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Arte, così l’Italia vuole riprendersi i suoi capolavori “prigioni di guerra”

Nov 26, 2016

BOLOGNA – Un’indagine partita da Bologna riaccende la speranza di recuperare otto capolavori “prigionieri di guerra”. Dipinti di artisti come Tiziano, Tintoretto e Carpaccio, mai restituiti all’Italia dopo il secondo conflitto mondiale. Facevano parte di collezioni fiorentine e furono al centro di compravendite milionarie mediate da mercanti, in nome e per conto del Maresciallo del Reich Hermann Goering. Ora sono conservati al museo nazionale di Belgrado, dove sono finiti dopo la Guerra, grazie ad un controverso antiquario jugoslavo e all’inerzia della diplomazia post bellica. Di queste opere, secondo quanto apprende l’Ansa, la procura di Bologna, che coordina i Carabinieri del nucleo Tutela patrimoni, ha ottenuto il sequestro: l’ipotesi è ricettazione, basata sul fatto che nel 2004 i dipinti sottratti illecitamente furono “ospiti” di una mostra in città. Prima dell’estate il procuratore aggiunto Valter Giovannini e il Pm Roberto Ceroni sono stati al ministero degli Esteri, per seguire da vicino la rogatoria.

I carabinieri dei comandi di Bologna e Firenze ne hanno ricostruito le peripezie, setacciando web, archivi e report dei servizi segreti americani. Nelle carte ci sono ad esempio i passaggi di proprietà del “Ritratto della regina Christina di Danimarca” di Tiziano e della “Madonna con bambino e donatore” di Tintoretto, dalla collezione Contini Bonacossi di Firenze a Walter Andreas Hofer, intermediario di Goering, rispettivamente per 1,3 e 1,5 milioni di lire dell’epoca. Insieme a tanti altri beni artistici, gli otto quadri dopo la guerra finirono al “collecting point” di Monaco, gestito dagli Alleati, che doveva curarne la restituzione. Ma è qui, e questo è documentato anche dalle ricerche di Kostantin Akinsha per ArtNews, che entrarono in gioco due personaggi.

“Mimara” Topic, antiquario giramondo e falsario d’arte, per alcuni amico intimo e “pittore di corte” di Goering. E una donna, Wiltrud Mersmann che anni dopo divenne la moglie di Topic, ma che nel 1949 lavorava al punto di raccolta. I due riuscirono ad aggirare la volontà di chi voleva restituire queste e altre opere ai Paesi di origine, facendole in sostanza figurare come rivendicate dalla Jugoslavia. Quello che avvenne negli anni successivi non è del tutto chiarito, ma attorno alla metà degli anni ’50 furono conferite al museo di Belgrado, a cui Topic probabilmente riuscì a venderle. Sembra che l’Italia all’epoca non fosse all’oscuro del destino dei dipinti, ma il delicato contesto del dopoguerra e l’esigenza di salvaguardare preminenti interessi diplomatici potrebbe averne ostacolato l’azione. Se non che, tra il 2004 e il 2005, le opere per un breve periodo sono “tornate a casa”, quando i “capolavori del museo di Belgrado” furono

esposti in mostre prima a Bologna e poi a Bari. I carabinieri lo hanno segnalato alla Procura di Bologna, chiedendo di valutare eventuali responsabilità dei direttori del museo serbo e dei curatori della mostra, che non fecero verifiche sulla provenienza e l’appartenenza dei beni, nonostante fossero conosciuti e ‘ricercatì, e poi li restituirono alla Serbia. Ora con l’inchiesta, se la rogatoria internazionale avrà buon esito, l’esilio potrebbe concludersi.

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