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Violenza sulle donne, l’appello di Carla: “Non fate come me, denunciate subito”

Ott 18, 2016

Alla vigilia dell’udienza, aveva inviato un sms al suo avvocato: “In bocca al lupo per noi”. Accanto, l’emoticon del pollice alzato. Il penalista le ha risposto poco dopo: “Avanti. Con la certezza di essere nel giusto”. Fino all’ultimo, Carla Ilenia Caiazzo aveva sperato di poter essere in tribunale per guardare negli occhi Paolo Pietropaolo, il suo ex, l’uomo che il primo febbraio scorso, a Pozzuoli, le ha distrutto la vita, dandole fuoco nonostante avesse in grembo la loro bambina.

Ma alla fine, Carla ha dovuto prendere atto che, almeno per il momento, le condizioni di salute suggeriscono cautela. Martedì ha subito il ventunesimo intervento e solo da pochi giorni riesce, sia pure a fatica, a prendere in braccio la piccola Giulia, nata otto mesi fa, subito dopo la tragica aggressione subita dalla madre. L’appuntamento però è solo rinviato. Perché Carla non si arrende.

“Voglio essere in aula. Lo devo a me, a mia figlia e a tutte le donne che hanno subito quello che sto subendo io”, ha ripetuto parlando con l’avvocato Maurizio Zuccaro, che si è costituito parte civile nel processo con rito abbreviato iniziato ieri davanti al giudice di Napoli Egle Pilla. Attraverso il legale, Carla lancia un appello alle donne: “Se subite violenza, denunciate subito. Non abbiate paura, non sottovalutate i segnali come purtroppo ho fatto io. Altrimenti potrebbe essere troppo tardi”.

In quesi mesi è entrata in contatto con altre vittime di stalking e abusi, ha conosciuto Lucia Annibali, l’avvocata sfigurata con l’acido. E ha sofferto per Vania Vannucchi, la 46enne operatrice socio sanitaria di Pisa bruciata viva a Lucca e morta dopo due giorni di agonia. “Voglio combattere anche per lei”, ribadisce. I pm Clelia Mancuso e Raffaello Falcone, che hanno condotto le indagini e rappresentano la Procura in giudizio, hanno chiesto per Pietropaolo la condanna a 15 anni di reclusione. “Guardiamo le foto, poi parliamo di quel che è successo “, ha sottolineato la pm Clelia Mancuso prendendo la parola nell’aula 412 del tribunale. Nelle immagini, si vede una donna bellissima che non potrà più essere come prima. “Fu un gesto premeditato, Carla era già stata attirata in trappola una volta. In quel caso la salvò l’istinto”.

Quando l’avvocato Zuccaro le comunica la notizia della richiesta di condanna, Carla commenta: “Sono i magistrati che devono decidere. Io chiedo solo giustizia. Desidero che chi mi ha rovinato la vita abbia la giusta punizione. Mi fa piacere però che il processo sia già a buon punto”. L’imputato è difeso dall’avvocato Gennaro Razzino, che ha depositato agli atti la consulenza nella quale si ipotizza una “scemata capacità di intendere e di volere” di Pietropaolo al momento del fatto. Nella fase delle indagini, l’uomo ha sostenuto di aver agito sulla spinta “di un raptus causato, ritengo, dall’abuso di un tranquillante che avevo preso. Non volevo uccidere Carla, ma la volevo solo sfregiare”. Il giudice Egle Pilla non ha nominato un proprio consulente ma deciderà sulla base delle argomentazioni degli esperti scelti dalle parti.

Oggi la vita di Carla Ilenia Caiazzo è scandita dai ritmi delle terapie imposte dalle piaghe provocate dalle ustioni. Di tanto in tanto le tornano alla mente quegli attimi terribili e, soprattutto, la “risata perfida” di Pietropaolo subito dopo l’aggressione: “Diceva: ti devo infelicitare la vita. Poi dopo, quando se n’è andato a marcia indietro, che io ho ripreso conoscenza,

si è fatto una risata”, ha messo a verbale il 31 marzo scorso, quando è riuscita per la prima volta a rispondere alle domande dei magistrati. L’unico antidoto al dolore sono gli occhi di Giulia. “Mia figlia è la mia ragione di vita. L’ho voluta fortemente. Quando mi guarda, sento che ci amiamo e che lei, forse, comincia a capire “. Intanto la bambina dorme tranquilla. Dopo tanta sofferenza, il suo respiro è come un soffio di speranza.

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