• 22 Gennaio 2025 14:10

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La madre di Giulio Regeni in aula: “Sul suo corpo vidi la brutalità e la bestialità”

Gen 21, 2025

AGI – “Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso: ho visto la brutalità, la bestialità, sul corpo di nostro figlio. Era coperto da un telo e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse ‘suo figlio è un martire’. Lì capii che era stato torturato”. Così Paola Deffendi, mamma di Giulio Regeni, ascoltata, come testimone, nell’aula bunker di Rebibbia, davanti alla Prima corte di Assise, nel processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano. Imputati sono quattro 007 egiziani.

 

“L’ultima volta che abbiamo visto Giulio è stato il 24 gennaio 2016 via Skype. Il 27 ci è arrivata la notizia della sua scomparsa. Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita. A casa mi disse che Giulio era scomparso. Quando sentii la console chiesi perché non ci avessero avvisato prima”, aggiunge la mamma di Regeni.

 

“Giulio era già stato in Egitto nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi, quando ci tornò nel 2015 ci disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato in quanto ricercatore straniero. Non espresse mai alcun timore. Il 15 gennaio era il suo compleanno e gli mandai gli auguri e lo sentii felice e rilassato”, dice la donna rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco. La madre di Regeni ricorda poi i giorni della scomparsa del figlio, fino a quando è stata appresa la notizia della sua morte.

 

“Ci chiamo'” l’allora ambasciatore e “ci disse ‘stiamo arrivando io e la ministra Guidi’. Ci sembrò strano. L’ambasciatore ci disse ‘non porto buone notizie’. Quando sono arrivati a casa di Giulio ci hanno abbracciato, facendoci le condoglianze e ci dissero ‘avete 5 minuti, la notizia è stata diffusa'”. La madre di Giulio, infine, racconta che nel corso delle passate udienze del processo a Roma, un giorno ha incontrato l’ambasciatore egiziano in aeroporto. “Non l’ho mai detto prima – afferma -. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapeva che c’era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì”. 

 

 

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