Arrivo’ dalla Cina via Okinawa nel 1705. L’anno esatto e’ ricordato da un grande cartello nel porticciolo di Yamagawa, dove un certo Riemon Maeda porto’ i primi esemplari di patata dolce, destinata a diventare uno dei principali prodotti agricoli della zona di Ibusuki, la parte meridionale della più meridionale delle province del Kyushu, Kagoshima.
Curiosamente, sotto il cartello che glorifica lo sbarco della patata c’e’ un piccolo cippo bianco più modesto, che segnala l’arrivo nel 1549 di un altro prodotto di importazione: il cristianesimo (li’ mise piede per la prima volta in Giappone San Francesco Saverio). La regione e’ dominata da un vulcano, il Kaimondake, che somiglia un po’ al monte Fuji. Il terreno vulcanico non e’ adatto alla coltivazione del riso ma e’ perfetto per la patata, che ha consentito a Ibusuki di diventare il grande produttore di una bevanda nazionale giapponese: il shochu, chiamato “Satsuma Shochu” (dall’antico nome di Kagoshima), fresco di riconoscimento di Indicazione geografica. E’ un liquore distillato che ha come materia prima fondamentale non il riso, ma appunto la patata dolce, anche se naturalmente non manca mai il riso tra gli ingredienti, che possono estendersi a orzo, grano e zucchero di canna.
Le patate appena raccolte vengono portate alla distilleria Ibusuki Shuzo, dove gli operai – lavorando a una temperatura ambiente di 38 gradi – producono mezzo milione di bottiglie di shochu l’anno.
Il shochu ha un processo di produzione diverso da quello del sake’ e ha una gradazione alcolica più alta, da 25 a 37 gradi. E’ un liquore distillato mentre il sake’ e considerato in liquore fermentato. Passando per varie fasi, si arriva al prodotto grezzo, detto genshu, che viene messo a invecchiare per circa 4 mesi prima di esser imbottigliato. In anni recenti sono iniziate le esportazioni in Asia e negli Stati Uniti. “La nostra prossima tappa e’ l’Europa”, dice Hiroyuki Kamikawatoko, managing director e responsabile della produzione nel principale impianto della Ibusuki Shuzo, che si trova accanto alla stazioncina ferroviaria di Nishi Oyama (“La più meridionale del Giappone”, recita un cartello).
La maggior parte delle bottiglie ha sull’etichetta il nome Riemon, proprio quello del pioniere del settore: dal prodotto standard alla varietà “Nera” e “Rossa”. Tra le più pregiate, le varianti “Satsuma Han” e “Reigetsu”. Il migliore Satsuma Shochu ha una etichetta viola e non compare neanche in catalogo: produzione limitatissima.