Tutto parte da quella che nel 1500 si chiamava Opera Pia dei Poveri vergognosi, la sede dell’Asp in via Marsala. «In questa sala – spiega Samantha – erano seduti dei bolognesi benestanti. Al centro c’era un loro concittadino che per qualche motivo aveva perso tutto e si trovava lì a chiedere se il giorno dopo avrebbe potuto girare a testa alta o chiedere la carità».
Dalla finestrella di via Piella Giuseppe racconta delle lavandaie che lavavano i panni con la cenere. Della Montagnola parla Biagio, che in una delle sue tante vite faceva il tappetaro. «Qui chiunque poteva stendere la mercanzia. Argilla, seta, cotone: lo chiamavano il mercatino dei Tigli».
In stazione, quel 2 agosto 1980, c’era anche lui. «Arrivai alle 10,40, vidi gente bruciata, persone nere, carbonizzate. Mi dissero che il treno della mia ragazza si era fermato a Parma e mi misi a correre in auto come un pazzo per cercarla: facevo tutte le stazioni, sperando di incontrarla. A un certo punto la vidi su un taxi, insieme ad altri. Stava tornando a Bologna». Sul primo binario Giuseppe legge la preghiera di Papa Giovanni PaoloII: «La stazione dopo la strage avrebbe dovuto essere un luogo di memoria e di preghiera – dice -, invece in quella sala d’attesa c’è ancora, purtroppo, tanta sofferenza» .
Samantha davanti all’Arena del Sole indica un sacco a pelo: «Se incontrate il proprietario offritegli un caffè. Nelle strade non ci sono solo vetrine. E probabilmente chi ci dorme non ha sbagliato da solo».