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Guerra commerciale e rivoluzioni di poltrone, i mercati temono la mina Trump

Mar 14, 2018

MILANO – Le preoccupazioni circa la tensione interna alla Casa Bianca, dopo la cacciata del Segretario di Stato Rex Tillerson, preoccupano gli investitori. I listini europei aprono deboli, Tokyo ha chiuso in calo e il dollaro si è leggermente indebolito. Secondo alcuni osservatori ci sono due ordini di problemi che potrebbero impattare sui mercati: da una parte, attorno al presidente Donald Trump si potrebbe coalizzare un gruppo ancor più duro sulle tematiche commerciali. Il successore di Tillerson, Mike Pompeo, in passato ha detto chiaramente della sua volontà di replicare alla minaccia cinese e le sue parole tornano attuali mentre si studiano nuovi dazi contro una vasta gamma di prodotti d’importazione dall’Asia per rispondere ai “furti della proprietà intellettuale”. Il secondo problema, riassunto a Bloomberg da Terry Haines di Evercore ISI, è che Trump e l’intera amministrazione “dovranno lavorare per rassicurare i mercati” che rischiano di stancarsi di questi continui cambiamenti nella cabina di regia della prima economia al mondo.

Milano cede lo 0,14% in avvio, Londra arretra dello 0,1%. A Piazza Affari si guarda a Snam dopo la presentazione del piano che migliora gli obiettivi al 2021. In giornata i cda di Atlantia e Hochtief (la controllata tedesca di Acs) formalizzeranno l’accordo per l’acqusizione congiunta della spagnola Abertis.

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi apre stabile poco sotto 140 punti base e il rendimento del decennale italiano si mantiene intorno al 2%. L’euro apre stabile, dopo essere salito sopra quota 1,24 dollari. La moneta europea passa di mano a 1,2392, dopo aver toccato 1,2414 dollari. Euro/yen giu’ a 131,99 e dollaro/yen a 106,51. Gli acquisti sulla divisa nipponica dimostrano la natura difensiva delle mosse degli investitori. Intanto il governatore Mario Draghi, in un intervento a Francoforte, tranquillizza i mercati: “Siamo fiduciosi che l’inflazione procede verso il verso giusto”, sostiene, “ma restano ancora rischi. Per questo la politica monetaria deve essere ancora paziente, persistente e prudente”, assicura. Proprio l’inflazione deve essere in traiettoria per arrivare vicino al 2% prima di “chiudere il Qe”. Questa deve essere “una condizione chiara” e al momento ancora non si vede.

Dal fronte macro si registra la conferma del tasso di inflazione in Germania all’1,4% annuale a febbraio, contro l’1,6% di gennaio: a fare da freno sono i prezzi dell’energia, cresciuti solo dello 0,1% contro il +0,9% di gennaio. Per l’Italia, l’Istat comunica l’andamento del commercio al dettaglio mentre a livello aggregato di Eurozona si guarda a occupazione e produzione industriale.

Chiusura in ribasso, come detto, stamattina per la Borsa di Tokyo che ha risentito dei timori su dazi e instabilità alla Casa Bianca: l’indice Nikkei ha lasciato sul terreno lo 0,87%, a quota 21.777,29, cedendo 190 punti. In calo anche il più ampio indice Topix che, a fine seduta si è attestato a 1.743,21 punti in calo dello 0,5% rispetto al riferimento precedente. Gli ordini di macchinari giapponesi a gennaio sono balzati dell’8,2%. Anche i listini cinesi hanno chiuso in rosso con Shanghai a -0,5% e Shenzhen a -0,9%. La produzione industriale cinese è salita del 7,2% annuo nei primi due mesi del 2018 e nello stesso periodo le vendite al dettaglio sono cresciute del 9,7%. Chiusura negativa ieri sera per Wall Street, con il Dow Jones che cede lo -0,68% a 25.007,03 punti, il Nasdaq a -1,02% e 7.511,01 punti, lo S&P 500 che perde lo 0,64% a 2.765,31 punti.

Il prezzo del petrolio apre debole: i mercati si aspettano un aumento della produzione Usa di shale oil. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cede di 4 cent a 60,67 dollari e quelli sul Brent arretrano di 14 cent a 64,50 dollari al barile. L’oro è stabile sui mercati asiatici a 1.325,24 dollari cedendo appena lo 0,09%.

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