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Boom del bagarinaggio online: ma è legale?

Ott 22, 2016

Banner Tom's LegalBanner Tom's LegalIntroduzione

Nei giorni scorsi ha fatto molto discutere la vendita dei biglietti per la tappa milanese del tour dei Coldplay. In particolare, a destare clamore sono state le modalità con cui è avvenuta la vendita dei titoli d’ingresso: dopo soli venti minuti dall’inizio della prevendita nel sito ticketone.it (unico rivenditore autorizzato in Italia), sono andati esauriti, lasciando a mani vuote migliaia di fan.

Da qui sono sorti i primi dubbi in merito alle pratiche di acquisto adottate, specie in considerazione del fatto che, già dopo pochi minuti dall’apertura della prevendita, gli stessi biglietti si trovavano in vendita su siti web di secondary ticketing, evoluzione dei vecchi bagarini. Dubbi che hanno richiamato l’attenzione anche dell’autorità Antitrust.

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In molti vi sarete chiesti se la pratica di acquisto e successiva rivendita dei titoli d’ingresso attraverso canali secondari a prezzi maggiorati sia o meno lecita e se vi siano conseguenze sotto il profilo legale. Nei paragrafi che seguono cercherò di fornire un quadro semplice e chiaro di tale fenomeno.

Bagarinaggio 2.0: attività lecita o no?

Quante volte negli ultimi giorni avete sentito nominare la parola secondary ticketing? Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

È una pratica che in molti hanno definito come l’evoluzione informatica del più classico bagarinaggio e consiste nell’acquistare biglietti di ingresso per concerti e manifestazioni dai rivenditori autorizzati per poi rivenderli online a prezzi di gran lunga superiori. Il guadagno sta proprio nella differenza tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita.

Tale attività, a prima vista, non sembrerebbe illecita. Tuttavia, bisogna prestare particolare attenzione al soggetto che la pone in essere: infatti, un conto è il caso del singolo utente che acquista qualche biglietto in più e poi lo rivende per recuperare il costo sostenuto; un altro sono invece le società che impiegano tale sistema per svolgere vera e propria attività di natura commerciale, con il rischio di alterare il mercato a danno degli consumatori finali.

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Coldplay

Il singolo utente infatti non può condizionare i prezzi al pubblico (data la sua limitata capacità d’acquisto), ma le società che comprano migliaia di biglietti possono farlo. Queste, infatti, agiscono mediante l’impiego di appositi software denominati bot. Si trovano sul web a cifre relativamente basse (si parte infatti da soli 950 dollari), e una volta configurati sono in grado di eseguire operazioni di acquisto su un numero prestabilito di biglietti in una determinata fascia oraria. Tali software riescono ad aggirare il sistema di sicurezza predisposto dai rivenditori ufficiali, eludendo i captcha attraverso il collegamento a server proxy che generano degli indirizzi IP multipli (Ticketone, ad esempio, pone solitamente un limite numerico di acquisto per ogni indirizzo IP). In tal modo, al sistema figurano tanti singoli acquisti di più utenti, quando in realtà l’acquirente è uno solo.

A questo punto, di regola, le società si rivolgono a piattaforme di marketplace per rivendere i biglietti, a prezzi anche molto superiore a quello originario. Così facendo, i fan devono sostenere spese elevatissime.

Cosa prevede Ticketone

Il principale sito web per la rivendita autorizzata di titoli di ingresso per eventi, nelle Condizioni Generali di Contratto all’art. 18, prevede che:

I Titoli di ingresso non possono essere rivenduti a titolo oneroso nell’ambito dello svolgimento professionale di attività commerciale ancorchè non organizzata sotto forma di impresa senza il consenso espresso dell’Organizzatore e comunque nel caso in cui l’organizzatore ne vieti specificamente il trasferimento di titolarità in base a principi di nominatività.

Ebbene, dalla lettura della clausola contrattuale, parrebbe evidente il divieto posto in capo a soggetti esercenti attività commerciale di acquistare e rivendere i biglietti.

Ma facciamo alcune riflessioni. Anzitutto, tale divieto ha valore tra le parti quale obbligo contrattuale: ciò potrebbe comportare, come unica conseguenza, un eventuale rifiuto da parte di Ticketone di accettare l’ordine dal soggetto autore della violazione. In secondo luogo, è estremamente difficile provare che il soggetto autore della violazione abbia agito nell’ambito dello svolgimento professionale di un’attività commerciale.

Fatte queste precisazioni, dunque, emerge chiaramente che, dal punto di vista contrattuale, non ci sono particolari conseguenze per gli autori delle violazioni, considerato anche che il divieto può essere agevolmente aggirato mediante la registrazione dell’utente al sito con un diverso nominativo.

Cosa prevedono la legge e la giurisprudenza

Abbiamo visto nel paragrafo precedente che non esistono particolari rimedi contrattuali per la violazione del divieto di rivendita di biglietti a titolo oneroso per chi agisce come “bagarino”. Ma la legge, invece, cosa prevede?

Ebbene in Italia, a oggi non c’è alcuna norma che sanzioni la pratica del “secondary ticket”, ma solo una importante (ed unica, per ora) sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 2008.

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Il caso traeva origine dall’applicazione della sanzione nei confronti di un soggetto per “la violazione del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 115, (Tulps) per attività di vendita di biglietti di ingresso ad una manifestazione, costituendo tale attività un’operazione riconducibile all’apertura di un’agenzia d’affari in assenza della prescritta licenza”.

I giudici del Palazzaccio, ribaltando le sentenze di merito, hanno stabilito che “chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie attività di intermediazione, neppure atipica, almeno finché non viene dimostrata la provenienza illecita del bene”.

Da ciò deriva che, ai fini della sanzionabilità della condotta, sarebbe quantomeno necessario dimostrare (dovendo sempre fornirne le prove) che i titoli di ingresso sono stati acquistati con l’impiego di software tickets bot o che sono stati falsificati. Ad ogni buon conto, preme ricordare che la condotta verrebbe sanzionata solo ai fini dell’esercizio dell’attività di vendita di biglietti senza la necessaria licenza e non come attività di per sé illecita, mancando, come detto sopra, una norma ad hoc nel nostro ordinamento.

Conclusioni

È evidente come non ci siano ad oggi strumenti idonei a contrastare il fenomeno del bagarinaggio 2.0, sebbene negli ultimi giorni si stiano notando alcuni cambiamenti. Infatti, da un lato il Codacons ha presentato presso la procura della Repubblica di Milano un esposto “affinché vengano appurate eventuali ipotesi di reato e vengano duramente sanzionati tali soprusi”, dall’altro, l’associazione Altroconsumo ha effettuato una segnalazione all’Antitrust per pratica commerciale scorretta.

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Prese di posizione in tal senso ci sono state anche da parte della Siae, la quale ha presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale Civile “per tutelare sia i diritti dei propri associati che i consumatori (soprattutto i più giovani), che si ritrovano a pagare anche fino a 10 volte in più i ticket di ingresso sul mercato parallelo”.

Non ci resta, quindi, che attendere il responso degli organi interpellati, sperando che, nel frattempo, il legislatore si prenda carico del problema, per evitare che a rimetterci sia sempre il consumatore.

Nota: una versione più lunga e dettagliata di questo articolo, con numerosi riferimenti al codice vigente, e consultabile presso il sito Diritto dell’Informatica.

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