• 20 Settembre 2024 13:54

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A rischio le fabbriche di Volkswagen e Audi, la Germania fa i conti con la crisi

Set 3, 2024

AGI – Volkswagen non ha escluso la possibilità di chiudere uno dei suoi stabilimenti in Germania per ridurre i costi. La casa automobilistica ha bisogno di tagliare dieci miliardi di euro di spese entro il 2026. Sarebbe la prima chiusura di un sito produttivo nei quasi novanta anni di storia dell’azienda. Oggi i sindacati belgi hanno lanciato l’allarme sull’ipotesi di stop per la fabbrica dell’Audi – stesso Gruppo – a Bruxelles. Una fotografia a tinte fosche della stagnazione che ha inghiottito la ‘locomotiva’ industriale dell’Europa, che più di altri Paesi Ue paga i contraccolpi del conflitto in corso in Ucraina e la riduzione degli scambi commerciali con la Russia, a partire dal settore energetico.

 

Già lo scorso anno l’Economist si era domandato se la Germania non rischiasse di essere il nuovo “malato d’Europa”. I dati sembrano confermare la previsione. La recessione del settore manifatturiero tedesco si è aggravata ad agosto: l’indice Hcob Pmi è sceso a 42,4 punti dai 43,2 di luglio, lievemente sopra i 42,1 attesi dal mercato. Si tratta del dato più basso da marzo scorso. Il mercato dell’auto vive una stagione di grande sofferenza ovunque, con le incognite e le opportunità legate alla transizione alle vetture elettriche, comparto in cui i produttori di Cina e Giappone sono nettamente avanti. Negli Usa c’è l’avanguardia della Tesla. L’Europa fatica.

 

A luglio Acea ha registrato un modesto aumento (+0,2%) delle immatricolazioni in Ue con risultati contrastanti proprio nei quattro principali mercati della regione: Italia (+4,7%) e Spagna (+3,4%) hanno registrato guadagni moderati, mentre i mercati francese (-2,3%) e tedesco (-2,1%) hanno registrato cali. La Volkswagen, letteralmente ‘macchina del popolo’, nata nel 1937 per impulso della dittatura nazista, con l’intento di rendere le vetture uno strumento di massa non più solo riservato agli spostamenti delle èlite, sembra per ora non riuscire a tenere il passo di questa sfida. Sono lontani i tempi in cui la Typ 1, in Italia conosciuta come Maggiolino, per molti anni è rimasta stabilmente in testa alla classifica dei modelli più venduti al mondo con 21,5 milioni di esemplari.

 

Ma la crisi di Volkswagen è lo specchio di un intero Paese. Non è solamente un automobile: è un pezzo dell’immaginario collettivo di una nazione. Il Maggiolone, icona tedesca ma anche simbolo planetario della mobilità a basso costo, il van bicolore che può essere facilmente camperizzato, compagno di viaggio della libertà di movimento di generazioni di tedeschi in vacanza per l’Europa. Volkswagen è anche la ragione di essere di una città, Wolfsburg, in Bassa Sassonia, nata e cresciuta per ospitare la fabbrica principale del gruppo e le abitazioni degli operai.

 

L’auto elettrica pero’ per ora non parla tedesco. E divide la politica teutonica. I liberaldemocratici della Fdp hanno criticato la troppa attenzione di Volkswagen nei confronti della mobilità elettrica. “La decisione di concentrarsi interamente sulla mobilità elettrica in Europa è stata un grave errore. L’ipotesi che la mobilità elettrica si sarebbe affermata nel giro di pochi anni non si è avverata”, ha affermato il portavoce della politica economica del gruppo parlamentare Fdp, Reinhard Houben.

 

Mentre il leader della Cdu Friederich Merz ha argomentato: “Potrebbe darsi che Vw abbia commesso un errore assumendosi un impegno unilaterale a favore delle auto elettriche. Tuttavia, gran parte dell’industria tedesca non è più competitiva”. Volkswagen ora si dice costretta a porre fine al programma di sicurezza del lavoro in vigore dal 1994, spiegando che tutte le misure saranno comunque discusse con i rappresentanti dei lavoratori.

 

Mercoledì la dirigenza della Volkswagen, secondo la Cnbc, potrebbe esporre i propri piani ai 18.000 lavoratori durante un’assemblea cittadina a Wolfsburg. Nessun progetto automobilistico o volume di produzione è invece in programma per i prossimi anni per la fabbrica dell’Audi a Bruxelles, denunciano i sindacati belgi. Potrebbero essere proposti “progetti alternativi” che dovranno essere chiariti nel corso del prossimo consiglio aziendale straordinario in programma il 17 settembre. 

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