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Amicopolis, la truffa sul social network made in Italy. Un suicidio per la frode

Ago 7, 2019

l’inchiesta

L’inchiesta della Guardia di finanza di Caltanissetta ha svelato una maxi frode ideata dai vertici societari del social network italiano Amicopolis. Sono 19 i truffati per aver comprato prodotti finanziari. Dietro la truffa ci sarebbe lo schema Ponzi, che avrebbe permesso agli amministratori di intascare illecitamente le somme. Il caso dell’iscritto suicida per aver perso 50mila euro

di Ivan Cimmarusti

7 agosto 2019


Truffe online con social network, tre denunciati

3′ di lettura

Sulla carta Amicopolis doveva essere il primo social network tutto italiano «eticamente corretto». Nei fatti si è rivelata una specie di «catena di Sant’Antonio» che portava gli iscritti a comprare e a rivendere spazi pubblicitari, in realtà inesistenti, ad altri iscritti. Un meccanismo che a pioggia avrebbe truffato tutti gli associati al portale, consentendo agli indagati – Fulvio Amico, Stefania Anna Cupello e Antonina Maria De Vita – di riscuotere «elevatissimi guadagni da tale sistema», finendo per «appropriarsi di parte dei profitti».

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Vendita fittizia di spazi pubblicitari

Sono le conclusioni delle indagini della Procura della Repubblica di Caltanissetta, che ha svelato il ramificato «sistema» basato sulla più classica delle truffe: lo schema Ponzi. L’inchiesta è stata condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Caltanissetta, che ieri ha eseguito perquisizioni e sequestri di siti web conti correnti riconducibili alla società Amicopolis. Il social – online dal febbraio del 2017 e molto noto a livello nazionale – consentiva di acquistare pacchetti d’investimento non autorizzati e con rendimenti fuori da ogni logica di mercato, oltre a vendere e comprare beni attraverso la propria piattaforma informatica sfruttando la buona fede degli esercenti commerciali accreditati. Lo stesso social prometteva grossi guadagni per gli utenti registrati, da realizzare sia attraverso la condivisione di immagini e video, sia attraverso la sola partecipazione attiva al social stesso (post, commenti e like). Le indagini hanno permesso di definire la posizione di 19 truffati (residenti nelle province di Caltanissetta, Trapani, Reggio Calabria, Lucca e Asti) che risultano aver investito un importo complessivo di € 528mila euro, senza ottenere la restituzione del capitale, oltre alla remunerazione promessa.

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Lo schema Ponzi: l’analisi della Banca d’Italia

Le verifiche della Guardia di finanza hanno trovato riscontro anche dalle valutazioni della Banca d’Italia, che su Amicopolis ha messo a punto una relazione. «La società effettua dei pagamenti a soggetti che risultano iscritti al social network e riceve, a sua volta, dei pagamenti dagli stessi soggetti. I suddetti pagamenti transitano direttamente dal conto corrente intestato ad Amicopolis Limited o da carte intestate al titolare effettivo della stessa, Fulvio Amico». I tecnici di Palazzo Koch hanno aggiunto che «tale meccanismo risulta fondato, da un lato, sulla previsione di diverse forme di remunerazione in favore degli iscritti, e dall’altro, sulla raccolta di denaro presso i medesimi, attraverso la vendita dei “polis” (spazi pubblicitari, ndr). Il sistema delineato appare suscettibile di configurare uno schema piramidale, caratterizzato dalla circostanza che le remunerazioni promesse ai partecipanti non traggono la loro origine da profitti reali, ma sono alimentate dall’adesione di altri soggetti, attratti, a loro volta, da tali remunerazioni, con la possibile creazione e propagazione di un effetto a catena».

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