge negli anni Settanta, 3.000.000 di ettolitri, di cui però quasi la metà da taglio. Il settore entra poi in crisi, arrivano gli incentivi comunitari all’espianto, la quantità produttiva diminuisce drasticamente – 638.000 ettolitri nel 2013 – ma aumenta, soprattutto negli ultimi anni, in modo esponenziale la qualità.

I vitigni sono prevalentemente tradizionali, anche se negli ultimi anni i vitigni internazionali stanno ricavandosi uno spazio nel panorama vitivinicolo dell’isola. Le uve a bacca nera costituiscono circa il 71 % del vigneto Sardegna: in ordine d’importanza troviamo il Cannonau, vero simbolo dell’isola, il Carignano, il Monica, il Bovale Sardo (detto anche Muristellu) e il Bovale di Spagna, il Girò ed il Cagnulari. Passiamo alle uve a bacca bianca. Il vitigno più noto, diffuso ed importante è il Vermentino, seguito dal Naragus, e poi via via il Torbato, la Vernaccia di Oristano, la Malvasia di Sardegna, il Moscato ed il Nasco.

Caratteristica comune a questi vitigni, dovuta ad un certo isolamento avuto nei secoli dall’isola, è la loro peculiarità rispetto a vitigni affini geneticamente, ma posti in altri paesi – penso ad esempio al Cannonau, affine al Grenache, al Vermentino ed alla Malvasia, o addirittura alla loro unicità, come accade, sempre fare alcuni esempi, al Nuragus o al Nasco.

Di seguito presento 2 produttori parlando rispettivamente di Cannonau e Bovale

Giuseppe Gabbas – Nuoro (NU)

Giuseppe è un simpatico pensionato che ormai da tanti anni si dedica al vino, dapprima come dopolavoro ma da parecchi anni praticamente a tempo pieno. In famiglia, pur non essendo agricoltori, un po’ di vigna c’era da sempre, per diletto ed autoconsumo. Nel 1974 Giuseppe decide di impiantare nuovi vigneti per un totale di 11 ettari, prevalentemente Cannonau, conferendo le uve prodotte e facendo in parte vino sfuso. Giuseppe mi racconta “…frequentavo la campagna per motivi soprattutto venatori, e spesso le nostre battute di caccia si concludevano con lauti banchetti accompagnati da grandi bevute: mi piaceva l’idea di bere con gli amici il mio vino. Si, credo proprio che questo sia stato uno dei motivi che mi ha spinto a fare vino!”

Nel 1993 esce la prima bottiglia, e da diversi anni ormai non si vende più vino sfuso nè si conferiscono le uve. Oggi gli ettari vitati sono 14, per una produzione di circa 70.000 bottiglie, divise tra 5 etichette diverse, di cui 3 di Cannonau. L’enologo è Lorenzo Landi. Per ora tra i suoi familiari solo il nipote Francesco si è appassionato al mondo del vino e gli dà una mano, anche se a Giuseppe piace raccontare degli assaggi alla cieca dei vini, suoi e di altri, che faceva fare a sua madre, laureata in chimica ma soprattutto palato raffinatissimo, capace di cogliere sfumature e differenze che sfuggivano anche a lui. Ho assaggiato il suo Cannonau Arbòre.

Cannonau di Sardegna Classico DOC Arbòre 2012

Come scritto prima, il Cannonau è il vitigno simbolo della Sardegna, non a caso è coltivato in tutte le aree vinicole dell’isola. Affine geneticamente al Grenache, non ne è del tutto chiara l’origine: per alcuni è presente fin dall’età nuragica, per altri è stato portato dagli spagnoli. La produzione è di circa 4.000 bottiglie, con un tenore alcolico del 14%. Sarà in commercio dal prossimo novembre.

E’ ottenuto con un uvaggio di Cannonau al 95 % e di Bovale Sardo al 5 %. La vendemmia, manuale in cassetta, è tra fine settembre ed inizio ottobre. La vinificazione è in acciaio, con macerazione lunga, circa 1 mese. Affina per 12-18 mesi in barrique, parte di 1° e parte di 2° passaggio, e per 8-12 mesi in bottiglia. Nel bicchiere è di colore rubino impenetrabile, con alcuni riflessi granata. Ampi ed intensi i profumi, innanzitutto frutta matura, come mirtillo, ribes e prugna scura. Piace molto il mirto ma anche le note balsamiche, l’eucalipto, le piante officinali, il rabarbaro e il tamarindo, a cui si aggiungono pepe nero e vaniglia. In bocca è morbido, elegante, avvolgente, con tannini già armoniosi ma sicuramente destinati a raffinarsi nei molti anni che questo vino ha davanti a sè. Finale persistente in cui si riconoscono frutta e spezie dolci.

Prezzo in enoteca: 18-20 €

Cantine Su’entu – Sanluri (VS)

La cantina Su’entu, fondata nel 2010, è l’idea ed il sogno realizzato di Salvatore Pilloni: valorizzare quei terreni collinari, ricchi di storia e tradizioni, che ogni giorno quasi lo rapivano.

Siamo nella Marnilla, territorio antico, ricco di insediamenti preistorici. La cantina si trova a pochi chilometri da Sanluri, il cui toponimo deriva da logu de lori – il posto del grano – proprio per indicarne l’antica tradizione agricola.

L’azienda Su’entu si sviluppa per 50 ettari di superficie, di cui 32 coltivati a vite: la produzione annua è di circa 70.000 bottiglie. L’enologo è Piero Cella. La zona, prevalentemente collinare, vanta una lunga tradizione vinicola. I vitigni coltivati sono: Cannonau, Merlot, Bovale, Monica, Sirah e Cagnulari – a bacca scura – e Vermentino, Falanghina e Chardonnay a bacca chiara.

Su’entu non è solo una cantina, ma è un progetto più ampio, di tutela, conoscenza e comunicazione del territorio, con tutta la famiglia Pilloni impegnata a sviluppare la parte accoglienza, a dedicare energie alla tutela e valorizzazione del patrimonio storico grazie al progetto di recupero del nuraghe presente nei terreni aziendali.

Marmilla Bovale IGT 2015

Col termine “Bovale” si individuano due vitigni, il Bovale Sardo e il Bovale di Spagna detto anche Bovale Grande, che si ritiene siano entrambi giunti in Sardegna dalla penisola iberica intorno al 1300. Le ultime ricerche, anche di carattere genetico, confermano la sostanziale diversità varietale tra i due Bovali.

In questo caso abbiamo un Bovale Sardo con un 5 % di Merlot in purezza, con raccolta manuale delle uve in cassetta nella seconda metà di settembre. Vinificazione in acciaio ed affinamento in legno prima di passare in bottiglia. Produzione di circa 12.000 bottiglie con un tenore alcolico del 15 %.

Molto bello il colore rosso rubino, intenso, con vivaci riflessi violacei. Evidenti i sentori fruttati, un po’ confettura ed un po sotto spirito, frutta di bosco, ribes soprattutto, e mirto. Molte i profumi speziati, dal pepe ai chiodi di garofano, dalle bacche di ginepro al tabacco dolce. Interessanti le note ferrose. In bocca è morbido ed equilibrato, sapori fruttati, una buona spalla acida e tannini coordinati.

Prezzo in enoteca: 17-19 €

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